«Cosa ti ha detto Dio?». Il cammino di suor Derouen con le persone trans
Reportage di David Van Biema* pubblicato sul sito di Outreach (USA) il 19 agosto 2024 e liberamente tradotto da Luigi , Valeria e Ilaria de La Tenda di Gionata, Sesta parte
Nel 2005, quando l’uragano Katrina devastò New Orleans, le Missionarie Eucaristiche andarono via dalla città. Derouen decise perciò di continuare il suo ministero a Tucson, in Arizona. A Tucson c’era una comunità transgender attiva e lei si si fece conoscere in breve tempo. La casa in cui viveva aveva un cortile in stile spagnolo circondato da un muro di due metri che garantiva la privacy. Si trovava ai piedi del Sentinel Peak, conosciuto in zona come la “Montagna A” per via di un’enorme lettera A costruita nel 1916 dagli studenti dell’Università dell’Arizona.
Una persona transgender del posto le disse: «Sei una certezza. Anche chi non è mai stato da te sa che sei ai piedi della ‘Montagna A’». Una parte del lavoro di Derouen riguardava le famiglie di persone transgender cattoliche. Quince Mountain, la scrittrice transgender che ha osservato Derouen al lavoro, afferma che: «Il messaggio che arrivava alle famiglie era che, se questa persona, vero e proprio pilastro nella Chiesa, mostra sostegno alle persone transgender, allora forse i nostri figli non sono, dopo tutto, in contrasto con la nostra tradizione e i nostri valori».
Derouen ha seguito anche persone che non erano cristiane, ma il suo impegno principale rimane quello con i cattolici. Stephanie Battaglino, ex vicepresidente della New York Life Insurance, ha conosciuto per caso Derouen a un convegno in un modo ormai noto a tutti. («Mi avevano detto: ‘È una suora che si occupa della comunità trangender’», ricorda Battaglino. «Mi sono detta: ‘Mi state prendendo per il culo’».) Battaglino, che è cresciuta in una famiglia cattolica della classe operaia del New Jersey, aveva affrontato gli anni della transizione senza il sostegno della sua comunità parrocchiale. «Non c’era nessuno che fosse anche solo lontanamente interessato ad ascoltare i miei problemi personali», racconta.
Aveva iniziato a definirsi «cattolica non praticante» e a frequentare una chiesa episcopale più aperta sulle questioni relative al genere, ma cercava risposte che andassero oltre la semplice frequentazione della chiesa. «Dove trovo la grazia di Dio?», dice. «Come la riconosco nel corso della vita? Insomma, era come se avessi bisogno di un cifrario. Non c’erano state risposte spirituali per me finché non ho incontrato suor Derouen». Durante la loro prima chiacchierata le chiese se le sarebbe piaciuto innamorarsi di Dio. «Era tranquilla», dice Battaglino. «Sapevamo che era lì per aiutarci e che conosceva il nostro percorso».
Qualche mese dopo raggiunse Derouen a Tucson per un ritiro spirituale di quattro giorni.
Ogni mattina, con l’aria fresca, Battaglino andava a correre nel letto asciutto del fiume Santa Cruz. Dopo la colazione in silenzio e un po’ di preghiera Derouen le indicava dei passi delle Scritture o altre letture, secondo lo schema generale degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio Loyola, con cui pregare durante il giorno. Battaglino leggeva, pregava, meditava, faceva yoga (abitudine personale) e scriveva un diario. Ogni sera si incontravano per i vespri. La mattina dopo, Derouen chiese: «Cosa ti ha detto Dio?».
Oltre alla ricerca della fede, la donna era alle prese con un momento di cambiamento professionale. Dopo aver fatto coming out con successo nel mondo aziendale, ora stava considerando l’idea di dedicarsi a tempo pieno all’attivismo per la comunità transgender. Ma questo avrebbe comportato la necessità di diventare un personaggio pubblico, il che era in contrasto con la sensazione di essere «incongrua» e con il ricordo del suo defunto padre, che aveva vissuto secondo quello che Battaglino aveva interpretato come un codice di umiltà tipico della Grande Depressione: «Non è proprio il caso di dire a tutti quanto sei brava».
Diciassette anni dopo Derouen ricorda di aver capito che il dilemma dell’umiltà era «una prerogativa cattolica», legata a un concetto morale del sé molto diffuso nella Chiesa americana prima del Concilio Vaticano II. L’egoismo era un peccato. L’ideale era l’altruismo, spesso rappresentato come una attenzione e dedizione ai bisogni degli altri fino al punto di annullare se stessi. Questa impostazione era applicata con particolare enfasi alle donne, ma anche ai laici nei loro rapporti con l’autorità gerarchica. Ai cattolici transgender questo approccio trasmetteva il messaggio che vivere la propria identità fosse sbagliato nella misura in cui avrebbe disturbato la vita di altri.
Derouen le dette da leggere Guarire lo scopo della propria vita, una guida di ispirazione gesuitica utile per scoprire gli “ordini sigillati” di Dio (ndt. pergamene sigillate con ceralacca, metafora di indicazioni da conoscere al momento giusto) non tutti insieme, ma in modo progressivo, nel corso della vita. Battaglino pregò anche sull’invito contenuto in Mt 5,15 a non nascondere la propria «lampada sotto il moggio», ma a lasciare che gli altri «vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli». Battaglino scrisse una lettera al suo padre biologico, piangendo mentre scriveva. Le due donne approfondirono la questione giorno dopo giorno. Il quarto giorno era domenica e Battaglino partecipò alla Messa con Derouen. Dopo quel ritiro si incontrarono con regolarità ogni mese per anni.
Battaglino è diventata una scrittrice (Reflections From Both Sides of the Glass Ceiling: Finding My True Self in Corporate America – I due lati del soffitto di cristallo: alla ricerca del mio vero sé nell’America imprenditoriale) e un’esperta della gestione delle diversità i cui clienti più recenti includono Athenahealth e TD Bank.
«Quel ritiro ha creato in un certo senso le condizioni per chiudere un capitolo della mia vita in cui c’era molto dolore, molta angoscia e quant’altro», dice, «e passare a un nuovo capitolo in cui potessi davvero celebrare me stessa e i doni che Dio mi aveva dato». «È stata anche», dice, «l’immersione più profonda che abbia mai fatto nel cattolicesimo». Ha smesso di definirsi «non praticante».
Oltre ad annotare la sua vita interiore e le sue preghiere, il diario di Derouen, a partire dal 1999, rappresenta una sorta di affresco della vita di chi fa un percorso di affermazione di genere. Molti passaggi sono pieni di un grande dolore. Ma sono anche pieni di speranza e felicità. Derouen condivide un pasto con un’amica che si veste, per la prima volta, con gli abiti giusti. Accompagna un’altra persona a disagio per l’uso di un bagno femminile. Un uomo transgender chiama dal suo letto d’ospedale dopo un tentativo di suicidio; lei arriva e trova un parente che lo rimprovera e se ne va infuriato dalla stanza. Una donna cerca assistenza per il marito, che ha avviato un percorso di transizione. Dopo aver riflettuto e pregato a lungo, anche la donna inizia un percorso di affermazione di genere. Stacy diventa Pete e Mike diventa Liz (non sono i loro veri nomi). Anni dopo, Pete si risposa con una donna e Liz viene coinvolta come organizzatrice del suo matrimonio.
Un’altra coppia si reca a Tucson: il marito decide di procedere alla transizione e la moglie dichiara che se lo farà, lo lascerà. Lui molla.
Depressa dalle notizie di un documento anti-transgender uscito dal Vaticano, una donna transgender chiede a Derouen: «Gesù ha scelto di morire per amore nostro, quindi perché io non posso scegliere di morire per amore della mia famiglia, per non farle provare questo inferno e costringerla a sopportare un mostro come me?». Alla fine ritorna in sé. Sempre nel diario, Derouen scrive: «Seguirei fedelmente la scia di queste persone per andare in paradiso».
*David Van Biema è stato il capo redattore della sezione religione per la rivista Time, dove ha lavorato dal 1993 al 2008. I suoi scritti sono apparsi su The Atlantic, America, Religion News Service e altri.
Testo originario: No Body Now But Yours