Cosa fare dopo il coming out di un capo scout Agesci?
Articolo Luciano Moia pubblicato sul quotidiano Avvenire del 23 aprile 2023, pag.10
«Ma quando un capo scout fa coming out, cioè rivela pubblicamente il suo orientamento omosessuale, cosa dobbiamo fare? Accettare la scelta e andare avanti come se nulla fosse o provvedere subito alla sua sostituzione?».
Il problema, magari non in termini così perentori, circolava da tempo tra i ca-pi dell’Agesci. Come sempre più spesso, in questi anni, sono venute alla luce situazioni complesse legate all’identità di genere.
Cioè, tanto per essere chiari, quando in una squadriglia maschile c’è un ragazzo che esprime un disagio e chiede di aggregarsi alla squadriglia delle ragazze, qual è la risposta più opportuna?
I capi scout, che hanno tra i 21 e 55 anni – la media è intorno ai 30 anni – sono persone formate e sagge che lavorano da mezzo secolo sulla coeducazione dopo aver fatto incontrare definitivamente nel 1974 le tradizioni di scautismo maschile e guidismo femminile. Ma, evidentemente, hanno sensibilità e preparazione diverse.
La situazione di un ragazzo o di una ragazza che chiede aiuto e comprensione per quanto riguarda un ambito così delicato e così intimo dello sviluppo psico-fisico, impone risposte educative non casuali, un approccio attento e rispettoso e, soprattutto, una linea coerente con l’identità e con i valori di una grande associazione educativa cattolica. Che fare quindi?
Il confronto è stato vivace, le proposte diversificate e alla fine nell’ambito dell’annuale Consiglio Generale è prevalsa la posizione più aderente al magistero del Papa.
Impossibile dimenticare che in documenti ufficiali e in tanti interventi a braccio, papa Francesco ha più volte spiegato che tutte le persone che cercano Dio e hanno incontrato Cristo, indipendentemente dall’orientamento sessuale, vanno accolte, accompagnate e integrate nella comunità per aiutarle a scoprire ciò che il Signore chiede alla loro vita.
È nato così, nel giugno dello scorso anno, il percorso di ascolto tra gli oltre 30mila capi scout dell’Agesci. Nessun programma predefinito, nessuna ricetta già preconfezionata. Ma un autentico itinerario che mette al centro il desiderio di ascoltare la realtà, senza pregiudizi, senza soluzioni già scritte.
Una Commissione istituita dal Consiglio Generale, di cui fanno parte alcuni capi e assistenti ecclesiastici, oltre a un esperto esterno – il gesuita padre Pino Piva – ha predisposto una lettera con lo scopo di promuovere la raccolta di testimonianze scritte di quanti, in Agesci, desiderano condividere la loro esperienza.
In questa prima fase sono stati chiamati a rispondere soltanto i capi, ma non è escluso che a breve possano essere coinvolti anche i ragazzi. L’obiettivo è quello di partire dalla storia delle persone, di far emergere diverse esperienze, con grande realismo e con grande spirito evangelico.
Molte schede sono già arrivate e la Commissione – come raccontano Francesco Scoppola e Roberta Vincini, presidenti del Comitato centrale Agesci e padre Roberto del Riccio, gesuita, assistente ecclesiastico generale – sta elaborando quanto raccolto.
Non è una conta, non ci sono obiettivi statistici. Ai primi di giugno, durante l’assemblea del Consiglio Centrale già programmata a Sacrofano, a Nord di Roma, si valuterà quanto emerso e si deciderà come andare avanti.
La prima preoccupazione sarà quella di condividere i pensieri e lo sguardo educativo perché una realtà come l’Agesci, pienamente inserita nella società di cui assorbe stimoli, opportunità e contraddizioni, non può rinunciare al suo mandato più impegnativo.
Quello di individuare, in ogni momento storico e nelle diverse circostanze, le modalità più opportune per accompagnare ragazzi e giovani, per aiutarli a crescere, per valorizzare ogni persona, per rispettare e radicare nel bene le esperienze e l’intera esistenza.
A questo punto il criterio da assumere come riferimento operativo potrebbe essere quello di privilegiare l’aspetto educativo, pedagogico.
Norme e princìpi certamente contano, ma non come una dogana in cui occorre attendere un timbro – tu puoi passare, tu no – ma come un cammino di discernimento aperto, capace di valorizzare l’esperienza di ciascuno, di far crescere la consapevolezza dei ragazzi, di formare le coscienze.
Ecco perché tra gli obiettivi della Commissione ci sarà quello di “leggere”
le storie di chi vorrà raccontare la propria esperienza in modo sereno e non
ideologico, valorizzandone la ricchezza senza pregiudizi. È, infatti, piena la percezione di un bisogno diffuso da parte di un’associazione che, prima di assumere qualsiasi decisione, intende far chiarezza al proprio interno, comprendere davvero la situazione dei suoi capi, mettere a fuoco la realtà senza idealismi e senza preconcetti. Inutile quindi cercare di indovinare adesso quello che succederà all’Agesci nei prossimi mesi.
Se l’ascolto della realtà e del magistero recente inviterà a fare dei cambiamenti, questo succederà soltanto dopo un discernimento collettivo ampio e condiviso, percorrendo in modo non affrettato un cammino in cui si desidera coinvolgere tutta l’associazione. Nessuna decisione dall’alto quindi, ma un’ampia convergenza di intenti con la partecipazione di tutti.
Il fatto poi che l’inizio di questo originale e coraggioso percorso di ascolto e di comprensione sia coinciso con l’avvio del cammino sinodale della Chiesa italiana e universale viene visto come evento provvidenziale, capace di imprimere al cammino dell’Agesci una dimensione ancora più rilevante e significativa, in linea con la spiritualità dello scautismo e con il respiro del cattolicesimo italiano che, oggi più di ieri,
guarda al futuro e ha a cuore tutte le
“periferie esistenziali”, anche quella di
coloro che soffrono per un orientamento sessuale o per un’identità di genere su cui grava ancora lo stigma di stereotipi e pregiudizi che escludono e ghettizzano.
Atteggiamenti che, come lascia comprendere il percorso avviato dall’Agesci, se qualche volta in passato hanno finito per prevalere, non potranno più far parte di un progetto educativo orientato in senso cristiano.
FOCUS: La sfida degli scout dell’Agesci
Il nodo dell’omosessualità di alcuni capi
interpella da tempo l’Agesci. Ora una
Commissione di ascolto sta raccogliendo
testimonianze e suggestioni per trovare una linea condivisa di azione
Le tappe:
1. I primi segnali di un disagio. Negli ultimi anni, sempre più frequentemente
è emerso il fenomeno dell’omosessualità tra i
capi scout, con diversi casi di coming out che hanno provocato la riflessione dell’associazione nel suo complesso.
2. La Commissione è al lavoro per raccogliere le storie e le esperienze dei capi scout coinvolti, una Commissione apposita è stata istituita dal Consiglio Generale dell’Agesci.
L’obiettivo è partire dalle storie delle persone e far emergere le diverse esperienze, con grande realismo e vero spirito evangelico. Non si tratta di formulare giudizi né tanto meno di fare una “conta”. Ma di accogliere il vissuto di ciascuno cercando di farne tesoro per la vita dell’intera comunità dello scautismo italiano.
3. Percorso dʼascolto: a giugno ʻ22 il via
Dopo la decisione del Consiglio Generale
dell’Agesci, nel giugno dell’anno scorso è
stato avviato il percorso di ascolto tra gli
oltre 30mila capi scout. Si tratta di un autentico itinerario di discernimento con al centro il desiderio di ascoltare la realtà, senza pregiudizi e senza soluzioni
già scritte.