Conoscere ed accogliere chi è diverso tra i diversi
Riflessioni di Andrea Rubera*, di Nuova Proposta di Roma, tratte da Adista Segni nuovi del 19 Marzo 2011
Nuova Proposta (Np) è un gruppo di donne e uomini omosessuali cristiani, presente a Roma da oltre 20 anni, che ha creato una “locanda” dove chi tenta di risanare il conflitto tra fede e omosessualità trova ristoro, uno spazio di riflessione e accoglienza.
Np si è interrogata a Roma, lo scorso 25 febbraio, sul significato dell’accoglienza delle persone transessuali, sulle problematiche e lo stigma di cui esse soffrono, in un incontro dal titolo: “Amare la diversità. La conoscenza e l’accoglienza della transessualità”.
Riflettendo sul comandamento dell’Amore nel Vangelo di Giovanni, ci siamo interrogati sul fatto che il nostro percorso non si è mai incrociato con quello delle persone transessuali e abbiamo voluto confrontarci con questo mondo, per conoscerlo e per capire se, inconsciamente, abbiamo messo in atto delle barriere. Abbiamo voluto comprendere le problematiche che vivono le persone transessuali, molte delle quali tentano, come noi, di mantenere salda la loro fede.
Al centro dell’incontro, le riflessioni di Leila Pereira Daianis (presidente dell’associazione di persone transessuali Libellula 2001), Vladimir Luxuria (ex parlamentare e giornalista) e don Alessandro Santoro (prete della Comunità di Base “Le Piagge” di Firenze), balzato alla cronaca un paio d’anni fa per aver unito in matrimonio una coppia costituita da un uomo e da una donna ex-transessuale.
«Molte trans sudamericane sono religiose, non solo cattoliche – ha esordito Leila Daianis – e purtroppo sono costrette a vivere la loro fede in solitudine, perché nessuna comunità (con rarissime eccezioni) è in grado di superare il pregiudizio ed accoglierle.
Nelle cerimonie funebri, addirittura, viene imposto il ricordo della persona trans con il suo nome di battesimo».
«Le persone trans – ha poi aggiunto – non si avvicineranno mai a nessuno, nemmeno a gruppi di omosessuali credenti, perché hanno vissuto troppa emarginazione, vivono nascoste, tra di loro, invisibili, e spesso trovano nella prostituzione l’unica forma di sostentamento.
Uccise quando diventano scomode. Per molte di loro la vita è una spirale senza uscita: fuori e dentro dal carcere, sempre più ai margini.
Sono fuori posto ovunque, in famiglia, al lavoro, perfino in galera. Si sentono donne, ma la società si rifiuta di considerarle tali».
«La religiosità delle persone trans è molto forte», ci ha ricordato Vladimir Luxuria. «Ricordiamo, ad esempio, il pellegrinaggio che centinaia di persone transessuali fanno ogni anno, nel giorno della Candelora, verso il Santuario di Montevergine (nella provincia di Avellino), per devozione alla Madonna nera, detta “Madonna Schiavona”, protettrice dei “diversi”.
La tradizione popolare narra che nel 1100, ed è questa l’origine del culto, due omosessuali furono colti in atteggiamento intimo e condannati a morte per assideramento.
Invocarono la “Madonna Schiavona” e furono salvati da un improvviso tepore invernale. Per le fedeli transessuali che vi si recano, probabilmente, è l’unica occasione per loro di poter pregare in un luogo sacro senza timore di essere guardati di sottecchi o scacciati».
Vladimir Luxuria ha affrontato il nodo dell’accoglienza delle persone transessuali nella Chiese cristiane: «Una realtà praticamente nulla. Soprattutto nei Paesi del “terzo mondo”, dove le Chiese evangeliche radicali incitano addirittura alla violenza contro di loro.
La Chiesa cattolica presenta una problematica in più rispetto alla considerazione degli omosessuali che, se accettano di vivere in castità, rimarrebbero nel “disegno divino”. Le persone transessuali, invece, proprio perché “rinnegano” il loro genere originario, sono di per se stesse considerate “contro il disegno divino”».
«La presenza dei bisogni, delle vite, dello stigma sofferto dalle persone transessuali sono una grande opportunità per il rinnovamento e la conversione delle strutture religiose», ha detto don Santoro.
«Avere dentro le nostre comunità storie, affetti, progetti di vita portatori di una visione “altra” può essere considerata come una benedizione, un’occasione per mettere alla prova la nostra capacità di amore e di accoglienza».
«È necessario distinguere tra fede e religione», ha poi proseguito: «La religione è un portato della storia, della cultura, è lo strumento con cui l’uomo nei secoli ha dogmatizzato l’esperienza dell’amore e ingabbiato la fede.
La fede invece è domanda e non risposta, è cammino, ansia, ricerca. La dimensione della fede dobbiamo tenercela stretta. Quando la religione, invece, offende la fede, allora è nostro dovere prenderne le distanze, “scuotendo la polvere dai nostri piedi”, perché lì Dio non è possibile che ci sia.
Prendiamo a modello Gesù nell’incontro con il cieco Bartimeo: si rivolge a lui chiedendogli, “Cosa vuoi che io ti faccia?”, e non “Ora ti faccio cosa è giusto!”.
È il prendersi carico delle esigenze dell’altro che ci consente di agire l’amore nella sua dimensione piena, senza condizioni né limiti. E dove c’è amore può solo esserci accoglienza.
Un’accoglienza senza paletti e divisioni, perché ciò che separa è opera del maligno, ciò che include e accoglie è opera della luce. Nel prendermi cura dell’altro, come posso fermarmi di fronte alla sua identità di genere?
La domanda che ci sarà posta è: “C’eri quando c’era da accogliere, sanare, curare, lenire?”. Non sarà fatta distinzione tra chi avremmo dovuto accogliere, sanare, curare, lenire.
La vera rivoluzione, l’unica che potrà portare alla piena accoglienza delle persone transessuali, è guardare alla persona, senza aggiungere altri aggettivi.
Solo così avremo la possibilità di amare pienamente».
* Presidente di Nuova Proposta di Roma