Crescere con i segreti. Quel batticuore per un altro ragazzo
Riflessioni di Marta*, semplicemente una madre
Dalla scuola materna in su (Marco è stato) sempre circondato da bambine. Non era strano, poiché in quell’anno erano nati pochi maschietti, e le femminucce erano sempre in abbondante maggioranza. Alle elementari, se ricordo bene, nella sua classe c’erano una ventina di bambine e forse quattro maschietti. Era andata così, in quell’anno, la distribuzione delle X e delle Y.
A differenza del fratello, Marco non voleva mettere i vestiti della cuginetta più grande, quelli proponibili anche per un maschio, ovviamente. Marco, sin da piccolino, voleva solo vestiti che fossero chiaramente maschili. Marco stava molto attento a ciò che gli proponevo, Alberto non se ne curava affatto. Erano così diversi! Ma è normale che siano diversi, i figli, no?
A sei-sette anni Marco veniva a camminare con me, la sera, in quei tentativi che facevo per rilassarmi e fare anche un po’ di movimento. Erano passeggiate sempre impegnative, con Marco. Chiacchierava, chiacchierava, chiacchierava senza pausa. E mi raccontava, mi raccontava i suoi sogni, i suoi programmi per quando sarebbe diventato grande.
“Farò l’avvocato, avrò tanti soldi, mi farò una casa grande, con un bellissimo giardino, e avrò almeno cinque bambini”. E io tremavo all’idea di avere cinque nipotini da accudire, nella mia vecchiaia… Sì, almeno cinque figli voleva avere.
Qualche anno dopo, una sera, ricordo come fosse adesso, mentre si preparava per andare a dormire, mi chiese: “Mamma, cosa significa quando vedi una persona e ti batte il cuore?”. Si affrettò a dirmi che non riguardava lui, ma un suo amico. Gli chiesi: “Batte il cuore e si è felici di vedere quella persona?”. “Sì”, rispose, in attesa della mia risposta. Gli sorrisi, e gli dissi semplicemente la verità: “Che è innamorato!”
Così quella sera parlammo un po’ dell’amore. Di quello che lui diceva essere accaduto al suo amico. La sera dopo prese coraggio e mi disse che non si trattava di un amico, ma di lui stesso. Lo guardai, sorridendo: “E chi è lei? Claudia?”. Mi colpì subito molto lo spegnersi improvviso del suo sorriso. Non ricordo se disse SI o NO, ma cambiò subito discorso. Claudia.
Le maestre mi avevano raccontato che erano sempre assieme, lui e Claudia. Per questo pensavo che tra tutte le fanciulle che lo circondavano sempre, il suo cuoricino di otto o nove anni avesse iniziato a battere per Claudia. Fra tutti gli episodi della sua infanzia, fu a questo che pensai di più quando, un anno fa, ci disse della sua omosessualità.
Non avevo capito niente. Non era Claudia. E il fatto che io dessi per scontato che fosse una femmina, gli fece capire subito quali fossero le mie aspettative, e gli fu subito chiaro che non potevo neppure immaginare che invece di Claudia a far battere il suo cuore fosse Francesco, o Giacomo, o chissà quale altro compagno di scuola.
Innamorarsi è bellissimo. Innamorarsi da bambini ancora più bello. Perchè sono stata così cieca da non vedere, allora, che era possibile, per Marco, innamorarsi anche di un maschio? Perchè non sono stata capace di dirgli che innamorarsi è bellissimo, e che ci si può innamorare di un maschio o di una femmina, e che entrambe le situazioni vanno bene, sono belle?
Forse da lì in poi Marco iniziò a selezionare le cose da raccontarmi. Anni dopo, quando mettevo in evidenza la bellezza del nostro dialogare in famiglia, lui mi precisava sempre che in realtà mi raccontava quello che voleva, e non mi raccontava mai tutto.
Rispettavo le sue scelte di non raccontare tutto. Sono consapevole che una madre non può essere una amica, e so che va bene così. Ma non immaginavo che cosa fosse il non detto di mio figlio Marco, fino a quella sera che decise lui di dirmelo, con gli occhi bassi e le mani bianche.
Nei giorni che seguirono il suo coming out, gli chiesi di quella volta che gli batteva il cuore innamorato. Non mi disse chi era, ma mi disse che no, non era proprio per niente Claudia.
E così, adesso pare sia uscito a cena con gli amici di scuola. Forse. O forse no. Dove sia davvero non lo saprò mai. Ma mi basta che torni a casa, e che stia bene.
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* Conosco Gionata.org ormai da anni. È stato il luogo che più ho frequentato in internet per cercare di capire un’altra vicenda fondamentale nella mia vita. Qui ho conosciuto persone molto belle. E ho avuto modo di conoscere di persona anche i webmaster.
Giorni fa, parlando con Innocenzo, gli ho detto che mi piacerebbe scrivere di queste mie vicende su Gionata, ma che non so neppure da dove cominciare, tanto è un groviglio, che non è facile dipanare.
“Fallo a puntate”, mi ha risposto. E allora, se volete, questa può essere una puntata, un po’ diario, un po’ ricordo. Un racconto in itinere. Che un po’ va avanti, e un po’ torna indietro, per cercare di capire, e trovare il filo di una vicenda normale, perché normale è innamorarsi e amare, anche se l’orientamento non è quello normalmente considerato normale.
Non ho idea di come andrà a finire, perché si sta ancora svolgendo. E io non ho ancora compreso tutto. Anzi, a volte mi pare di non aver capito niente.