Cosa significa “queer”? E’ un’offesa?
Riflessioni di Miriam Samuelson-Roberts* pubblicate su Queer Grace – Encyclopedia per Cristiani LGBTQ (USA), liberamente tradotte da Silvia Lanzi
Da dove viene la parola “queer”? Le origini del termine “queer” sono dibattute. Probabilmente la parola nasce in Europa. Si usava già nella Scozia del XVI per significare “strano, peculiare o eccentrico”. Queer continua ad apparire nei testi di tutto il continente e inizia ad essere usata negli Stati Uniti nella proma parte del XX secolo. Il suo primo utilizzo omofobo data alla fine del XIX secolo e, per molti decenni, continua ad essere usato in modo offensivo per la comunità LGBT.
La sua definizione attuale comprende “discutibile e sospetto”, “diverso in qualche modo dalla norma” e “non troppo buono”. Alcuni dizionari notano che l’uso di queer riferito alla comunità LGBT è stato, ed è dispregiativo, ma negli ultimi vent’anni ci si è appropriati del termine facendolo diventare neutro o addirittura positivo.
Perché “queer” veniva usato come offesa? Alcune ricerche mostrano che il primo uso dispregiativo della parola queer nei confronti delle persone LGBT risale all’Inghilterra del tardo XIX secolo, in una lettera in cui un uomo rivelava a suo figlio, un’avventura omosessuale del fratello di quest’ultimo. Negli Stati Uniti, praticamente è stata usata fin dall’inizio per avvilire e sminuire la comunità LGBT sottolineandone la “stranezza”.
Per tutto il XXI e il XXI secolo, queer è stato usato per riferirsi in modo degradante alla comunità LGBT, e il suo uso più antico, era un’etichetta sprezzante appiccicata particolarmente a uomini che non aderivano alle norme codificate della mascolinità. Queer è stato usato più frequentemente come sostantivo che come aggettivo, spesso in maniera spregiativa nei confronti delle persone LGBT. Ora come ora, l’uso del termine dipende dalle varie comunità, ma, di solito, usarlo come aggettivo (“Si identificano come queer” o “sono membri della comunità queer”) è considerato meno dispregiativo che usarlo come sostantivo (“È una queer”).
Perché alcune persone LGBT usano la parola “queer” se è un’offesa? Il significato della parola queer dipende da chi lo usa e dai contesti specifici; in Inghilterra è stata usata per così tanto tempo come termine dispregiativo che spesso è difficile capire cos’è che la rende offensiva e cosa invece la rende rivendicabile. L’indagine che i singoli e le varie organizzazioni fanno dell’uso del termine, e della sua attenta valutazione, permettono di fare alcune considerazioni su come è stata riabilitata negli ultimi decenni.
Il primo gruppo a rivendicare pubblicamente la parola queer è stato un gruppo di attivisti newyorkesi che negli anni ’90 si sono ribattezzati “Queer Nation” enfatizzando il fatto che queer fosse più inclusivo rispetto a lesbica o gay. La “Queer Nation” pensava che, se le persone LGBT avessero rivendicato la il termine, lo si sarebbe tolto dalle mani e dalle bocche di chi era contro di loro. La “Queer Nation” si è interrogata, si è arrabbiata e ha combattuto contro molte forme di oppressione che schiacciavano la comunità queer.
Da allora, molti hanno rivendicacato la parola, reintegrandola nel proprio linguaggio quotidiano, nelle finalità delle proprie organizzazioni, e nel materiale educativo LGBT sia religioso che laico. Il sito feministing.com spiega l’uso la parola queer perché comprende molte espressioni di orientamento sessuale e non le limita solamente a due come fa il termine “bisessuale”. Il sito riconosce anche che non tutti ne danno un significato positivo.
“Outright Vermont”, un’organizzazione che lavora per educare i giovani queer a comportamenti sani e sicuri, dedica una sezione del proprio sito a spiegare il perché usino la parola queer. Nell’analizzare la definizione e la storia del termine, l’organizzazione sottolinea che queer comprende, tra gli altri lesbiche, gay, bisessuali, transgender, intersesessuali, queer, e indecisi.
Anche in molti contesti religiosi ci si è appropriati della parola. L’Unitarian Universalist Association include nel suo sito una definizione di queer e offre risorse religiose come sermoni, libri e suggerimenti per l’accoglienza e l’inclusione delle persone queer. La blogger Nicole King, che fa parte della comunità cristiana LGBT “Believe Out Loud”, scrive che la parola queer è redentrice, crea solidarietà e scompiglia le gerarchie.
Mentre alcune persone provano sicurezza ed inclusione nel rivendicare la parola, altri continuano a percepirla come denigratoria e prendono posizione distanziandosi dalla comunità LGBT. C’è anche chi pensa che non descriva accuratamente la propria identità e il proprio orientamento, e altri che credono che sia stata usata con un significato negativo per così tanto tempo che non si può più riabilitarla.
Quando va bene usare la parola “queer”? Si può usare queer come una parola che comprenda molte identità e orientamenti sessuali, è si può anche usarla secondo le sue storiche e penose connotazioni anti-LGBT. Bisogna considerare attentamente molti fattori per sapere se la si usa in modo propositivo od offensivo: il contesto, chi parla o chi scrive, chi legge o ascolta, le altre persone presenti e il modo in cui ci si porge sono tra i più importanti.
Sopattutto, il fattore chiave per usare queer in modo rispettoso si basa sulla visione che la persona ha di sé. Ci sono molte ragioni per cui qualcuno sceglie di identificarsi come queer, come ce ne sono molte altre per non scegliere di identificarsi come tale. Alcune persone si sentono a proprio agio usando diversi termini per descrivere la propria identità sessuale e/o il proprio orientamento; per esempio, una persona potrebbe definirsi queer e bisessuale, o queer e transgender. Altri percepiscono il termine come offensivo e preferiscono non usarlo affatto.
I suggerimenti dell’Unitarian Universalist Association per il riconoscimento di chi si sente queer sfida la gente ad andare oltre al dualismo gay/etero e maschile/femminile. Fortunatamente c’è anche chi la pensa diversamente, usando “children” (termine inglese neutro) invece di “ragazzi e ragazze” o “siblings” (altro termine neutro) invece di “fratello e sorella”. L’uso continuato di termini non-binari fa spazio a quelli che si sentono queer, aiutandoli a riappropriarsi di una parola che sentono adatta a sé.
*Miriam Samuelson-Roberts è una diplomata del 2015 della Yale Divinity School. Vive a Minneapolis, e si sta preparando all’ordinazione nell’Evangelical Lutheran Church americana.
Testo originale: Why “queer”? Is it a slur?