Crismhom: i cristiani omosessuali di Madrid e l’essere chiesa
Articolo di Inés Santaeulalia tratto da El Pais (Spagna) del 13 marzo 2011, liberamente tradotto da Dino
Chema voleva diventare prete. E’ stato per cinque anni in seminario e ne è uscito prima dell’ordinazione, messo in guardia dalla sorte di altri suoi compagni.
Se qualcuno si dichiarava omosessuale, veniva messo alla porta. “C’era chi non lo rivelava per poter essere ordinato” dice. Ma lui non era disposto a far ciò.
Voleva essere prete, ma senza rinunciare ed essere quello che era: omosessuale e credente. Allora se ne è andato sbattendo la porta.
E questa non è l’unica vocazione ad essersi persa per strada, tra le tante che la Chiesa vede progressivamente venire a mancare.
Questo giovedì sera, dopo la preghiera settimanale, un gruppo di ragazzi si riunisce in un locale di Chueca che richiama l’attenzione già dall’esterno. Crismhom: Cristiani Omosessuali di Madrid, così dice una colorata insegna sopra la porta.
Malgrado lo stupore della maggior parte delle persone che si imbattono in questo posto, il numero dei soci e dei simpatizzanti è in continuo aumento.
Se nel 2006, quando il gruppo iniziò il suo cammino, c’erano appena quattro persone ad assistere all’orazione, questo giovedì sera sono più di 40.
Ex seminaristi, ingegneri, professori ed anche degli eterosessuali.
Javier, il presidente dell’associazione, commenta con orgoglio che ci sono un paio di donne di una certa età “fedelissime” che non si perdono neppure una riunione. La porta è aperta a tutti.
“Non credo che nella Chiesa ci sia un’altra realtà tanto ricca come questa”, dice Javier, che approfitta di ogni occasione per puntualizzare che essi “come tutti i credenti” costituiscono parte della Chiesa. E a modo loro si sentono pastori.
“Ci sono persone che tornano alla Chiesa grazie a Crismhom. Se noi non facciamo evangelizzazione all’interno del gruppo, nessun altro lo farà”.
Il suo impegno ha consentito già di raggiungere i 110 simpatizzanti, ognuno con la propria storia.
Nel caso di Ivan, che ha anche passato un anno in seminario, due religiosi dei Marianisti sono stati decisivi nel momento dell’accettazione della sua omosessualità.
Di fronte alla confusione del ragazzo, che allora aveva 19 anni, uno dei due lo invitò a guardare dentro se stesso e quello che vi avrebbe trovato sarebbe stato buono.
Poco dopo l’altro sacerdote ha dissipato tutti i suoi dubbi: “Un giorno la Chiesa finirà con l’accettarlo, mentre io lo accetto già ora” gli disse.
Nonostante il messaggio ufficiale del Vaticano, contrario all’omosessualità, in Crismhom tutti sostengono che c’è una parte della Chiesa che lotta per ottenere il suo spazio.
Semplicemente queste persone aspettano che ci sia un cambiamento. La loro vita dentro il gruppo omosessuale, malgrado l’iniziale sorpresa che è shoccante, è molto più facile.
“Mi sento più libero come cristiano tra gay che come gay tra cristiani”, dice Ivan nonostante gli appoggi che ha ricevuto a suo tempo.
Come lui, anche Javier ha avuto problemi quando ha rivelato la sua omosessualità “a tutta la gente della sua parrocchia”, alla quale era molto legato fin da bambino.
Ora passa molto tempo in Crismhom e il passaggio dalla parrocchia al locale di Chueca non avrebbe potuto essere più fortunato.
Ha conosciuto Chema e da allora è il suo compagno.
Anche se a Crismhom sostengono che nessuno si avvicina al gruppo “solo per cercare nuovi contatti” è normale che prendano inizio delle relazioni.
“Qui conosci gente che cerca qualcosa di più che trascorrere una notte con una persona diversa, là fuori a volte è difficile incontrare un partner”, dice Chema.
Ex seminaristi, coppie, eterosessuali… ma nemmeno una donna. Anche se alcune qualche volta hanno preso parte alle attività, nel vedere così tanti uomini finiscono per abbandonare.
“E’ il serpente che si morde la coda, anche se ci piacerebbe che venissero”, commenta Javier.
Ed è merito di una donna se l’associazione ha un locale nel centro di Madrid. Grazie a questo fatto e, come dice Oscar, un altro socio, e ad una “benedizione di Dio”.
La proprietaria dell’edificio al numero 18 di Calle de Barbieri, secondo il racconto di Oscar, desiderava “elevare la spiritualità del quartiere” e dopo averli conosciuti offrì loro poco più di un anno fa quasi gratuitamente il locale.
“La proprietaria è eterosessuale e avrebbe potuto affittare il locale ad un bar per una cifra molto alta”, dice Oscar come per dimostrare che, con i tempi che corrono, l’unica spiegazione a tanta generosità può essere soltanto il fatto che essa arrivi dall’alto.
Testo originale: El ala gay de la iglesia madrileña