Cos’è l’outing? E perchè è una violenza per le persone LGBT
Articolo di Teresa Kane* pubblicato sul sito My Kid is Gay (Stati Uniti), liberamente tradotto da Chiara Benelli
Definiamolo: L’outing è la rivelazione, deliberata o accidentale, dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere di una persona LGBTQIA, senza che questa ne sia al corrente o ne dia il consenso.
Spieghiamolo: Il genere e la sessualità sono sfere di vita strettamente personali, e, per qualcuno, anche private. Le persone scelgono di fare coming out quando più se la sentono. C’è anche chi sceglie di non dichiararsi mai, o di condividere questa parte della vita solo con poche persone fidate. Se riveli queste informazioni private, stai causando un danno che può avere ripercussioni a lungo termine. Che sia fatto di proposito o in via accidentale, l’outing priva la persona che lo subisce della libertà di dire al mondo in cosa si identifica, le nega la riservatezza e le complica eccessivamente le cose in termini di vita sociale, familiare, religiosa, romantica e lavorativa.
L’outing può verificarsi in molti modi. Può avvenire accidentalmente, come quando riveli che la tua amica ha una fidanzata mentre sei a cena con la tua famiglia, o può essere pubblico, come quando vengono diffuse le foto di un politico che si bacia con un misterioso fidanzato. Altri esempi di outing possono essere spettegolare in sala professori di uno studente che ti ha confessato di avere una cotta, o ancora postare su Instagram la foto di una tua amica che si presenta come donna per la prima volta.
In poche parole, l’identità di genere o la sessualità di qualcuno non sono informazioni da rivelare. Il modo migliore per evitare casi di outing è chiedere alla persona in questione chi è al corrente della sua storia, e in che modo poterla sostenere.
Sfatiamo il mito: Se qualcuno ha fatto coming out con te, allora l’ha fatto con tutti.
Il coming out di solito avviene in modo graduale, o per aree della propria vita. Magari tutti gli amici ne sono al corrente, ma i genitori non ancora. Oppure potrebbero saperlo tutti tranne i nonni, che pagano il college. Molti insegnanti (la maggior parte, scommetto) scelgono di non farne parola con gli studenti. Io personalmente non parlo della mia sessualità in classe, ma nel privato sono orgogliosamente dichiarata.
Non dare per scontato che solo perché tutti nel tuo club escursionistico sanno dell’identità trans del tuo amico, tu possa tranquillamente postare contenuti su Facebook al riguardo. Parlane sempre col tuo amico prima di commentare o pubblicare materiale che potrebbe rivelare qualcosa. In generale, sui social media, è sempre buona norma non postare foto di qualcuno senza esplicito consenso.
Al giorno d’oggi non c’è nulla di male ad essere LGBTQIA, quindi poco male se ti scappa detto qualcosa.
È vero: vivere apertamente e orgogliosamente la propria identità è molto più facile oggi di quanto lo fosse anche solo dieci anni fa. Stiamo facendo passi da gigante in fatto di rappresentanza nei media, i politici queer e trans vengono eletti, il matrimonio egualitario è un diritto federale. Essere LGBTQIA è una passeggiata, giusto? Non proprio.
Stando al Workplace Equality Fact Sheet del 2017, in 28 Stati [degli Stati Uniti] è possibile venire licenziati solo perché si è omosessuali o bisessuali, in 30 Stati si può venire licenziati per essere transgender. Le minacce di violenza a queer o trans (o anche solo la possibilità che si verifichino) sono una realtà.
Alcune persone dipendono dai famigliari, che non esiterebbero a tagliare i ponti coi propri figli se scoprissero la loro omosessualità. Molte comunità religiose non riconoscono l’identità LGBTQIA. Per alcuni, nascondere la propria identità è questione di vita o di morte. Anche se fare coming out non è rischioso, le persone potrebbero considerare la propria sessualità inappropriata o fuori luogo. Non tutti scalpitano per spiegare il poliamore pansessuale alla prozia novantenne.
Solo perché magari per te è facile essere apertamente queer o trans, non significa che sia necessariamente così per tutti. Rispetta i desideri e la privacy altrui.
L’outing è accettabile se è per il “bene collettivo”.
È vero, alcuni potenti sono queer non dichiarati. È vero, alcuni di loro sono omofobi e approvano leggi che nocciono alla nostra comunità. È vero, è doloroso. Ma no, rivelare il loro orientamento per “il bene collettivo” non va affatto bene. Alcuni attivisti LGBTQIA potrebbero dissentire con me al riguardo, ma credo che dobbiamo far valere le stesse regole per tutti.
L’outing come atto politico può ritorcersi contro la nostra comunità. Quando ci abbassiamo a diffondere foto private, o esortiamo qualcuno ad andare a un appuntamento solo per poterlo poi pubblicare su un sito di gossip, la nostra credibilità ne esce ridimensionata. Se vogliamo vincere la lotta contro la bigotteria, dobbiamo combattere lealmente.
Vip e politici non hanno diritto alla privacy.
La fama è davvero interessante. Dopo esserti guardato in men che non si dica un’intera serie TV da cima a fondo, può sembrarti addirittura di “conoscere” la tua attrice preferita. Puoi anche arrivare a pensare che, vivendo sotto i riflettori, i vip hanno automaticamente rinunciato al diritto alla privacy. Non è così. Anche loro vivono di sentimenti, rapporti e sessualità, proprio come tutti noi. Se in un ristorante vedi un’attrice famosa abbracciata a una donna, e ti viene voglia di postarla su Internet, fermati un attimo e pensa a come ti sentiresti tu se i tuoi momenti privati diventassero all’improvviso di pubblico dominio.
Inoltre, vale la pena ribadire che, se anche vedi una persona famosa (o anche non famosa, in questo caso) che si abbraccia/scende dall’auto/cammina accanto a qualcuno del suo stesso sesso, non è detto che sia in automatico omosessuale. Chi l’accompagna potrebbe tranquillamente essere una cugina, una figliastra, un’amica francese che per salutare bacia tutti. Le congetture potrebbero diffondere voci false.
Se spingi qualcuno a dichiararsi, gli/le fai un favore.
Ti sento mentre dici: “Ma il mio amico non rischia nulla se fa coming out, la sua famiglia è troppo avanti, il suo capo è gay, e poi io ce lo vedrei così bene su un carro del Pride! A quest’ora avrebbe già dovuto dichiararsi”. Capisco. Ho amici che, per ragioni per me del tutto incomprensibili, ancora non fanno coming out. Vorrei che si sentissero abbastanza liberi da dichiararsi. Però non se la sentono. E non sono fatti miei. Anche questi non sono fatti tuoi. Salta sul tuo carro del Pride e porta il tuo amico nel cuore.
* Teresa Kane vive a Portland, nell’Oregon, ed è insegnante e scrittrice. La sua opera spesso verte sull’intersezione delle sue identità queer e musulmana. Si è laureata alla Virginia Commonwealth University e alla George Mason University, e ha studiato il linguaggio dei segni americano alla Gallaudet University. È appassionata di arte, femminismo, dialogo interreligioso e del corretto utilizzo della grammatica.
Testo originale: Defining: Outing