Cosa è andato storto? La notte in cui il nostro figlio gay ci ha lasciati
Brano tratto dal libro di Leroy Aarons, Prayers for Bobby: a mother’s coming to terms with the suicide of her gay son* (Una Preghiera per Bobby: una madre si confronta col suicidio del suo figlio gay), HarperCollins Publishers (Stati Uniti), 1995, capitolo due, prima parte, libera traduzione da Diana
Agosto – Settembre 1983 (Walnut Creek, California). La casa dalla struttura in legno e dalla facciata di stucco di Bob e Mary Griffith fa parte di un complesso di case degli anni ‘40, costruito negli anni in cui c’erano ancora a Walnut Creek degli alberi di noci e un torrente che scorreva liberamente. La loro città, nel Nord California, si è trasformata da un bucolico sobborgo in un fiorente centro per i servizi e l’industria ecologica. Ad appena 20 miglia ad est di San Francisco, Walnut Creek ha i vantaggi di una città dormitorio, unita allo splendore di una città sempre più sofisticata e congestionata.
Eppure, rimanevano ancora strade tranquille e graziosi quartieri. A parte un fastidioso aumento di traffico, a causa dell’autostrada a pochi isolati di distanza, Rudgear Road era rimasta una strada poco trafficata. Mary, Bob e tre dei loro quattro figli erano felici di quella che sembrava una vita idilliaca nella loro casa in stile fattoria con tre camere da letto e una piscina sul retro.
Mary Griffith, 48 anni, la notte tra il 26 e il 27 agosto 1983 si era seduta tardi a cucire nella sua cucina. I suoi capelli castani, ben acconciati, avevano incominciato ad ingrigire ma era ancora snella con i suoi 1,60 metri di altezza. Aveva un viso piacevole, ma ordinario, con un naso abbastanza prominente e occhi color nocciola nascosti dietro a grandi occhiali con una montatura chiara. Quando parlava si sentiva un leggero accento del Midwest, sebbene fosse cresciuta in Florida e California.
Le foto predilette dei suoi quattro figli ornavano una credenza in un angolo del soggiorno con Joy, la figlia più grande, che oggi ha 22 anni, seria e di costituzione robusta; Ed, 21 anni dalla mascella squadrata e muscoloso; Nancy, la piccola di 13 anni; Bobby, un Tom Sawyer dai capelli arruffati.
Mary cuciva e fumava sigarette Carleton al mentolo, circondata dalle immagini famigliari della sua fede. Vicino al telefono c’era una scatola in legno piena di foglietti con i versetti biblici preferiti da Mary. Al muro della cucina era appesa una Croce in ceramica con un bambinello addormentato nella parte orizzontale della Croce. Sul tavolo c’era un’altra Croce in legno e un leggio su cui era appoggiata la Bibbia personale di Mary, ormai logora e con le pagine arricciate.
Bob dormiva in camera da letto. Joy, Nancy e Ed erano in giro sul vecchio camion di Joy. Mary amava questi rari momenti di solitudine, si sentiva al sicuro in questo un universo ordinato in cui tutte le regole erano state codificate 2000 anni prima e lasciate in eredità all’umanità per sempre. Era come vivere in una gigantesca bolla controllata dagli angeli: il mondo era un luogo alieno e pericoloso, ma se avevate la fede e giocavate seguendo le regole, voi e i vostri cari eravate a posto.
La casa rifletteva la calda semplicità senza pretese di una famiglia operaia di periferia: riproduzioni di quadri alle pareti, centrini sui tavoli, foto dei famigliari sul frigorifero; in cucina pareti bianche, credenze rosa.
Bob, elettricista e abile falegname, aveva costruito il tavolo della cucina in compensato e aveva piastrellato la cucina rivestendola di mogano. Dietro, la casa in un grande cortile disordinato, c’era una piscina per bambini – in realtà un serbatoio ovale d’acqua a livello del suolo.
L’unica nota stonata nella vita di Mary era la continua e tormentosa preoccupazione per Bobby. Dal giorno in cui più di 4 anni prima aveva detto loro che era gay, Mary era sempre stata in ansia. La Bibbia ammoniva che l’omosessualità è un peccato mortale; chiaramente le persone gay erano condannate alla perdizione. Se Bobby non si pentiva e cambiava, non ci sarebbe stato il loro ricongiungimento in cielo.
La promessa di questo ricongiungimento coi suoi cari alla fine dell’esistenza terrena, era il nocciolo della fede di Mary, l’accordo che aveva fatto con Dio. Senza la prospettiva di un ricongiungimento in Paradiso con la sua famiglia, la sua vita avrebbe avuto scarso significato.
Mary non poteva fare a meno di sentirsi frustrata. Bobby sembrava sempre più infelice. Aveva pregato e lo aveva assillato di continuo, ma nulla era successo. Si chiedeva spesso: “Ho pregato 4 anni per Bobby. Il suo cambiamento, la sua guarigione, Signore quando avverrà?”. Poi sapendo che il Signore non meritava la sua impazienza, Mary aggiungeva: “Non la mia, ma la tua volontà sia fatta”.
Lei sbadigliò e guardò l’orologio. Era mezzanotte e mezza e il giorno seguente – sabato – era per lei un giorno lavorativo. Si alzò per andare al lavandino per prendere un bicchiere d’acqua. Ritornando al tavolo successe una cosa strana: sentì come un colpo dentro di lei, come una luce che si spegneva. Per un istante una fredda oscurità l’attraversò oscurando il suo spirito. Poi passò.
“Signore che cosa significa?” si chiese.
Mary scrollò le spalle e si preparò per andare a letto, raggiungendo suo marito Bob nella camera da letto, che aveva aggiunto alla casa un paio di anni prima.
Pronunciò una preghiera silenziosa, la stessa che aveva ripetuto per anni: “Caro Signore benedici mio marito e i miei figli. Tienili al sicuro nelle tue mani misericordiose”.
Joy Griffith stava guidando il suo pick-up Dodge Ram D50 dell’82 lungo la Bollingen Canyon Road col fratello Ed accanto a lei, Nancy e la sua amica Wesley, stavano nella parte aperta del pick-up. Questo era il loro svago nei venerdì notte in periferia.
Il vento portò via un paio di occhiali da sole dai capelli di Nancy. Joy si fermò e Nancy scese per cercarli. In quel momento senza una ragione Joy pensò a Bobby. Il pensiero le provocò una paura molto intensa come se qualcuno le avesse detto che aveva un cancro, come se un tumore le fosse cresciuto all’interno, senza che lei lo sapesse. Nancy trovò gli occhiali e ripartirono.
Fu Joy a sollevare il ricevitore del telefono appeso al muro della cucina, il mattino seguente. Nancy e Wesley stavano aspettando fuori impazienti. Joy aveva promesso di portarle a Santa Cruz per una giornata di divertimenti sul lungomare. Sua cugina Debbie telefonava da Portland.
“Ho qualcosa di terribile da dirti” disse Debbie.
“Cosa? Stanno tutti bene?”.
“Bobby si è buttato giù da un ponte”.
“Cosa?”.
Nancy e Wesley rientrarono in casa dal cortile. Joy lottando per mantenere il controllo, disse: “Nancy va fuori. Torna in cortile”.
Joy ritornò al telefono sempre più agitata.
“Chi lo ha trovato?” chiese a Debbie pensando che si fosse buttato su un traliccio della ferrovia.
“Joy, va bene. Va bene.”
“Lui sta bene?” disse Joy gridando.
“Joy capisci cosa ti sto dicendo?”.
Joy disse: “Bobby è morto”.
“Si”, disse Debbie.
Joy incominciò a piangere. “Oh Dio mio! Si è buttato da un ponte! Presto papà vieni qua!”.
Bob Griffith afferrò il telefono. Sembrò prendere la notizia con calma, chiedendo dettagli. Poi, improvvisamente, lasciò cadere la cornetta e si allontanò. Istintivamente negava la realtà cercando di respingerla. Era l’inizio di un grande dolore.
Joy guidò per raggiungere la Magnin, la società nel centro di Walnut Creek dove sua mamma lavorava come addetta alle spedizioni. Era una bellissima giornata estiva californiana. Chiese con insistenza al portiere di chiamare sua madre Mary. “E per favore le dica di portare la borsetta”, aggiunse Joy. Si rannicchiò in un angolo per aspettare, piegata dal dolore.
Al piano di sopra Mary sentì che la chiamavano, suppose che i ragazzi avessero bisogno di denaro. Quando scese e vide Joy accasciata in un angolo, dall’altra parte del vetro, fu colta dalla paura.
“Cosa c’è che non va?”.
Joy urlò: “Bobby è morto! Si è buttato da un ponte”.
Mary cercò di attraversare la porta di vetro dell’entrata dimenticando che era chiusa a chiave. Schiacciò i tasti del cicalino, ma il portiere sembrava non sentirla. Sbattè freneticamente sulla vetrata.
“Mio figlio è morto! Lasciatemi uscire!”.
Il portiere aprì la porta.
Nel breve tragitto verso casa sul suo pick up Joy disse a Mary ciò che sapeva. Mary ascoltava e capiva le parole, ma non c’era nessuna connessione con le sue emozioni.
A casa Mary e Bob si abbracciarono piangendo. “Era la volontà di Dio” si disse Mary. Aveva fatto di tutto seguendo la Bibbia. Le preghiere, i pastori cristiani, le ammonizioni cristiane. Per 4 lunghi anni.
Dopo aver lasciato sua madre Mary a casa Joy, già esausta, viaggiò verso sud per 30 miglia verso la California State University di Hayward, dove suo fratello Ed si stava allenando a calcio. Quando scese dalla macchina Ed era in divisa, sulla linea laterale del campo.
“Cosa c’è che non va?” le chiese. Ma Joy non riusciva a parlare e singhiozzava. Ed continuava a ripetere: “Cosa è succeso? Cosa?”.
Finalmente Joy recuperò la voce. “È per Bobby”, disse. “Si è buttato da un ponte. Eddie, lui è morto!”.
Ed si irrigidì impallidendo. Improvvisamente raccolse il suo borsone dalla panchina e si mise a correre senza meta, zigzagando per il campo. Lanciò in alto il suo berretto e lo prese a calci. In macchina Joy seguiva la pista che circondava il campo.
Lo raggiunse e scese gridando: “Eddie per favore smettila. Dobbiamo andare a casa!”. Ed rallentò, perché Joy lo raggiungesse. Si strinsero l’un l’altro. “Cosa è successo?” singhiozzò Ed. “Te lo dirò in macchina” disse Joy.
Ed si diressero verso lo spogliatoio per cambiarsi. La sua testa era così pesante che pensava sarebbe scoppiata. Andò al lavandino per buttarsi l’acqua fredda sul viso. Intontito si rivestì. Poi in un impeto di dolore e rabbia prese a pugni l’armadietto e si precipitò fuori senza mettere a posto le sue cose.
Ed non aveva il coraggio di tornare a casa. Chiese a Joy di portarlo a casa di uno dei consiglieri della Chiesa presbiteriana di Walnut Creek, di cui era un membro devoto. Giunsero altri ragazzi della Chiesa e Ed cominciò a tracannare whisky. Non era un bevitore. Gli altri gli dissero di non bere più, ma Ed si ubriacò e si mise a gridare per parecchie ore.
Lui e Bobby, i due maschi della famiglia Griffith, erano molto uniti, sebbene fossero molto diversi. Ed, l’atleta, di corporatura massiccia, che giocava sempre a fare il soldato e sognava di diventare giocatore professionista di baseball. Bobby, snello, non competitivo, l’artista, un ragazzino interessato alle bambole, al disegno e al travestimento.
Eppure, c’era un legame profondo. Da ragazzi Ed e Bobby avevano i letti a castello, ma ogni tanto andava nel letto dell’altro e dormivano insieme, uno nelle braccia dell’altro, come una tazza sul piattino. Era a Ed che Bobby aveva confidato per primo di essere gay.
In seguito, si erano allontanati. Bobby si era chiuso nella sua camera, in cui si rifugiava per rimuginare a lungo. Ed sapeva che suo fratello era infelice e si preoccupava. Ma pensava che Bobby ne sarebbe uscito. Non avrebbe mai immaginato…
L’ultima volta che si erano visti, quando Bobby era giunto per una breve visita a Portland, era stato estremamente doloroso. Di solito si separavano con un grande abbraccio. Ma questa volta Bobby gli aveva semplicemente dato la mano.
Ora Ed cercava di dimenticare tutto bevendo smodatamente. Il mattino seguente si svegliò a casa del consigliere di Chiesa con i postumi della sbornia e finalmente tornò a casa.
* Da questo romanzo è stato tratto, nel 2009, il film per la televisione Prayers for Bobby (Una Preghiera per Bobby) che, come il libro, è basato sulla storia vera di Bobby Griffith. Il film, ancora inedito in Italia, è stato interpretato da Sigourney Weaver ed è disponibile in rete sottotitolato in italiano.