Contro l’omofobia serve la vittoria della parola contro la violenza del silenzio
Riflessioni di suor Jeannine Gramick* pubblicate sul sito del settimanale National Catholic Reporter (Stati Uniti) l’11 luglio 2016, liberamente tradotte da Silvia Lanzi
“Ti ho pensato molto… prima con la notizia che le sorelle di Loretto sono state convocate a Roma. E poi, ovviamente, dopo la sparatoria ad Orlando nella preghiera del mattino preghiamo per le persone LGBT, per le loro famiglie e per un messaggio ancora più forte di nonviolenza”.
Ho ricevuto molte telefonate e e-mail come questa. Sapete, sono una Sister of Loretto e mi sono occupata della cura pastorale di lesbiche, gay, bisessuali e transgender cattolici per quarantacinque anni.
Il 12 giugno2016 è arrivata la terribile notizia che al Pulse di Orlando c’è stata la sparatoria di massa più letale dell’attuale storia statunitense – cinquanta persone morte, compreso l’attentatore, e cinquantatre feriti. Questo, comunque, non è stato il solo attacco del genere. Più di quarant’anni fa, un incendio in un locale gay di New Orleans ha mandato letteralmente in fumo la vita di trentadue persone. Ogni giorno, gli omosessuali di tutto il mondo sono a rischio di maltrattamenti verbali, intimidazione, bullismo, e anche tortura, carcere e perfino morte.
Spesso non ci rendiamo conto dell’omofobia e della transfobia di scherzi di cattivo gusto o di commenti casuali. Ma atteggiamenti inconsci nei confronti delle persone LGBT possono alimentare gesti di violenza come quello di Orlando. Un tipo di violenza che spesso non si riconosce è quella del silenzio. Dopo il massacro di Orlando, alcuni, nella nostra Chiesa, se ne sono resi colpevoli. I giornali di tutto il mondo hanno sottolineato che la sparatoria è successa in un gay club, ma le dichiarazioni rilasciate dall’ufficio stampa del Vaticano, dalla Conferenza Episcopale Statunitense e dal vescovo di Orlando hanno pesantemente passato sotto silenzio che le persone prese di mira erano lesbiche, gay, bisessuali o transgender. Alcuni vescovi, non hanno addirittura rilasciato alcuna dichiarazione.
Il silenzio è violenza quando, come in questo caso, nega l’esistenza di un’intera categoria di persone, persone che sono fatte oggetto di violenza fisica a causa di ciò che sono. Se non riconosco la tua esistenza, non ho nemmeno bisogno di riconoscere i tuoi diritti; non vedo che tu hai bisogno di ulteriore protezione. Di più, non sono in grado di conoscerti o di interagire con te in maniera proficua.
“Silenzio = Morte”, lo slogan degli attivisti contro l’AIDS negli anni ’80, non ha solo messo in discussione il silenzio del presidente Ronald Reagan sull’epidemia, ma dice anche chiaro e netto che, ed è questione di sopravvivenza, il silenzio sulla repressione delle persone LGBT deve finire. La violenza del silenzio uccide.
Ho pensato ancora all’e-mail che mi ha scritto il mio amico anche perché le Sisters of Loretto sono state convocate in Vaticano. La congregazione vaticana per la vita consacrata ha contattato quindici comunità per continuare il discorso iniziato durante la visita apostolica degli ordini femminili del 2008-2014. Di queste quindici ne sono state rese note quattro. Tre hanno parlato pubblicamente delle ultime convocazioni del Vaticano: le Loretto Sisters, le Sisters of Charity of the Blessed Virgin Mary e le Sisters of St. Joseph of Carondelet.
Per me queste comunità rappresentano la vittoria della parola contro il silenzio. Le indagini della Chiesa su singole persone o gruppi di solito sono tenute sotto silenzio, e questo ha conseguenze disastrose per la vita della Chiesa. La segretezza instilla paura e dà alle autorità la capacità di controllare menti e azioni. Quando ai fedeli si tengono segreti determinati argomenti, i leader ecclesiastici non si prendono la responsabilità di quel che fanno, e non si può parlare con coscienza di argomenti importanti.
Certamente in certe situazioni c’è bisogno di riserbo, ma lo si rispetta di più se viene usato con parsimonia. Per il cattolico-tipo, quello che i capi ecclesiastici cercano di mantenere confidenziale sembra arbitrario. Forse alla Chiesa serve un Freedom of Information Act (legge statunitense sulla libertà di informazione del 1966)?
Il silenzio può distruggere le famiglie e non solo quelle con persone LGBT. Può distruggere una famiglia che non è accettata in chiesa a causa del divorzio, o che è ignorata dai vicini a causa di un bambino con necessità speciali, o perché non può parlare apertamente di ciò che non va’ al suo interno. Il silenzio può anche distruggere quella famiglia spirituale che chiamiamo Chiesa. La congregazione vaticana si è espressa circa il dissenso pubblico dagli insegnamenti della Chiesa delle tre comunità religiose di cui abbiamo notizia. Essa, apparentemente, preferisce che le persone o i gruppi che dissentono mantengano il silenzio.
Anziché essere allarmati, questi ordini femminili dovrebbero vedere le accuse di dissenso come un possibile segno di vitalità. Come sarebbe capace di cambiare la nostra Chiesa attraverso i secoli, se non con il dissenso? Cambiamenti delle posizioni della Chiesa su schiavitù, usura, salvezza al di fuori di essa, sono i normali esempi di cambiamenti dottrinali provocati dal dissenso pubblico. Esso infatti può stimolare nelle persone il coraggio di parlare onestamente delle loro esperienze. Nella ricerca della verità ci possono essere diversità di opinioni, ambiguità e anche confusione. Solo la prova del tempo ci mostrerà ciò che è autentico.
Sembra che papa Francesco incoraggi punti di vista dissenzienti. Ha detto ai giovani di “fare casino” e al Sinodo della Famiglia ha esortato i vescovi a parlare chiaro, anche se non erano d’accordo con lui. Credo che Francesco faccia affidamento sul popolo di Dio per affrettare le riforme di cui ha bisogno la nostra Chiesa, ma queste riforme dipendono dalla libertà di parola e dall’accesso alle informazioni dalle sue fonti. Se la nostra Chiesa fosse una democrazia e questa una campagna elettorale, il mio slogan sarebbe: “Abbasso la violenza del silenzio e viva la vittoria della parola”.
* Suor Jeannine Gramick delle Sisters of Loretto è un’amica di lunga data del settimanale cattolico National Catholic Reporter (Stati Uniti).
.
Testo originale: We need a victory of speech over the violence of silence