Come possiamo parlare del popolo di Dio in maniera inclusiva?
Riflessioni della pastora luterana Emmy Kegler pubblicate su Queer Grace – Encyclopedia per Cristiani LGBTQ (USA), liberamente tradotte da Silvia Lanzi
Il linguaggio inclusivo è l’uso intenzionale di parole e frasi che includono, appunto, tutti colopro che fanno parte (del popolo di Dio). Le preghiere della Chiesa cristiana sono state spesso patriarcali e hanno usato termini maschili per tutti. Usare il linguaggio patriarcale – come “uomini” riferito a tutte le persone, o “fratellanza” per significare l’amore tra tutti – non esclude solo le donne, ma ignora anche le esperienze dei cristiani intersessuali, genderqueer e transgender.
Molte Chiese cercano di usare un linguaggio alternativo che bilanci i riferimenti al genere e/o elimini i termini specifici di un genere. Il linguaggio inclusivo non si limita solo alle problematiche di genere. Molti fedeli cristiani non si sentono a proprio agio con le espressioni “tradizionali” di fede che dipingono Dio come un guerriero, o si focalizzano sul suo totale predominio del creato – e anche sulla sua oppressione (A volte questo tipo di linguaggio viene definito kyriarchal, vale a dire “costruito su dominazione, oppressione e sottomissione”). Altre Chiese scelgono di cambiare un linguaggio insensibile nei confronti di chi ha disabilità fisiche. Ci possono essere anche implicazioni raziali laddove “scuro” e “oscurità” (contrapposti a “luce”) possono assumere il significato di negativo, brutto o malvagio.
Cambiare il liguaggio “tradizionale” non è una novità per la Chiesa cristiana. Con il passare dei decenni la lingua continua a cambia e spesso parole che significavano molto per i nostri predecessori nella fede, per noi sono senza senso.
Dean McIntyre scrive nel suo articolo “Making Hymns Inclusive“ che: Come potrebbero reagire i ciechi, i sordi, le persone sulla sedia a rotelle alla quinta stanza di “O For a Thousand Tongues to Sing” (un inno della Chiesa metodista): “I sordi ascolteranno la sua lode, la lingua del muto si scioglierà, i ciechi vedranno l’avvento del Salvatore e gli zoppi salteranno per la gioia” – quando il fedele non sente il sermone, non può cantare gli inni, è incapace di vedere le parole della Scrittura sulla pagina, o è inchiodato ad una sedia a rotelle, quale sarà l’effetto di queste parole?
Potrebbe sentirsi come un cristiano di serie B, una persona inferiore a chi gli sta intorno e può fare tutte quelle cose. Perché farlo allora? La risposta è l’inclusione, l’invito, la vicinanza, l’amore invece che l’opposto.
Quando si prega, com’è il linguaggio inclusivo del popolo di Dio?
Le Scritture: nella cultura in cui è stata scritta la Bibbia, era normale usare la parola “uomini” per riferirsi a tutte le persone. Alcune traduzioni scelgono di riflettere il linguaggio originale mantenendo il maschile, mentre altre tentano di accorciare le distanze tra il linguaggio antico e quello attuale, bilanciando i riferimenti al genere e/o eliminando i termini specifici di un genere.
Esempi: si potrebbero tradurre le lettere di Paolo indirizzata ai “fratelli” come “fratelli e sorelle” (1 Corinti 1:10 nelle traduzioni inglesi New International Version, New Revised Standard Version, New Living Translation, Contemporary English Bible si rende, invece di “brothers”, “fratelli“, con “brothers and sisters”, “fratelli e sorelle” – appunto. Altri traducono con “amici”). Di più alcuni cristiani traducono “fratelli” come “amati” o “popolo di Dio” (in inglese, rispettivamente “beloved”, “children of God” termini non-binari).
Inni: molti inni (cristiani) tradizionali sono stati scritti in un periodo in cui era comune il linguaggio patriarcale. Molti autori, religiosi e congregazioni hanno scelto di cambiare il linguaggio “tradizionale” maschile con uno più inclusivo, per celebrare la diversità del popolo di Dio. Altre Chiese danno la priorità a inni più contemporanei e a canti che non usano un linguaggio binario o di esclusione di genere.
Esempi: “Alzatevi, o uomini di Dio!” diventa “Alzati, o Chiesa di Dio!”
“Spazza via il nero dubbio” diventa “Spazza via l’oscurità del dubbio”
“Felice l’uomo che dimora con l’uomo” diventa “Felice l’uomo che dimora con noi”
Liturgia, preghiere e predicazioni: liturgia, preghiere e predicazioni spesso sono formate o piene di un linguaggio maschile come linguaggio universale.
Esempi: Si può sostituire “uomo”, riferito a tutte le persone con “umanità” o “popolo di Dio”.
“Fratelli” può diventare “fratelli e sorelle” o, al di là del genere binario “famiglia amata”.
Testo originale: How do we talk about the people of God?