Contro la campagna anti gay in Uganda, un omosessuale scrive al Presidente
Riflessioni tratte da Reconciling Ministries Network del 20 agosto 2008, liberamente tradotte da Domenico Afiero
Dopo le recenti dichiarazioni del Presidente Ugandese Yoweri Museveni di appoggio alla campagna contro i gay lanciata dalla chiesa anglicana ugandese, un giovane gay ugandese gli ha scritto una lettera pubblica in cui confuta, punto per punto, ogni affermazione omofoba del presidente.
Perché “siamo profondamente feriti da tutto quello che sostengono questi capi religiosi. Ma lo siamo ancor di più quando la nostra Patria e i nostri connazionali ci rifiutano per ciò che siamo. E lo siamo altrettanto quando il nostro amato Presidente ci rifiuta solo per aiutare la fortissima Chiesa nella sua crociata morale”. “Siamo diversi. Certo, omosessuali; certo gay, ma siamo ancora cittadini dell’Uganda”.
Secondo il principale sito web ugandese, The New Vision, il Presidente della repubblica d’Uganda, Yoweri Museveni, ha elogiato i vescovi anglicani per la loro resistenza contro l’omosessualità.
“Saluto l’Arcivescovo ed i vescovi dell’Africa per essersi opposti al disorientamento e ad una cultura decadente sorpassata dalle nazioni occidentali”.
Descrivendo l’omosessualità con la parola swahili “mtumbavu”, vale a dire ‘stupidità’, il Presidente ha detto: “Non temete. Resistete e non scendete a nessuno compromesso sull’omosessualità. E’ un pericolo non soltanto per i credenti ma per l’intera Africa . E’ un male se i nostri figli sono compiaciuti e pensano che la gente che non abbia un proprio equilibrio sta bene”.
Museveni ha così parlato come ospite alla consacrazione del Reverendo Patrick Gidudu, settimo vescovo della diocesi di Mbale, nella cattedrale di St Andrew. “Questi stranieri (ndt – cosi’ chiama gli omosessuali) dovrebbero andare a fare i loro comodi altrove. E’ il minimo che si possa chiedere!”.
Il Presidente Museveni ha donato un auto Mitsubishi Pajero al nuovo vescovo. “Quando ho saputo della consacrazione del vescovo, ho pensato a un paio di scarpe da regalare. Poiché andare a piedi non è più di moda, ho pensato di dovergli fare un’auto, la quale è posteggiata fuori”, ha detto il Presidente mentre dava le chiavi al vescovo, provocando applausi nella chiesa gremita .
Mentre l’arcivescovo Henry Luke Orombi, che ha presieduto alla consacrazione, sta conducendo una campagna totale contro l’omosessualità.
Intanto un gay ugandese ha scritto una Lettera Aperta anonima al Presidente Yoweri Museveni. Una lettera scritta dopo che il Presidente ha elogiato pubblicamente i vescovi anglicani per la loro resistenza contro l’omosessualità.
“A Sua Eccellenza il Presidente della Repubblica d’Uganda. Anzitutto, voglio ringraziarLa del Suo governo ispiratore del nostro amato Uganda. Sono personalmente deluso per il Suo sostegno alla crociata della Chiesa dell’Uganda contro l’omosessualità.
Assolutamente no. Non sono uno straniero. Né un bianco. Anzi, il mio adorato padre mi faceva andare su tutte le furie col farmi studiare la mia genealogia, scavando a ritroso in dieci generazioni di puri africani.
Ci ha descritto come ‘stupidi’, chiedendo che questi stranieri che impongono la cultura gay dovrebbero andare a fare i comodi propri altrove. Ha dichiarato che noi omosessuali non siamo sani.
Lei, Signor Presidente, è il Presidente eletto da tutti gli ugandesi. Non soltanto da quelli buoni come Lei li descrive. Lei è il Presidente di tutti noi ugandesi, anche di quelli omosessuali. Riconosciamo, secondo la costituzione di questo Paese, che Lei è il nostro Presidente.
Mi fa molto male sapere che il nostro Presidente della Repubblica ci rifiuta categoricamente. Dire che siamo stranieri ci sbalordisce. Siamo cittadini ugandesi da cima a fondo. Ci chiama stranieri soltanto perché siamo gay?
Quanto all’omosessualità non africana, si rivolga a due autorità: l’arcivescovo Orombi ed il pastore antigay Ssempa. Dalla loro bocca verrà a sapere che l’omosessualità esisteva in Uganda anche prima dell’arrivo della religione cristiana. Così, se i gay ugandesi esistevano in questo Paese prima dell’evangelizzazione, perché i cristiani insistono che noi omosessuali non possiamo essere ugandesi?
Quando Lei dice che siamo malati, Le consiglierei davvero di chiedere ai medici se lo siamo o meno. Per quanto ne sappia, i medici hanno concluso non oltre il 1994, quando Lei era già Presidente di questo Paese, che gli omosessuali non sono malati o squilibrati come ha citato nell’articolo di giornale.
Quando l’arcivescovo Orombi impreca contro di me, posso zittirlo. La sua religione è un’alternativa. Posso scegliere di andar via, perché il suo Dio mi rifiuta e non mi ama.
Ma sono un ugandese. Essere aggredito in questa maniera da Sua Eccellenza il Presidente , per sostenere una religione che mi critica malamente, è offensivo. Posso dire di non essere un cristiano. Secondo l’arcivescovo, sono un grosso peccatore per esserlo. Posso anche decidere di non essere musulmano. Secondo il Muftì, dovrei essere abbandonato su un’isola del Lago Vittoria sino alla morte.
Ma Presidente, non posso smettere di essere ugandese. Sono un ugandese. Un semplice e comune ugandese. Ho gli stessi problemi di povertà , di corruzione e quant’altro come qualsiasi cittadino dell’Uganda. Noi omosessuali siamo una minoranza che non sarà mai una maggioranza.
Negare il mio diritto di nascita come ugandese e demonizzarmi solo perché sono gay è qualcosa che mi fa molto male. Presidente, dichiarare quello che ha detto circa l’omosessualità per pura ignoranza è profondamente inquietante.
Signor Presidente, sono gay e ugandese. Posso non essere un musulmano . Posso non essere un cristiano. Ma affermo che sono un ugandese.
Lei, Signor Presidente, non può rifiutarmi, perché sono un cittadino ugandese. Non posso rifiutare o negare il mio diritto di nascita. Sono un ugandese che è gay. E sono contento nel sapere che non c’è niente di male nell’essere gay.
Gradirei invitare Sua Eccellenza il Presidente a studiare un po’ di più l’omosessualità, in modo da non essere spinto nell’errore dalla condanna dei capi religiosi sugli esseri umani.
Siamo profondamente feriti da tutto quello che sostengono questi capi religiosi. Ma lo siamo ancor di più quando la nostra Patria e i nostri connazionali ci rifiutano per ciò che siamo. E lo siamo altrettanto quando il nostro amato Presidente ci rifiuta solo per aiutare la fortissima Chiesa nella sua crociata morale.
Accettiamo che possiamo non essere abbastanza credenti per entrare in una chiesa o in una moschea . Ma se ci è negato il nostro diritto di nascita come ugandesi, allora è più doloroso, fa più male. Sua Eccellenza il Presidente, per favore, si informi e non ci critichi in questo modo. Siamo diversi. Certo, omosessuali; certo, gay, ma siamo ancora cittadini dell’Uganda. Cordiali saluti. Un gay ugandese”.
Testo originale