Cronache di ordinaria omofobia. I luoghi dove nasce la discriminazione
Riflessioni di Massimo Battaglio, prima parte
In occasione della giornata mondiale contro l’omofobia, propongo un estratto dalla ricerca Cronache di Ordinaria Omofobia che, in un gruppo di amici, stiamo conducendo ormai da circa sei anni e mezzo.
Essa prende il via nell’ottobre 2012, con l’inizio della campagna di conferenze “sul gender” organizzate da varie associazioni fondamentaliste. In quegli eventi si sosteneva perentoriamente che “l’omofobia non esiste”. Le aggressioni o gli omicidi ai danni di persone omosessuali, a detta loro, non erano che fatti di criminalità comune senza rapporto con l’orientamento sessuale delle vittime.
I suicidi di giovani omosessuali non mostravano altro che la fragilità di ragazzi che avevano deciso di vivere una condizione contro natura. Gli atti discriminatori ai danni di persone lgbt, licenziamenti, allontanamenti da casa, diffamazioni, erano solo legittime reazioni all’atteggiamento provocatorio che le vittime stesse metterebbero in atto attraverso le loro “potentissime lobby”.
Decidemmo così di iniziare a censire tutti gli episodi di omofobia e le loro vittime. Raccogliemmo notizie dai giornali, dalle associazioni e dai loro sportelli d’ascolto. Consultammo i rapporti delle Forze dell’Ordine.
Dal 15 ottobre 2012 a oggi 9 maggio 2019, abbiamo registrato 845 vittime. 257 di aggressioni a singole persone, 176 di aggressioni plurime o di coppia, 22 omicidi, 36 suicidi indotti, 7 tentati suicidi, 347 di atti discriminatori o diffamatori di tipo non fisico. Questi dati si riferiscono ai soli episodi di omofobia con rilevanza penale e che vedono come vittime delle precise persone fisiche.
E’ un elenco sicuramente incompleto perché raccoglie i soli casi denunciati. Mancano tutti coloro che, per motivi forse non condivisibili ma da rispettare, non hanno avuto il coraggio di denunciare.
Cronache di ordinaria omofobia: i luoghi
Tutto il Paese è coperto interessato da omofobia. Mancano solo alcune aree come l’Alto Adige e la Basilicata. Spiccano in particolar modo le grandi città. Ma sono presenti anche centri media grandezza, piccoli e piccolissimi. Dei 7982 Comuni d’Italia, 240 sono stati almeno una volta teatro di omofobia. A Roma, Milano, Napoli, Torino, si sono registrate rispettivamente 109, 51, 59 e 35 vittime nel solo territorio comunale.
Nord, centro, sud
Al nord, la situazione è piuttosto distribuita: spiccano Milano e il suo interland, e Torino. Sono tuttavia presenti, soprattutto nel nordest, molte vittime registrate in piccoli centri.
Al contrario, nel Centro, il fenomeno omofobo si concentra molto nell’area di Roma. L’urbe è molto più popolosa di qualunque città d’Italia e quindi ha una più importante presenza lgbt. Presenza anche molto maggiore della media nazionale poiché molte persone omosessuali tendono a gravitare intorno alla capitale. Un’altra area fortemente omofoba è il nord della Toscana.
Al sud spicca l’area metropolitana di Napoli. Sarebbe da trattare come un unicum, dal momento che le zone abitate dei vari comuni che la compongono sono contingue. In tutto il resto del meridione, gli episodi registrati si sono verificati quasi sempre nelle località di mare, spesso ai danni di turisti.
Una comparazione sintetica tra nord-centro-sud evidenzia che il 41% delle vittime di omofobia si trovavano al settentrione. Il 26% sono al centro, il 32% in meridione. Ma, se si calcola l’incidenza del numero di vittime sulla popolazione, scopriamo invece che la zona meno popolosa del Paese, ossia il centro, è quella in cui il tasso di omofobia è più alto. (164,44 vittime ogni milione di abitanti) Segue il sud (138,52) e poi il nord (121,51).
Ricalcoliamo però il tasso di omofobia eccettuando i centri maggiori. In questi ultimi, l’incidenza della popolazione omo-bi-transessuale è sicuramente più alta. Infatti la popolazione lgbt, come qualunque minoranza, tende per ovvi motivi a concentrarsi.
Sceglie i grandi centri, dove reputa di avere più opportunità. Anche questo è di per sè un dato che indica omofobia. In molti casi, il trasferimento è vissuto come ripiego per sfuggire a una condizione ostile. Il dato del centro si abbassa così a 113 vittime. Quello del nord a 251 e quello del sud a 113. L’incidenza più forte rimane al centro, con 105,50 vittime ogni milione di abitanti, mentre i tassi del nord e del sud si allineano su 98,14 e 98,53.
Un ulteriore ricalcolo va fatto deducendo gli episodi denunciati da turisti, cioè da persone non provenienti dal luogo in cui l’episodio è avvenuto, portatrici di una cultura diversa. In questo modo, il tasso di omofobia del nord e del centro rimane invariato, mentre quello del sud precipita a 89,23.
Nelle province meridionali è meno pericoloso vivere per una persona lgbt? Oppure si ha meno abitudine a denunciare? O ancora, la popolazione lgbt meridionale è meno consistente perché tende maggiormente a emigrare? I registri delle maggiori associazioni lgbt di Roma e delle metropoli del nord sembrano far propendere soprattutto per l’ultima ipotesi. In queste città, almeno metà dei soci è di origine meridionale. E’ un dato che fa pensare.
Cronache di ordinaria omofobia: grandi e piccoli centri
Sarebbe ovvio attendersi che le città in cui si sono registrati più episodi di omofobia sono le più grandi. Nei paesini più piccoli, emerge spesso un solo caso o due al massimo. L’indice di omofobia dei piccolissimi centri arriva però ad essere 178 volte superiore a quello delle maggiori città. Il “rischio di essere gay” è molto maggiore.
Domandiamoci come si possono sentire quei dieci gay di Torre San Giovanni (popolazione 430 abitanti, indice 46,51) dopo che altri due amici sono stati forzosamente espulsi. O pensiamo a come si sentiva quel giovane di Arnad, unico gay superstite nel suo borgo, quando telefonò allo sportello Arcigay di Torino per dirci che la morte del suo amico non era dovuta a un incidente stradale.