Cosa significa essere omosessuali e cattolici?
Articolo di Stéphanie Le Bars pubblicato su Le Monde (Francia) del 3 novembre 2012, liberamente tradotto da Dino
A vederli, così tranquilli e sicuri della loro felicità, non ci si rende conto degli orrori attraverso i quali questi giovani uomini sono passati. Riuniti intorno ad un bicchiere di vino, in un appartamento borghese di Parigi, Nicolas (il suo nome è stato cambiato dietro sua richiesta), Bertrand, Fabrice e Damien raccontano tuttavia la medesima storia. Cresciuti in famiglie cattoliche praticanti, loro stessi credenti, hanno impiegato dei mesi, a volte degli anni ad incassare il colpo: “essere allo stesso tempo omosessuali e cattolici”.
Per alcuni di essi, passati attraverso associazioni come Réflexion et Partage, che si batte per una miglior accoglienza degli omosessuali nella Chiesa, la faccenda non è del resto ancora completamente risolta; alcuni membri della loro famiglia li trattano ancora come degli appestati.
In un momento in cui la Chiesa (ndr cattolica francese) si ribella al progetto governativo che prevede di aprire il matrimonio e l’adozione alle coppie omosessuali, i cattolici direttamente interessati dal problema vorrebbero che questo dibattito fosse anche l’occasione per l’istituzione, che essi non hanno mai abbandonata, di rivedere il suo atteggiamento nei confronti dell’omosessualità.
La dottrina ufficiale continua a vedere in questo orientamento sessuale un “atto intrinsecamente disordinato”. E, se la Chiesa si definisce “accogliente” verso le persone omosessuali, essa chiede loro di praticare l’astinenza sessuale.
“Tra i 18 e i 20 anni ho compreso di avere un problema con le ragazze, e così ho pensato di farmi prete”, dice Nicolas, 32 anni, uno dei quattro amici parigini. Ma ha incontrato Bruno.
E allora, insieme all’amore che, dopo dodici anni, condivide ancora col suo compagno, ha scoperto “l’omosessualità”, una realtà che nel suo mondo “non esisteva nemmeno”.
“Quando ero giovane, gli omosessuali erano l’AIDS, e dopo erano i PACS”, il patto civile di solidarietà adottato nel 1999 e contro il quale manifestavano i suoi genitori. Oggi sua madre si dà da fare per una miglior integrazione degli omosessuali all’interno della sua parrocchia.
“Continuavo ad andare a messa, ma senza fare la comunione. Piangevo per questo!”
Per vincere “l’incompatibilità” che i sacri testi e un’educazione religiosa avevano originato, Bertrand, 38 anni, in modo radicale ha “cercato di non credere più in Dio”. “Sapevo bene che tra la mia omosessualità e la mia fede c’era un problema. Continuavo ad andare a messa, ma senza comunicarmi. Piangevo per questo!”
In coppia è supportato da un un accordo PACS da molti anni, questo vecchio scout oggi afferma: “Con la gente va tutto bene, il problema è con la Chiesa”. Recentemente il suo amico Fabrice ha lasciato precipitosamente la messa domenicale celebrata da un prete che diceva “parole sarcastiche e derisorie nei confronti degli omosessuali”.
Qualche raro responsabile religioso si sforza di sviluppare un discorso più accogliente verso i fedeli omosessuali, ammettendo i credenti in questione. “L’attuale dibattito ha anche costretto la Chiesa a dire in modo forte e chiaro che essa accetta gli omosessuali -riconosce Fabrice- ma non va molto oltre”.
La Conferenza Episcopale Francese ha pubblicato un lungo testo contro il “matrimonio per tutti”, in cui però riconosce la necessità di rompere con ogni tentazione omofoba.
“Quando ci conoscono, preti e fedeli generalmente ci accettano”, dice Bertrand. Ma da quando queste coppie chiedono di impegnarsi con maggior visibilità nella Chiesa, si crea un blocco.
Nicolas e Bruno ne hanno fatto la dolorosa esperienza. “Come qualsiasi coppia avevamo il bisogno di parlare della nostra vita coniugale, di fecondità…, racconta Nicolas.
Abbiamo chiesto di poterci unire ad un gruppo di giovani coppie nella nostra parrocchia. Il diacono che se n’è occupato è stato completamente impreparato e ci ha detto di no. Anche se si è abituati a sentire nella Chiesa affermazioni dure contro gli omosessuali, questo fatto è stato difficile da vivere”.
“In seguito, è stato creato un gruppo di discussione… per coppie omosessuali. La Chiesa ci costringe a ghettizzarci. Tutto ciò allontana dalla Chiesa un grande gruppo di omosessuali, mentre la nostra diversità costituisce una ricchezza”.
“Ho un po’ paura della reazione dei fedeli”
A 50 anni, Jean (nome cambiato) ha un diverso profilo, ma le stesse riserve sulla Chiesa. Ritornato alla fede solo da cinque anni, quest’uomo che da vent’anni vive in coppia, preferisce basare la sua spiritualità “sulla figura di Gesù e i testi del Vangelo”, che, contrariamente alle condanne violente contenute nell’Antico Testamento, non fanno alcun cenno all’omosessualità.
Afferma di “prendere la Chiesa così com’è, poiché il suo modo di vivere è al di sopra dei dogmi” ma esita ancora a fare coming out nella sua parrocchia: “Ho un po’ di paura della reazione dei fedeli.”
La stessa discrezione trattiene Aurélie (nome cambiato) che, a 58 anni, tiene nascosto in parrocchia il suo concubinato. Questa infermiera tuttavia riconosce la sua vita ferita di cattolica omosessuale testimoniando davanti ad altri credenti della sua regione, all’interno dell’associazione Riflessione e Condivisione.
“Niente ha mai turbato la mia fede. Sono stata molto in collera con la Chiesa, ma mai con Dio, ed ho dovuto sbarazzarmi di erronee credenze sulla sofferenza, la santità, la sessualità”, confida questa donna, sposatasi “per errore” a 37 anni.
Ora da dodici anni vive in coppia con una donna, incontrata in un’altra associazione militante, David et Jonathan. “Si sentono ancora parole che uccidono, che ci assimilano a dei malati, a degli anormali”, lamenta.
“Alcuni cristiani ci dicono che l’amore omosessuale non è l’amore con la A maiuscola”, testimonia Annick, 66 anni, contadina in pensione, che ha scoperto nel 1997 l’omosessualità di una delle sue figlie.
Per accettare in “modo indolore” questa “rivelazione”, lei e suo marito si sono rivolti ad un’associazione non confessionale. “La Chiesa non è preparata”, spiega. Fino ad allora Annick pensava che l’omosessualità “fosse legata all’educazione”, mentre suo marito vi vedeva “una perversione”.
“La loro figlia si è allontanata dalla Chiesa; loro si battono “per far cambiare il punto di vista della Chiesa riguardo a queste persone”. Perché, come sottolinea Fabrice, è una questione “urgente”. “Il discorso della Chiesa deve cambiare, non fosse altro che per diminuire il numero dei suicidi tra gli omosessuali cattolici”.
“La Chiesa si definisce esperta in umanità – ricorda Aurélie. Su questo punto è ancora lontana dal rispondere alla sua vocazione”.
Testo originale: Homos et cathos, comment ils vivent le paradoxe