Crescere attraverso tutte le mie prime volte. Dal coming out al primo amore
Testimonianza di Khalid El Khatib* pubblicata sul sito My Kid is Gay (Stati Uniti), liberamente tradotta da Chiara Benelli
Sono più di dieci anni che sono gay dichiarato. Ormai sto esaurendo le “prime volte”, e a pensarci mi rendo conto che sono queste a scandire gran parte della mia storia personale. Per quanto la prima volta che ho detto “sono gay” (con altre parole, molto meno rassicuranti) sia stata importante, di certo non direi che è stata la più intensa.
Mia madre, che è stata la mia sostenitrice più affettuosa in questo lungo viaggio, sarebbe d’accordo nel dire che la mia fase di coming out non sia stata di certo più difficile dell’inizio e della conseguente fine della mia prima storia d’amore.
Tutti i primi amori sono molto delicati da vivere (lo si può vedere in qualsiasi romanzo adolescenziale), ma fare coming out a 19 anni significava che mi ero praticamente saltato la fase dei tentativi e degli errori, quando gli amori adolescenziali sbocciano come fiori.
Sono fermamente convinto che questo fatto abbia influenzato in qualche modo la mia maturità emotiva (e molti miei coetanei si dicono nella stessa situazione mia). Quando fai coming out al liceo, le storie d’amore non mettono il turbo così in fretta e gli errori sono più facili da perdonare. Se il college è un terreno fertile per la sperimentazione, il liceo è l’ideale per le cotte.
Gli appuntamenti sono stati difficili, non solo per la mia inesperienza. Come se non bastasse, non vivevo bene la mia identità. Nonostante tutto il sostegno e tutte le rassicurazioni che ricevevo da amici e familiari, non ce la facevo neanche a sopportare l’idea di un primo bacio in pubblico, figuriamoci quella di stare mano nella mano con un ragazzo.
Un’eccessiva autoriflessione trasforma qualsiasi passante in un accompagnatore, e ogni sguardo fugace in un’occhiata insistente. Le mie prime frequentazioni, nonché molte relazioni da tre settimane, sono state caratterizzate da rotture insensate ed emozioni represse.
Mia madre, ottimista cronica, ha fatto del suo meglio per essermi di aiuto. Durante le vacanze mi ha assicurato che sarebbe stata assolutamente d’accordo se avessi portato a casa un ragazzo. Faceva domande sulle mie uscite, proprio come avrebbe fatto chiunque: dove sei andato? Vi rivedrete? Ma forse c’era un’altra serie di particolari domande che sarebbe stato meglio fare: ti senti a tuo agio a frequentarti con qualcuno? Hai mai preso in considerazione l’idea di fare coming out? Qual è la tua impressione su questa uscita?
C’è una tale pressione diretta a trattare i ragazzi gay allo stesso modo, che forse sarebbe importante riconoscere che la giusta via di mezzo sta nel trattarli “allo stesso modo, ma diversamente”. Le prime fasi delle frequentazioni tra persone dello stesso sesso richiedono la prova del nove che i genitori aperti siano effettivamente pronti a questa nuova cosa.
Personalmente, non è stato prima dei miei venticinque anni che sono diventato “bravo con gli appuntamenti”. Ho trovato un ragazzo intelligente e ambizioso, e dopo alcuni mesi abbiamo rotto, rimanendo in buoni rapporti. Poco dopo, mi sono preso una sbandata, più rapida e violenta, per un’altra persona. E dopo un anno, ci siamo lasciati.
Nelle settimane successive alla nostra rottura, la mia reazione è stata estrema e viscerale. Mi dimenticavo di mangiare, mi deconcentravo facilmente al lavoro, per distrarmi mi sono buttato ossessivamente nella corsa, tanto che mi sono provocato dei danni permanenti ignorando dei dolorosissimi strappi muscolari.
I miei amici erano stufi di sentirmi lamentare, quindi spesso finivo al telefono con mia madre. Lei mi suggeriva saggiamente che forse le cause di quella mia depressione per una relazione che sembrava condannata fin dall’inizio andavano ricercate nel fatto che mi ci erano voluti ventisei lunghi anni prima di realizzare che il mio cuore poteva spezzarsi, ma avrei ancora dovuto imparare da solo che sarebbe stato anche in grado di guarire.
Mentre continuavo la mia vita, capii che aveva ragione. In effetti, per la mia guarigione non c’era intuizione più vera di quella. Non avevo trascorso l’adolescenza a prendermi pugni sulle spalle, e di conseguenza non ero preparato a incassarmi quello nella pancia.
Le commedie romantiche e le canzoni sulla fine delle storie lasciano il tempo che trovano nel trasmettere un insegnamento; siamo tanto intelligenti quanto ci hanno preparato ad esserlo le esperienze di vita, e in tutto questo io sono stato “giovane e stupido” più a lungo della media.
I genitori sono i nostri migliori alleati e i nostri migliori biografi: conoscono bene i brividi e dolori del primo amore, e spesso conoscono la nostra vita meglio di noi. La crescita sarà sempre influenzata dal raggiungimento della maturità, e il modo in cui i genitori mettono in relazione questi due aspetti può risultare molto utile, specie nei momenti difficili.
Quando si parla di prime esperienze di frequentazione gay, non ci sono argomenti facili da affrontare, ma forse c’è più bisogno di provare empatia e di agire con un senso di comprensione.
Quando un figlio gay inizia a frequentarsi con qualcuno, la curva dell’apprendimento improvvisamente si fa più ripida e nitida. Tenete a mente che, se passata la pubertà, un cuore ha continuato a vivere per alcuni anni nella più totale segretezza, sarà anche più incline a spezzarsi facilmente.
* Attualmente Khalid El Khatib sta scrivendo il suo primo libro: le memorie della sua infanzia nello Iowa, della sua giovinezza a New York e di come essere un gay con un padre devoto musulmano ha influito su quei due periodi. Scrive sull’Huffington Post, su Hello Mr. e su altri periodici online sulle tematiche del tempo libero, dell’intrattenimento e della tecnologia. Vive a New York e lavora nel campo del marketing digitale. Originario di Dubuque, nell’Iowa, Khalid si è laureato in scrittura creativa, scienze politiche e psicologia alla Washington University di St. Louis.
Testo originale: Is a First Relationship as Big a Milestone as Coming Out?