Coppie etero e gay. L’amore autentico… ci sta a cuore
Riflessioni di Raffaele Luise pubblicato sul blog L’indice del Sinodo il 19 ottobre 2014
La coincidenza tra la conclusione del Sinodo straordinario sulla famiglia e la registrazione del “matrimonio” delle sedici coppie gay presso il Comune di Roma, si presta a considerazioni importanti, se si rifiuta qualsiasi ottica ideologica.
Tra queste “famiglie” c’era anche quella del mio amico Andrea Rubera, attivista cattolico tra i più conosciuti a favore dei diritti per gli omosessuali. E con Andrea ho condiviso la gioia sua, del suo compagno e dei loro tre figli.
Ma quello che mi ha più felicemente sorpreso sono state le parole della “protesta” del Vicariato di Roma, che, dopo aver ribadito la condanna dell’equiparazione tra matrimonio cattolico e nozze gay, ha però spiegato: “Sia chiaro, l’amore è cosa che sta a cuore anche a noi, più di ogni altra. Quello autentico, del vivere e soffrire nella fatica del quotidiano accanto a una persona, anche dello stesso sesso”.
Sono parole di grande novità, che segnalano un profondo cambio di clima nella Chiesa di papa Francesco, e che confermano come il Sinodo sulla famiglia, con l’affermazione della linea pastorale riproposta a stragrande maggioranza nella Relatio Synodi, abbia tracciato una direzione che neppure la “rivolta” dei rigoristi contro le notevoli aperture della Relatio post disceptationem sui divorziati risposati e sugli omosessuali vale a cancellare.
Certo, pesa molto la “bocciatura” dei due paragrafi sull’ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti e di quello sugli omosessuali, che non hanno raggiunto il quorum dei due terzi, ma il geniale discorso di chiusura di Francesco è valso a ristabilire la centralità inderogabile dell’apertura pastorale, che ha davanti a sé ancora un anno per maturare e per arrivare a delle soluzioni concrete.
Il papa è stato chiarissimo, guardando all’anno che ci separa dal Sinodo ordinario sulla famiglia: “Non è più il tempo dell’irrigidimento ostile, del chiudersi dentro lo scritto e non lasciarsi sorprendere da Dio. E’ il tempo della Chiesa che non ha paura di mangiare e di bere con le prostitute e i pubblicani, che fugge la tentazione degli zelanti, degli scrupolosi, dei premurosi e dei cosiddetti tradizionalisti e anche degli intellettualismi, e che rifiuta la tentazione di trasformare il pane in pietra e scagliarla contro i peccatori, i deboli e i malati”.
Alla luce di queste potenti parole, ora il compito passa nelle mani delle Chiese locali e anche dei laici, come sollecitava il cardinale Kasper. Per far sì che la chiesa non si chiuda nella “nostra chiesetta piccoletta” a spegnere il “sogno di Dio”.