Coming out. Le lesbiche Armene alzano il sipario
Quando Shushan rivelò per la prima volta ai suoi genitori di essere lesbica, sentì all’improvviso di non fare più parte della famiglia.
La distruzione del muro della doppia vita condotta all’interno della famiglia significò anche la distruzione di quella percezione d’intimità che rientra nell’idea tradizionale della famiglia, e la costruzione di un altro muro che la allontanava dai genitori.
Un anno dopo dichiarò di essere omosessuale per tutta Yerevan, quando, in compagnia di otto artiste omosessuali amiche, inaugurò la mostra “Verso di te per non essere con te” – video arte, installazioni, scultura e pittura, reading – presso l’organizzazione non governativa “Utopiana”, al 34 di via Zaroubyan.
I membri del gruppo sono diventati le prime cittadine armene (2 sono armene della diaspora) a rivelare pubblicamente la propria omosessualità.Le dichiarazioni rilasciate durante l’esibizione del 3 agosto, “scandalose” in un modo privo di precedenti per la società di Yerevan, erano affisse ai muri degli edifici nelle strade della città. “Siete invitati ad una mostra collettiva delle opere di in(usuali) donne omosessuali, ‘Verso di te per non essere con te’. Il titolo della mostra proviene dall’insulto di cui fa esperienza un omosessuale quando confessa il proprio orientamento ai genitori, venendo da loro estraniato. Sono tutte unite dall’essere donne omosessuali di origine armena.
Shushan, che è l’unica scrittrice del gruppo, ha letto un brano tratto dal suo romanzo “Donne di Zaroubyan” (pubblicato in Inkangir, www.inkangir.org), dove donne inusuali sono alla ricerca di spazio in una società che non lascia loro nessun posto. Shushan, 32 anni, è nata a Yerevan, ma il suo orientamento sessuale l’ha spinta verso gli Stati Uniti. Ha sentito per la prima volta attrazione per una donna a 14 anni. “Ero innamorata di Silva – una donna sposata più grande di me di 10 anni. Avevo scritto “Silva” su tutti i muri della mia stanza”.
Il desiderio e l’amore provati per una compagna di classe, mentre proseguiva gli studi all’Istituto educativo Melkonian di Cipro, l’ha portata all’esaurimento. Completata a metà la sua istruzione, venne ricondotta a casa e sottoposta a cure per diversi mesi. Di nuovo a casa, provò a soffocare il suo desiderio “innaturale” intrattenendo rapporti sessuali con uomini. Chiamava la sua attrazione lesbica il suo “lato oscuro” e per soddisfarlo si decise a partire per gli Stati Uniti, dove per la prima volta ebbe una relazione con una donna.
L’ultimo passo necessario a sbarazzarsi della sua doppia vita fu confessarsi ai propri genitori – un momento che rimandò più volte, prevedendo l’alienazione che ne sarebbe derivata. Si confessò una mattina mentre si trovava in vacanza a Yerevan. Suo padre rispose che si sarebbe aspettato qualsiasi cosa da lei – persino che diventasse una tossicodipendente – tranne che lei annunciasse di essere lesbica.
Appresa la notizia, i genitori dissero che sarebbero usciti per una passeggiata. Shushan chiese con timore se avrebbe potuto accompagnarli, quasi stesse cogliendo l’occasione per chiedere: “Non mi rifiutate, vero?”. I genitori acconsentirono, ma Shushan sentì di non essere più parte della famiglia.
Dove sono altre persone che non condividono la sorte di Shushan?, la sorte di riuscire a vivere apertamente in un altro paese ma di dover sopportare il peso d’una doppia vita? La conoscenza con Lusine, un’artista dell’organizzazione di Utopiana a Yerevan, diventa l’inizio dell’unione del gruppo di donne lesbiche e della realizzazione d’un progetto comune.
Lusine, 30 anni, dice di avere riconosciuto la propria omosessualità a vent’anni e che la sua famiglia è a conoscenza del suo orientamento, ma rimane in silenzio. Il suggerimento di lasciare l’Armenia datole dalla madre è stato l’unico accenno d’intesa. La paura di uscire allo scoperto ha accompagnato le “Donne di Zaroubyan” per 6 mesi, dal giorno in cui è nata l’idea di realizzare un progetto comune. E’ come nell’installazione video di Lyusia, 26 anni, in cui una donna parla sussurrando, così che nulla risulta comprensibile, ma, di tanto in tanto, osa pronunciare a voce alta alcune parole “per far male”.
Astghik, 30 anni, ha tracciato lo stencil e sul pavimento sono apparse, fatte di farina, due donne nell’atto di fare l’amore. La mostra le ha dato l’opportunità di visualizzare ciò che ha tenuto nascosto per tutta la vita. Sua madre non è a conoscenza del suo orientamento. Si è confidata solamente alla sorella, che ha reagito con disgusto. Il passo è fatto, ma Astghik ha paura: sì, si è rivelata, ma non vorrebbe che sua madre lo venisse a sapere: “Ho paura prima di tutto che mia madre possa venirne a conoscenza. La città è piccola e ci saranno molti discorsi spiacevoli”.
Arpi, 22 anni, dice che se avesse un buon lavoro e fosse in grado di vivere indipendentemente si aprirebbe a questo riguardo, ma al momento delega troppa responsabilità ai genitori, che devono occuparsi di lei e portare il peso della vergogna per il suo orientamento davanti a parenti e vicini. Doveva essere lei a informare per telefono la madre di Lusine sull’orientamento della figlia, durante una performance, ma non l’ha fatto per paura.
Anche due donne di Toronto affrontano il conservatorismo della comunità armena che nega l’omosessualità, ma, come dice Alina (tutte hanno chiesto di essere citate solamente per nome), lei ha la possibilità di prendere le distanze dalla comunità, a differenza delle donne in Armenia, che non hanno un luogo dove scappare. Alina, 47 anni, è nata a Teheran e si è trasferita a Toronto con la famiglia nel 1980. A 30 anni ha confidato al marito di essere lesbica.
Dopo aver condotto per 12 anni una vita lesbica attiva, lei e la sua fidanzata Melanie si sono riunite all’ex-marito ed hanno creato una nuova famiglia. “Non voglio la qualifica di ‘omosessuale’, mi limita. Dopo anni mi sono nuovamente innamorata di mio marito”.
Quano lo ha confidato alla madre, un membro della Federazione Rivoluzionaria Armena, lei le ha urlato di rimando “Alina, tu vuoi ch’io soffra!!!”. Non l’ha mai detto al padre. Anche il suo fratello minore è omosessuale, ma nessuno della famiglia lo sa. Alina dice che, nonostante abbia una reputazione “vergognosa” all’interno della comunità armeno-canadese, lei e le sue amiche hanno iniziato a partecipare alle commemorazioni delle feste religiose armene.
“Non vengo neanche salutata, come se non esistessi”, dice. Racconta che ascoltare altre storie di donne armene è “come un déjà vu” che le ricorda la sua esperienza personale.
Testo originale: Coming out: Armenian lesbians raise the curtain