Contro l’omofobia 22 veglie ecumeniche in Italia, Spagna e non solo. Perchè veglieranno?
Trascrizione dell’intervista a Radio Beckwith Evangelica (RBE) di Gianni Geraci del Guado, 15 maggio 2012
Saranno 22 le veglie ecumeniche organizzate tra il 13 e il 30 maggio in occasione della giornata contro l’omofobia prevista per il 17 maggio.
Il commento sulla storia e sull’attualità di questa importante iniziativa, in compagnia di Gianni Geraci del Gruppo del Guado di Milano.
Facciamo un passo indietro: quando nascono le veglie e perchè?
Un’iniziativa che nasce nell’aprile del 2007 quando un gruppo di omosessuali credenti di Firenze si trova a commentare la notizia del suicidio di un ragazzo omosessuale di Torino che non aveva retto alle prese in giro dei compagni.
La risposta che è emersa dall’incontro è stata la necessità di trovarsi per pregare per le vittime dell’omofobia. Così sono nate le veglie.
All’inizio doveva essere una veglia sola a Firenze, poi la notizia si è diffusa e molti gruppi hanno aderito.
Con il tempo si è poi scelta la data simbolo del 17 maggio, giornata mondiale contro l’omofobia, nel quale concentrare tutte le veglie.
In realtà non sono veglie contro nessuno ma per le vittime della violenza omofoba.
Le veglie sono storicamente delle iniziative ecumeniche.
Le veglie sono nate come iniziative ecumeniche, così come il movimento degli omosessuali credenti.
Col tempo ci sono state differenziazioni: alcune realtà si sono poste più con attenzione nei confronti della Chiesa Cattolica e altre verso le chiese riformate.
Nel 2009 le chiese protestanti storiche italiane (valdesi, battiste e metodiste) hanno deciso di appoggiare le veglie per le vittime dell’omofobie e in molti casi hanno deciso di organizzare culti specifici in occasione del 17 maggio [per le chiese valdesi e metodiste occorre riferirsi al Sinodo del 2007, ndr].
A Milano però ci sono state delle incomprensioni con la Curia.
Va precisato che le veglie di preghiera a Milano sono organizzate dai gruppi di omosessuali credenti della Città.
La Curia non è coinvolta in prima persona, ma fin da subito abbiamo chiesto di farle in una chiesa cattolica.
In realtà le abbiamo fatte anche in altri edifici religiosi come il tempio valdese di via Francesco Sforza o la chiesa battista di via Pinemonte da Vimercate, ma l’idea era quella di alternare le presenza nelle varie realtà.
Quest’anno è successo un equivoco relativamente al periodo in cui farla [se ne può leggere sul sito gionata.org, ndr].
Il 22 maggio organizzeremo una veglia alla sede del Guado e la data ormai è fissata: se riusciamo a trovare una chiesa in cui poterla fare il 22 direi che è la soluzione più bella.
Se non dovessimo trovare, non sarebbe una tragedia, nel senso che son convinto che delle persone che pregano sono ascoltare da Dio indipendentemente dal posto in cui si ritrovano a pregare.
Però è importante anche la vicinanza simbolica da parte delle chiese..
Indipendentemente da quelle che possono essere posizioni morali o politiche sull’omosessualità, sono convinto che tutte le chiese sono chiamate alla solidarietà nei confronti di chi è vittima della violenza omofoba.
Anche il catechismo della chiesa cattolica condanna il fatto che gli omosessuali siano oggetto di minacce o violenza.
Andremmo contro il vangelo se non dicessimo che la violenza, anche omofoba, sia un fatto da condannare.
Sul fatto di pregare per le vittime di questa violenza direi che chi si tira fuori è perchè ha paura.
Quest’anno la provocazione della veglia è anche nel versetto che è stato scelto: “Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre” (1Gv 2,9).
Siccome proprio nella prima lettera di Giovanni la dicotomia tenebre/luce è sottolineata in maniera molto forte per distinguere chi è alla presenza di Dio e chi no, direi che l’odio è ciò che ci impedisce di accogliere la Grazia di Dio.
A Milano non pregheremo solo per chi è stato picchiato, insultato, condannato o ucciso a causa della propria omosessualità, ma pregheremo anche per i loro carnefici, perchè anche queste sono vittime dell’omofobia che si portano dentro.
Odiare fino al punto di non accettare la presenza dell’altro significa mettersi fuori dalla luce di Dio, rifiutare il suo sguardo.
Gli appuntamenti sono tanti. Sono partiti il 13 maggio e si concluderanno il 30. Ognuno si è organizzato in modo diverso a seconda delle esigenze locali.
Lo spirito delle veglie è quello di dire alle persone “trovatevi e pregate perchè il Signore ci liberi dall’omofobia e perchè le persone vittime dell’omofobia trovino parole di conforto”.
Addirittura i primi anni ci sono state veglie organizzate in case private da 3 o 4 persone.
Questa cosa è stata poi abbandonata e secondo me è un peccato perchè sarebbe bellissimo se le veglie non fossero qualche decina ma fossero migliaia in qualunque posto.
Di fatto, nel vangelo Gesù lo dice chiaramente che dove 2 o 3 persone si ritrovano nel Suo nome lui è lì. Non è necessario essere in una chiesa o essere in tanti per pregare insieme.
Il grande assente è la politica. Che riflessione si può fare in merito alla questione della mancanza di un’inquadramento specifico per i reati di omofobia?
Siamo di fronte a una politica che non riesce ad andare incontro alle esigenze che emergono dalla società. Una politica che probabilmente ha paura di affrontare tutte le tematiche che hanno a che fare con l’omosessualità: omofobia, regolamentazione delle convivenze omosessuali, discriminazioni.
Ci troviamo di fronte ad alcuni settori della Chiesa Cattolica che si comportano con la politica italiana quasi come fossero delle lobby che dicono che su certi temi senza il consenso dei vertici ecclesiastici non si può legiferare in Italia.
Siamo di fronte al tema sempre importante e sempre nuovo della laicità dello Stato: uno Stato laico è uno Stato che cerca, nel fare le sue leggi, di garantire il bene comune e di rispettare la volontà dei cittadini.
Questo, in materia di omofobia, secondo me significa pensare a delle norme specifiche che facciano sì che la violenza omofoba venga condannata in maniera particolarmente dura, perchè i fatti di omofobia a cui assistiamo in Italia sono veramente inquietanti.
E c’è anche un’escalation negli ultimi anni.
Si, anche perchè in realtà l’omosessualità diventa sempre più visibile, e quindi la reazione è quella di una violenza che diventa più diffusa.
Però siccome è una violenza che non ha senso e che va superata, occorre intervenire a livello legislativo.
Per approfondire: Ascolta lo streaming dell’intervista su RBE