Cristo Re, una festa per i cristiani LGBT+?
Riflessioni bibliche di Michaelangelo Allocca* pubblicate sul sito dell’associazione LGBT cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 21 novembre 2021, liberamente tradotte da Flavia Piepoli
Propongo che la Solennità di Cristo Re venga celebrata come la festività sacra ufficiale della comunità cattolica LGBTQ. Prima di essere legato a un palo e mi venga acceso un fuoco sotto i piedi, per favore concedetemi un minuto per spiegare.
So bene che molti (me compreso), che nuotano nell’estremità più progressista e orientata alla giustizia della piscina cattolica, provano disagio per la ricorrenza di oggi. Un’immagine così trionfalistica e monarchica del Salvatore è altamente problematica, perfino con l’approfondimento teologico impiegato per darne una spiegazione.
Ma proprio questo aspetto problematico è la chiave della mia proposta che la nostra comunità dovrebbe avere come patrono Cristo Re… dell’Ironia. Celebrare Cristo come “re” è l’epitome dell’ironia, e questa, direi, è la posizione delle persone LGBTQ all’interno della Chiesa Cattolica: assolutamente centrale ed essenziale, ancora orribilmente bistrattata ed emarginata.
Le letture liturgiche di oggi mettono in risalto l’ironia del titolo di “Re”. Come altre festività (l’Assunzione, l’Immacolata Concezione), le letture non trattano in maniera esplicita il tema di oggi, poiché non ci sono scritture che ne parlano direttamente. Oggi ascoltiamo un salmo reale che descrive Dio come un re “vestito di maestà” e il titolo messianico di “Figlio dell’Uomo” nella profezia di Daniele. Sentiamo la visione dell’Apocalisse che descrive Gesù Cristo come regnante dopo la sua morte, richiamando all’attenzione che Gesù non ha mai accettato il titolo di re mentre era in vita.
Sì, si definiva “Figlio dell’Uomo”, il che era associato a Messia. Questo è quanto di più vicino sia mai arrivato a definirsi re, e non è proprio così vicino. “Messia” suggeriva “re” a molti ebrei dell’epoca. La parola in senso letterale significa “consacrato”, come lo erano i re; ma anche i sacerdoti, e a volte pure i profeti, lo erano. Più precisamente, Gesù stesso ha chiarito che ‘re’ non era il modo in cui Lui intendeva il suo ruolo di messia.
Plutarco e Shakespeare dissero che molti erano rimasti colpiti dall’umiltà mostrata da Giulio Cesare nel rifiutare la corona per tre volte. Ma questo non è niente in confronto alla persistenza di Gesù nel respingere gli sforzi per incoronarlo. Nel vangelo di oggi, Pilato Gli chiede a bruciapelo se lui sia “un re”, e nello specifico, “re dei Giudei”. Gesù si sottrae o reindirizza la domanda; ai lettori del vangelo di Giovanni rimane da chiedersi se il “tu lo dici” di Gesù sia un tacito “sì” o solo un esasperato “non hai idea di chi io sia in realtà, e quella parola probabilmente si avvicina di più al tuo vocabolario, quindi certo, bene.”
In diversi punti dei vangeli, Gesù elude e rifiuta ripetutamente i tentativi di essere proclamato re; e tuttavia, è proprio l’accusa di pretendere di essere un re che viene usata per farlo condannare per un reato capitale. È una delle più grandi ironie nella storia della Chiesa, il titolo che Gesù evitò strenuamente in vita, e che divenne lo strumento per la sua morte, Gli è stato attribuito postumo e perpetuato in questa ricorrenza.
E quindi propongo che noi, cattolici LGBTQ, ci identificassimo con questa epitome controintuitiva di ironia, a causa dell’ironia del nostro status all’interno della chiesa. Dubito di dover convincere chiunque che, a scapito dei progressi fatti da Papa Francesco nella giusta direzione, gran parte della Chiesa tollera ancora a malapena (se pure) la nostra presenza. Quasi ogni settimana viene raccontata una nuova storia di un insegnante di scuola cattolica, o di un organista parrocchiale, licenziato a causa del suo status pubblico di omosessuale, poiché ‘non conforme all’insegnamento della Chiesa’. Ma come è stato a lungo sottolineato, se si allontanassero tutti i lavoratori omosessuali non ci sarebbero scuole cattoliche; se venissero rimossi tutti i musicisti omosessuali le chiese rimarrebbero in silenzio. E naturalmente quanti preti rimarrebbero se tutti quelli omosessuali venissero licenziati?
Nei primi giorni di questo mese, il pastore di una parrocchia di Chicago ha scritto una colonna nel National Catholic Reporter (Cronaca Nazionale Cattolica) dichiarando con fermezza che la sua parrocchia sarebbe potuta crollare sotto la pandemia se non fosse stato per gli eroici sforzi dei suoi membri LGBTQ. Questo pastore afferma l’ironica verità che la comunità più sminuita e sottovalutata della Chiesa è forse la sua forza più grande e la sua linfa vitale.
Il Salvatore che si schierò sempre dalla parte dei poveri e degli oppressi, che per poco non fu ucciso in tenera età da un re, che fu giustiziato da un impero è celebrato ogni anno come “il Re”. Quando immagino Gesù che ridacchia per questa divina ironia, non ho dubbi che Lui sarebbe entusiasta se dovessimo fare di questa la nostra speciale festa religiosa.
* Michelangelo Allocca è un membro della parrocchia di San Francesco Saverio a Manhattan, nello Stato di New York, nonché insegnante di religione alla scuola preparatoria a Jersey City, nel New Jersey. Ha lauree in religione rilasciate dall’Università della Columbia e dall’Università di Chicago e ha una vasta esperienza nell’insegnare questioni teologiche, materie umanistiche, latino sia alle scuole superiori che all’Università, ma soprattutto come catechista e come guida in ritiri.
Testo originale: Christ the King: The Official Sacred Holiday of LGBTQ Catholics?