Cristiano e progressista, perchè andrò a manifestare contro il “matrimonio per tutti”
Articolo di Jérôme Vignon, presidente delle Settimane sociali francesi, pubblicato su Le Monde del 10 gennaio 2013 (traduzione: www.finesettimana.org)
In occasione delle elezioni presidenziali, le opzioni principali della scelta rientravano nella globalità di ogni programma. Ho scelto di privilegiare criteri che mi parevano essenziali per il futuro: giustizia sociale, accoglienza della diversità, coesione, precedenza per i giovani. Bisognava decidere in una situazione complessa, con il rischio di dover affrontare dei dibattiti di fronte ai quali i francesi presto o tardi, al di là delle loro appartenenze politiche, dovevano provare la solidità dei loro valori comuni. Uno di questi era il problema del matrimonio per tutti.
Mutilato e caricaturale nel modo in cui è stato trattato dai media audiovisivi, il dibattito avrà almeno permesso di rivelare su quali malintesi è fondato il progetto di legge esaminato dal governo nel novembre 2012.
All’inizio vi è una giusta domanda. Come non riconoscere le discriminazioni e le vessazioni che la nostra società ha inflitto, nella sua lunga storia, alle persone omosessuali? Eppure è un malinteso confondere identità sessuale, il fatto di essere uomo o donna, e orientamento sessuale. (…) Il progetto di legge, lungi dal ridursi ad adattare il matrimonio per offrirvi un posto alle coppie omosessuali, modifica le condizioni della genitorialità per tutte le coppie. Indebolisce per tutti i diritti dei padri e delle madri. Mette in discussione il diritto dei figli ad una filiazione unica, sostituendo, in 16 articoli su 23, la nozione vaga di genitori a quella precisa di padre e di madre. Il “progresso” costituito dal diritto all’adozione per le coppie dello stesso sesso si paga con un impoverimento giuridico e simbolico considerevole.
Ma è veramente un progresso? È un altro malinteso quello che fa credere alle coppie composte da persone dello stesso sesso che, ottenendo il diritto al figlio, diventeranno “come gli altri”. Perché gli altri di cui si tratta non dispongono di figli. Danno la vita. La vita umana si dà o si riceve. Non è oggetto di un diritto. L’ampiezza del malinteso appare in tutta la sua semplicità quando si analizzano i diritti dati dalla legge dal punto di vista dei figli.
Il problema non è infatti sapere se dei genitori dello stesso sesso sarebbero o no dei buoni genitori, ma se i figli di cui si sarebbe a priori deciso di alterare la filiazione biologica vivrebbero felici. Interrogati a partire dal punto di vista dei bambini e non più da quello dei genitori, due terzi dei francesi sono contrari all’adozione da parte di coppie dello stesso sesso, secondo il dossier dell’Unione nazionale delle associazioni familiari (UNAF) per la sua audizione all’Assemblea Nazionale.
Malinteso anche sull’origine sociale dei diritti e delle libertà fondamentali. È perché una società esiste, fondata su dei beni comuni che uniscono i suoi membri gli uni agli altri che possono essere estese le libertà che danno accesso a quei beni. Lo spirito del progetto di legge va in senso contrario: per tale progetto di legge, non c’è un bene comune, ma solo il consenso supposto del momento; anche nell’alterità uomo-donna che struttura una società non c’è riferimento stabile.
I diritti nascerebbero dalle esigenze che ogni gruppo riterrebbe di essere in diritto di ottenere dalla società, costi quel che costi. Del resto non costerebbe niente, poiché la nozione di bene comune sarebbe perduta e lo spazio pubblico diventerebbe quello delle nicchie private. Le libertà vi si svilupperebbero nell’incoerenza: a fare le leggi sarebbero il progresso tecnico, l’influenza dei gruppi di pressione e il mercato.
C’era quindi di che riflettere e dialogare. C’era di che prendere in considerazione uno sbocco diverso, equilibrato, al problema della discriminazione delle coppie che vivono un’unione omosessuale. Invece di riformare il regime della genitorialità, il governo avrebbe potuto riconoscere la dignità dell’unione di coppie formate da persone dello stesso sesso, uguale a quella dell’unione formata da persone di sesso diverso, istituendo per loro un’unione civile. Riconosciuta in municipio e con garanzia ai coniugi dello stesso sesso di diritti patrimoniali e sociali equivalenti a quelli che dà il matrimonio, l’unione civile potrebbe, come in Germania, diventare il supporto di un’adozione semplice da parte di uno dei congiunti del figlio biologico del suo partner e confortare la sua sicurezza. Il testo governativo e il suo studio di impatto trascurano
questa opzione proposta dall’UNAF insieme alla maggioranza delle associazioni che in Francia compongono il movimento familiare. Il consiglio delle Settimane sociali francesi la sostiene.
Il governo ha lasciato al Parlamento il compito di organizzare il dibattito. I responsabili della commissione delle leggi incaricati di animarlo hanno scelto una via autoritaria, escludendo anticipatamente un dibattito sull’opportunità di tale legge.
Secondo il presidente del gruppo socialista, l’impegno 31 e gli emendamenti preoccupanti a cui darà luogo dipendono solo dal rapporto di forza politica e da null’altro. Il presidente della Repubblica che a un certo momento sembrava ammettere una dimensione di coscienza, si è subito ritrattato. Non c’è dunque altra scelta per gli oppositori al progetto di legge, così com’è, di manifestarsi, in coscienza.
È ciò che farò, per quanto mi riguarda, partecipando alla manifestazione del 13 gennaio. Non per fare una crociata. Ho ben presente il percorso che la società civile deve ancora compiere, al di là delle leggi esistenti, per accogliere in maniera giusta le persone omosessuali. Manifesterò per dire che la nostra Repubblica merita di meglio. È capace di aprirsi alle libertà nuove, senza esonerarsi dalle responsabilità corrispondenti, senza trascurare i beni comuni formati nella sua coscienza. Manteniamo insieme questa rotta