Com’è vivere da cattolico omosessuale in Croazia?
Testimonianza di Whiteraven, un gay croato
Com’è vivere da cattolico omosessuale in Croazia? E’ una cosa talmente complessa da descrivere che ci vorrebbero tante pagine per poterla raccontare, per farla comprendere a coloro che non vivono questa realtà. Il problema in sostanza è riuscire a raccontarlo a chi mi legge, affinché possa immedesimarsi nella mia vita.
Sono nato (in Croazia) ai tempi dell’ex Jugoslavia, quando il clero cattolico era quello che aveva conosciuto, come tutti, la povertà e la durezza della seconda guerra mondiale, ed era un clero umile.
Ho vissuto la mia adolescenza negli anni 90, quando la Croazia è diventata uno stato nazionale nel quale il cattolicesimo era una parte fondante dell’identità nazionale, mi ritrovai così a essere cattolico in una Chiesa che non ebbe la capacità di avere un ricambio generazionale e di seguire i cambiamenti della società, ma che durante gli anni della guerra iugoslava diventò, e lo è tuttora, una delle Chiese cattoliche più tradizionaliste del centro Europa.
Una Chiesa che contribuì a far cadere il comunismo e che per questo tutto le venne permesso, perciò cominciò a vivere come un parassita sulla propria gente, in totale distacco dalla realtà di miseria economica generata in Croazia da un capitalismo selvaggio e semimafioso di matrice balcanica che, la povera gente, sentiva e sente duramente ogni giorno sulla propria pelle.
La chiesa cattolica croata, pur nel bel mezzo dell’Europa, ha caratteristiche simili alle chiese del terzo mondo, dove molto spesso i preti che vengono da regioni poverissime scelgono la vita consacrata solo per avere un salario dallo Stato, una macchina, una parrocchia e un/una amante, ed anche una famiglia di nascosto.
A volte vengono spostati di parrocchia in parrocchia perché pedofili ed il loro arcivescovo (come presidente della Conferenza episcopale), si permette di dire di fronte alle telecamere che lui non ha l’obbligo di denunciarli alla magistratura perché le leggi dello Stato non valgono per il clero, mentre magistrati corrotti non intervengono perché appartenenti alla frangia di estrema destra al potere.
Come essere gay e cattolico in una Croazia del genere, dove i preti invitano apertamente il popolo a raccogliere le firme per modificare la costituzione per bloccare il diritto al matrimonio gay? Come si può essere cattolico quando la persona che ha lanciato questa iniziativa, che appartiene all’Opus Dei, insieme ai rappresentanti dell’estrema destra e a numerosi preti e vescovi propone al governo di reintrodurre, nei protocolli militari, il saluto croato degli Ustascia nazisti della Seconda guerra mondiale?
Come si può essere cattolico in uno Stato di meno di 4 milioni di persone dove, in internet e sui giornali, è stata pubblicata una lista con centinaia di nomi e cognomi, numeri di telefono ed indirizzi di persone omosessuali, raccolta da qualcuno che si presentava come gay, ma che aveva come unico scopo quello di far uscire allo scoperto ragazzi e ragazze che, nella stragrande maggioranza dei casi, non volevano essere scoperti, mentre la polizia non faceva nulla per tutelare queste persone dai giornalisti, che si comportarono con loro in modo disgustoso?
Dall’altro canto esiste l’attivismo gay che essendo di sinistra demonizza ogni tipo di spiritualità, che non sia quella New Age o di tipo neopagano.… Ti ritrovi così ad essere una minoranza, nella minoranza.
Ad essere prigioniero di un doppio armadio (closet), prima perché sei gay e per questo si puoi perdere il tuo proprio lavoro; poi perché sei gay e cattolico, cosa che è meglio nascondere nella comunità gay, perché ritengono che tu dia supporto ad una Chiesa (omofoba), che ha tra le proprie file anche un prete neofascista che organizzò il pestaggio di uno psicologo ed attivista gay di Fiume, che quasi perse la vita, solo perché difese apertamente il primo Pride fiumano dagli insulti di quel sacerdote, che descrisse tutti partecipanti al Pride come psicopatici …
Il Pride in Croazia sono un’altra storia da raccontare, in essi ragazzi e ragazze giovani ed omosessuali marciano protetti da squadroni di polizia, mentre dall’altra parte della strada orde di neonazisti scandiscono frasi come “Ammazza, ammazza il frocio, ammazza il frocio”, come se fossero il coro di una tifoseria, mentre la polizia non fa nulla.
Come vivere tutto questo a 43 anni, quando non si è più cosi giovani? E’ difficile, ma si deve vivere e si deve combattere le difficoltà che la vita ti mette davanti ovunque tu sia, qualunque lingua parli… Si deve, quando si crede nella vita come un’opportunità.