Cristianesimo e omosessualità
Riflessioni del teologo Juan José Tamayo* tratte da redescristianas.net (Spagna), 29 maggio 2012, liberamente tradotte da Dino
La fede non stabilisce criteri per giudicare le questioni che sono connesse con la sessualità umana. L’incompatibilità tra cristianesimo e omosessualità è una costruzione ideologica della gerarchia cattolica, costruzione che si è resa evidente in modo scandaloso con l’omelia del vescovo (spagnolo) di Alcalà de Henares, Juan Antonio Reig Plà, ed ha ricevuto l’appoggio della maggior parte dei suoi colleghi.
Manca tuttavia di fondamento, sia sul piano dell’antropologia che su quello della fede cristiana. Personalmente concordo col teologo olandese Edward Schillebeeck sul fatto che non esiste un’etica cristiana riguardo all’omosessualità.
Manca tuttavia di fondamento, sia sul piano dell’antropologia che su quello della fede cristiana. Personalmente concordo col teologo olandese Edward Schillebeeck sul fatto che non esiste un’etica cristiana riguardo all’omosessualità. Si tratta di una realtà umana che non può essere disconosciuta e che va accettata come tale senza ricorrere a criteri morali escludenti.
Non ci sono criteri specificamente cristiani per giudicare questa realtà, come invece ci sono per condannare i rapporti prematrimoniali, i metodi contraccettivi, la fecondazione in vitro o qualche altra questione che riguarda la sessualità umana.
Per questo ritengo giustificata la protesta, e anche l’indignata reazione, dei vescovi nordamericani di fronte alla lettera intollerante e offensiva che il cardinal Ratzinger, quando era presidente della Congregazione per la Dottrina della Fede, scrisse contro l’omosessualità, lettera che è contraria ai progressi della scienza in questo campo, che attenta alla dignità delle persone che hanno questo orientamento sessuale, che limita la libertà individuale e i diritti umani, che lede il principio di uguaglianza e discrimina gli omosessuali nella comunità cristiana.
E mi sembra ugualmente giustificato il veto posto dal Comune di Alcalà de Henares alla presenza del vescovo della diocesi Reig Plà negli atti municipali ufficiali perchè le idee omofobe da lui esposte durante la messa trasmessa in televisione pregiudicherebbero l’immagine della città.
Ma l’aspetto grave di questa vicenda è che i suoi fratelli nell’episcopato, lungi dall’esercitare nei suoi confronti una fraterna correzione, come il Vangelo raccomanda, hanno fatto capannello intorno a lui (tranne poche eccezioni) seguendo la vecchia consuetudine ecclesiale del mantenere e non correggere ed hanno accusato la giunta municipale di disprezzare e perseguitare la Chiesa cattolica.
Molto diverso è stato l’atteggiamento del consiglio direttivo della moschea di Terrassa, che ha allontanato dal servizio religioso l’imam sottoposto a processo perchè nei suoi sermoni incita alla discriminazione e alla violenza contro le donne.
Ricorrere alla Bibbia in modo decontestualizzato, come sta facendo il magistero ecclesiastico, per condannare l’omosessualità mi sembra un atto di fondamentalismo.
E sappiamo già in cosa consiste l’atteggiamento fondamentalista in campo religioso: nell’assolutizzare ciò che è relativo, nel semplificare ciò che è complesso servendosi di risposte di catechismo, nel leggere i testi considerati sacri in modo letterale, senza alcuna mediazione ermeneutica e nel dare risposte del passato a domande del presente.
La maggior parte dei testi biblici citati in quella lettera dal cardinale Ratzinger erano avulsi dal loro contesto, erano interpretati partendo da pregiudizi omofobi e non hanno nulla a che vedere con l’attuale realtà dell’omosessualità. La teologia cristiana del matrimonio dev’essere riformulata in modo che possa avere in sè maggior rispetto e libertà.
La teologia cristiana dell’amore non si riduce al matrimonio tra un uomo e una donna, ma riguarda ogni relazione umana fondata sul compromesso di condividere progetti di vita in comune attraverso relazioni paritarie, simmetriche e non oppressive. E tra questi progetti sono compresi anche i matrimoni omosessuali.
I cristiani e le cristiane omosessuali possono vivere e di fatto vivono l’esperienza sessuale in modo liberatorio e gratificante, proprio come la vivono i cristiani e le cristiane eterosessuali, senza i traumi del passato; e ancor più senza sensi di colpa, senza la sensazione di trasgredire un ordine divino eterno o un ordine naturale immutabile.
Chi pratica relazioni sessuali nelle loro diverse modalità, è consapevole che l’incompatibilità nel cristianesimo non è tra fede ed omo- o eterosessualità, tra l’essere cristiano e l’essere solidale, tra l’amore verso Dio e l’amore tra esseri umani, ma sta nel servire a due padroni, Dio e il denaro, secondo quanto afferma il Vangelo (Matteo 6,24).
Le scelte e le pratiche sessuali devono essere vissute nella libertà, nel rispetto per l’altro, attraverso un rapporto paritario e non oppressivo. Le credenze religiose devono contribuire a vivere tali scelte e pratiche in questo spirito, non devono collocare ostacoli giuridici che le rendono difficoltose o addirittura le impediscono, e non devono provocare maggior sofferenza a chi già di per sè si sente rifiutato dalla società.
La teologia cristiana del matrimonio è stata elaborata in una cultura, in una società ed una religione omofobe e patriarcali, che imponevano la sottomissione della donna al maschio e l’esclusione degli omosessuali dall’esperienza dell’amore.
Oggi è necessario riformulare questa teologia, perchè includa le diverse tendenze sessuali e i diversi modelli di famiglia. Libertà, rispetto dell’altro e relazioni libere da ogni coercizione sono elementi fondamentali di ogni comunicazione tra esseri umani, qualunque siano le loro tendenze e pratiche sessuali.
* Juan José Tamayo è un teologo spagnolo, direttore della Cattedra di Teologia e Scienze delle Religioni (Università Carlo III) ed autore di Dios y Jesus. El horizonte religioso de Jesus de Nazareth (Dio e di Gesù. Il paesaggio religioso di Gesù di Nazareth).
Testo originale: Cristianismo y homosexualidad