Contributi per il Sinodo. Persone omosessuali e morale cristiana. Chi sono io per giudicare?
Riflessioni di Claude Besson pubblicate sul sito cattolico Baptises (Francia) il 16 marzo 2015, traduzione di finesettimana.org
L’omosessualità esiste nella storia di tutte le società e culture. La Chiesa cattolica ha preso in considerazione questa realtà da diversi anni: “Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza” (Catechismo della Chiesa cattolica, n° 2358). Tuttavia, vivere la propria omosessualità e la propria fede cristiana, è possibile oggi senza doversi nascondere?
Se sono percepibili dei progressi, sia sul campo, sia in diversi documenti ufficiali, è ancora molto difficile per numerosi omosessuali e per le loro famiglie trovare il loro spazio nella Chiesa. Sofferenza, disonore, senso di colpa, vergogna sono ancora la sorte di molti. A causa, tra l’altro, del modo in cui sono guardati dai loro fratelli e sorelle nella fede, ma anche della linea scelta dalla Chiesa istituzionale, che, pur insistendo sull’accoglienza incondizionata, continua a condannare gli atti omosessuali definendoli “intrinsecamente disordinati”.
A partire dal 1970, tuttavia, l’espressione dottrinale ha avuto un’evoluzione distinguendo gli atti e le persone: attenzione alle persone, ma condanna dei loro atti contrari alla legge naturale, quella famosa legge naturale che ci arriva da San Tommaso d’Aquino. Per lui sono “contro natura” tutti gli atti che non sono coerenti con il loro fine, cioè non rapportabili al piano di Dio. Quindi, ogni relazione sessuale che non ha come finalità la procreazione è “contro natura”.
La seconda sessione del Sinodo sulla famiglia dell’ottobre 2015 permetterà di andare oltre questo modo immutabile di intendere la legge naturale?
Se la relazione intermedia della prima sessione del Sinodo aveva aperto qualche breccia esprimendo ad esempio che “le persone omosessuali hanno dei doni e delle qualità da offrire alla comunità cristiana”, la relazione finale le ha completamente occultate, riaffermando in poche righe ciò che è stato sempre detto: accoglienza delle persone ma “nessun fondamento per assimilare o stabilire delle analogie, anche lontane, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”.
Eppure, la nozione di legge naturale è stata rivisitata da una Commissione teologica internazionale, il cui lavoro è stato pubblicato nel 2009 con questa conclusione: “Il diritto naturale non è mai una misura fissata una volta per tutte. È il risultato di una valutazione delle situazioni mutevoli in cui vivono gli uomini”. Oggi, dei teologi, dei cardinali e molti altri si esprimono affinché la Chiesa si situi come “compagna di strada” e aspettano dal Sinodo qualcosa di diverso dalla riaffermazione della dottrina. Allora, sogniamo…
Nell’ambito dell’unione omosessuale, è ora di aprire la riflessione sulla relazione tra due esseri invece di ridurla all’atto genitale. “È certo che, se si invoca esclusivamente l’obiettività morale o il contra naturam della teologia medioevale, è l’impasse, tanto più che tale teologia è ancora attiva in tutti i testi del Magistero. Poiché quelle porte sono chiuse, si apre l’ambito esitante di una pastorale di accoglienza che mira a far conoscere un messaggio ben difficile da capire, cioè quello di una persona scissa tra il suo essere e il suo agire.
Ma, precisamente, una persona non si riduce ai suoi atti. Si può rispettare la dignità di un uomo che ha commesso un reato e condannare il suo atto; invece, l’orientamento sessuale di una persona, la sua sessualità, non fa forse parte del suo essere incarnato, relazionale? Condannarla non significa condannare l’essere desiderante?” (Laurent Lemoine, Homosexualité et morale chrétienne, in “Revue Études”, ottobre 2014, p. 67).
Nella riflessione sulla sessualità eterosessuale, a giusto titolo, quando si vuole dare all’atto sessuale la sua vera dimensione, lo si situa nel contesto più ampio della relazione amorosa, dell’attenzione reciproca, e la relazione amorosa diventa allora il segno della generosità di Dio. Perché non potrebbe essere lo stesso per la sessualità omosessuale? Si dirà ancora che l’unione sessuale di due persone omosessuali non può produrre figli, non può essere feconda. Ma neanche l’unione sessuale di due persone sposate di cui una è sterile non può esserlo! E l’unione delle persone della Trinità non è feconda come l’unione sessuale di una coppia sposata. Dio non è fecondo, è creatore. La coppia eterosessuale feconda quindi è un’immagine sbagliata di Dio!
Chi siamo noi per non riconoscere lo Spirito all’opera quando vediamo e sentiamo delle persone omosessuali portare frutti d’amore, di pace, di pazienza, di bontà, di benevolenza, di fede, di dolcezza, di padronanza di sé? (cf. Galati 5, 22-23).
Come cattolici omosessuali ed eterosessuali, abbiamo una responsabilità: quella di amare il nostro prossimo come noi stessi, nella complementarietà e nella ricchezza delle nostre differenze, per edificare insieme il Corpo di Cristo. Impariamo gli uni dagli altri che amare in verità è un’avventura che si vive giorno dopo giorno. In questa ricerca, non siamo soli. Abbiamo fiducia! Lo Spirito ci precede sempre.
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Testo originale: Contribution n°5 au Synode sur la famille. Personnes homosexuelles et morale chrétienne. Qui suis-je pour juger?