Cosa turba di più nel caso dell’escort e dei preti gay
Articolo di Francis DeBernardo pubblicato sul blog dell’associazione cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 14 marzo 2018, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
La scorsa settimana è stata diffusa la notizia secondo cui l’arcivescovo di Napoli ha sottoposto al Vaticano un dossier di 1.200 pagine, messo insieme da un escort, che a quanto è trapelato identifica 36 preti e 4 seminaristi, provenienti da tutta Italia, come “gay praticanti” e che avrebbero avuto conversazioni con l’escort. Questa storia è inquietante per più ragioni, ma non tanto per i presunti rapporti sessuali dei sacerdoti. Uno degli aspetti che più disturbano è quanto poco si sa sul contenuto del dossier, come se le sole parole “gay”, “prete” ed “escort” fossero sufficienti, e sufficientemente pruriginose, per rendere il dossier degno di nota.
Un altro aspetto deplorevole è l’atteggiamento vendicativo dell’arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe, che emerge dal suo comunicato stampa. Come riporta l’Associated Press: “In una dichiarazione comparsa sul sito web diocesano, l’arcivescovo Crescenzio Sepe non ha fatto cenno ai preti napoletani citati nel dossier; ha però deciso di inoltrarlo al Vaticano perché ‘rimane la gravità di questi casi, per cui chi ha sbagliato deve pagarne il prezzo ed essere aiutato a pentirsi per il male fatto’”.
L’escort in questione, di nome Francesco Mangiacapra, afferma che nel dossier non si trova nulla che abbia a che fare con minori e che esso documenta “peccati, non reati”. Ma “far pagare il prezzo” per il peccato è una risposta autenticamente pastorale? Forse è un problema di traduzione, ma dalla dichiarazione del cardinale sembra emergere un pastore preoccupato soprattutto di punire. Mi chiedo poi quanto di questo spirito punitivo sia innescato dal fatto che i preti coinvolti sono gay. Parlerebbe altrettanto duramente se fossero eterosessuali? E cosa l’ha spinto a portare il dossier all’attenzione del Vaticano invece che a quella dei superiori dei sacerdoti e dei seminaristi?
Sorprende forse che 36 preti e 4 seminaristi abbiano chattato con un escort? In Italia ci sono circa 50.000 preti, più che in qualsiasi altro Paese del mondo, perciò i 40 uomini rappresentano lo 0,08% dei preti italiani (seminaristi esclusi): una piccolissima frazione dell’1% del clero italiano sarebbe gay e ha chattato con un escort. Dato che, molto probabilmente, una forte percentuale dei sacerdoti è gay, non mi pare un numero scioccante. So bene, ovviamente, che non tutti i sacerdoti, gay o etero, sono sempre rimasti del tutto celibi.
Sono sicuro che molti di loro, una volta o l’altra, hanno avuto rapporti sessuali con altri adulti in una relazione romantica, un rapporto occasionale o nella tentazione di un momento. Quando questo accade, la Chiesa e i suoi vescovi dovrebbe rispondere in modo compassionevole verso tutte le persone coinvolte. In questo caso, sappiamo che il cardinal Sepe ha inoltrato il dossier alle alte sfere della Chiesa, ma le diocesi coinvolte hanno risposto in maniera compassionevole verso i loro sacerdoti? E l’escort, Francesco Mangiacapra, è stato trattato in maniera compassionevole da qualche vescovo?
Purtroppo, dato che i vescovi continuano ad ignorare l’esistenza dei sacerdoti e dei seminaristi gay, i loro doni e le loro esigenze, di tanto in tanto emergeranno sempre storie sensazionalistiche come questa. Invece di riconoscere la loro presenza, le alte sfere della Chiesa fanno finta che la nuova regola, ingiusta e male impostata, secondo cui i gay non possono essere ordinati al sacerdozio, sia stata un successo, il che non corrisponde affatto alla verità.
L’iniziativa di escludere i gay dal sacerdozio, infatti, è molto probabilmente la ragione per cui alcuni preti gay si danno in modo malsano al sesso non protetto. Questa regola getta sulle loro spalle un tremendo fardello di vergogna, paura, alienazione, rinnegamento di sé, rabbia, tutte emozioni che, secondo gli esperti, inducono molto spesso a comportamenti sessuali a rischio. Ci sono poi altre ripercussioni, più insidiose ancora: censurando in pratica ogni dibattito sull’omosessualità nella Chiesa, il canale principale attraverso cui l’opinione pubblica viene a sapere dei preti gay sono gli scandali urlati dai titoli dei giornali: queste notizie sensazionalistiche sono quasi le uniche che emergono su di loro.
Immaginate invece di leggere le storie del coraggioso ministero di molti sacerdoti gay, come quello del padre francescano Mychal Judge, il cappellano dei vigili del fuoco di New York morto nell’assolvimento del suo dovere l’11 settembre 2001, o quello di padre Fred Daley, di Syracuse, nello stato di New York, che si stava preparando per andare in missione all’estero per conto dell’agenzia Catholic Relief Services, fino a che il suo incarico venne revocato perché si seppe che era gay. Non sarebbe bellissimo se potessimo leggere tante storie come quella di padre Greg Greiten, sostenuto con entusiasmo dai suoi parrocchiani dopo che uscì allo scoperto durante un’omelia avventizia?
Potrei andare avanti per molto. Le storie dei sacerdoti gay che ho avuto il privilegio di conoscere in 25 anni di impegno con i cattolici LGBT sono testimonianze stupende di fede e di grazia. Francesco Mangiacapra afferma di avere deciso di rendere pubblico il dossier perché stanco dell’ipocrisia dei preti da lui conosciuti. Non conosco le storie degli individui coinvolti, ma in questo caso l’ipocrisia più grande è quella dei vescovi che parlano male delle persone LGBT, causano enormi sofferenze ai gay che dedicano la vita al servizio della Chiesa e poi puniscono e coprono di vergogna i preti che cercano conforto dalle loro continue condanne in luoghi segreti, che non faranno altro che fare loro ancora più male. Non ci può essere nulla di meno pastorale e di meno giusto.
Testo originale: What’s Troubling About a Male Escort’s Revelations About Italian Priests