Cronache di ordinaria omofobia. Le vittime della discriminazione
Riflessioni di Massimo Battaglio, seconda parte
Nella prima parte di queste “Cronache” si è esaminata la distribuzione del fenomeno omofobo sul territorio italiano. Si è notata una maggiore incidenza in centro Italia e una minore al sud. Si è visto che il maggior “pericolo” non è nelle grandi metropoli quanto nei piccoli centri. Più della metà dei casi si registra infatti in centri con meno di 100.000 abitanti.
Molti si verificano in paesini con poche migliaia di abitanti, dove l’omofobo sembra agire quasi “in nome” della comunità. Mi domando come abbia potuto, quel bullo di Caorle, spaccare un bicchiere in faccia a un conoscente sulla piazza del paese sapendo che non poteva che essere beccato. Evidentemente, in queste piccole comunità, il criminale ci mette la mano ma la mente è collettiva.
Esaminiamo ora il “genere” dell’omofobia.
Dividiamo le vittime per genere e identità sessuale (gay, lesbiche, trans). Notiamo subito una fortissima prevalenza dei maschi gay o bisex (In realtà, nessuna delle vittime si è dichiarata bisex ma non è detto che non lo sia). Essi rappresentano il 73% delle vittime (mentre la popolazione maschile del Paese è solo il 48,7% del totale). Le vittime lesbiche sono solo il 12% mentre le trans m to f sono addirittura il 14%. Le vittime f to m si limitano a 3. Gli ultimi due dati sono straordinariamente alti, dal momento che la percentuale di persone transessuali calcolata dall’ISTAT è dello 0,1%.
Verrebbe da pensare che le donne denuncino meno, che siano più abituate a sopportare. O magari non fanno molta distinzione tra la violenza di genere, cioè quella subita in quanto donne, e quella omofoba. Ma il forte sbilanciamento tra maschi e femmine invita a ridimensionare questa osservazione.
Le nostre Cronache portano a pensare che l’omofobia è parente stretta del maschilismo: essa consiste nel punire la persona che “devia” dallo stereotipo del maschio dominante. E la maggior “devianza” è quella di chi si riconosce totalmente nel sesso opposto.
Disgreghiamo ora le nostre cronache per genere nei vari tipi di violenza: aggressioni singole (rosso), aggressioni plurime (blu), omicidi (nero), suicidi (giallo), tentati suicidi (rosa), atti discriminatori o diffamatori non fisici (verde).
Si nota che gli atti più gravi – gli omicidi – sono per più della metà a carico di trans m to f. Gli altri atti violenti (aggressioni a singole persone o a coppie e gruppi) riguardano decisamente più i maschi e le trans rispetto alle femmine cisgender. Il numero delle donne lesbiche vittime di aggressioni plurime è cinque volte superiore a quello relativo alle aggressioni singole. Si tratta quasi sempre di aggressioni di coppia, avvenute in un momento in cui le due vittime erano maggiormente riconoscibili.
Le età dell’omofobia
La fascia d’età maggiormente interessata è quella tra i 20 e i 30 anni, seguita a una certa distanza dalla fascia 10/20 e poi da quella 30/40. Oltre i 40 anni, il fenomeno va scemando.
Mi chiedo: i giovani sono più propensi alla denuncia perché vivono con maggior consapevolezza il loro orientamento sessuale? Oppure, proprio per la loro maggior consapevolezza, hanno meno riserbo a mostrarsi pubblicamente omosessuali e diventano prede più visibili?
La popolazione sopra i quarant’anni ha escogitato, per via della propria storia, strategie di nascondimento che la rendono meno evidente e quindi meno vulnerabile? Oppure, semplicemente, ci ha fatto l’abitudine o ritiene ancora che non sia particolarmente grave essere discriminati in quando omo-transessuali?
La gran parte delle cronache a danno di persone con età inferiore ai 30 anni è di tipo fisico, fenomeno che diminuisce nelle fasce successive. In questi casi, vengono denunciati sostanzialmente atti gravi e gravissimi, ovvero quelli che si rendono evidenti anche senza la volontà della vittima. Il numero dei suicidi è pazzescamente alto nella fascia dei giovanissimi e decresce costantemente in quelle successive.
Cronache nel tempo
Il fenomeno mostra una crescita lieve e quasi costante (la linea rosa rappresenta la media progressiva, ovvero la tendenza). Ciò porta a pensare che l’omofobia non sia in realtà di per sè in crescita. Sicuramente cresce la consapevolezza della sua gravità, per cui le vittime sono sempre più propense a denunciare.
Fino all’ultimo anno, non si sono registrati veri e propri picchi in basso o in alto. I dati di ottobre 2013 e di luglio 2014 rappresentano un’eccezione. I primo fu un caso particolare: in un convegno in Veneto, vennero alla luce 8 episodi di omofobia avvenuti nei tre mesi precedenti. Nel sedcondo caso, il picco si deve a una “goliardata” che vide come vittime dieci persone omosessuali contro le quali fu lanciata una borsa di urina.
E’ invece sensazionale il picco dell’estate 2018. Qui non c’è consapevolezza che tenga. Non si diventa consapevoli di colpo. Sembra piuttosto che la campagna di odio a cui siamo sottoposti a partire dall’insediamento del nuovo governo, abbia liberato la mano agli omofobi.
Qualcuno fa notare che, nello stesso periodo non c’erano partite di calcio. Come se, mancando una valvola di sfogo, la violenza serpeggiante si fosse indirizzata su altre vittime. L’osservazione è suggestiva ma non spiega il nuovo picco del mese di dicembre.
Due osservazioni e una speranza
I suicidi sono in lenta decrescita. Il loro numero è sicuramente sempre sottostimato poiché è molto difficile che i parenti o gli amici delle vittime ammettano che l’origine del suicidio di un loro caro sia l’omofobia. Spesso è difficile ammettere anche solo che si tratti effettivamente di suicidio. Il dato porta però a sperare: oggi l’omosessualità non ci fa più sentire così inadeguati da voler migrare dalla stessa vita.
Col tempo, si inverte il rapporto tra atti di violenza fisica e atti di discriminazione non fisica. C’è un mese preciso che segna quest’inversione: settembre 2016, ovvero il mese in cui, a seguito della legge sulle Unioni Civili, abbiamo cominciato a sposarci.
E’ vero che, da quel mese si è assitito all’emergere di nuove forme di omofobia, diremo “ideologica”. Si sono cioè registrati episodi come quelli dei sindaci “obiettori” o dei ristoratori che si rifiutano di ospitare la festa di nozze di due donne. O ancora, si sono viste azioni di disturbo di cerimonie di unione civile da parte di gruppi di estrema destra.
C’è però, sicuramente, una nuova attitudine a denunciare anche atti che non lasciano segni sul corpo. Come l’essere cacciati da un locale o da una spiaggia, vedersi rifiutato un contratto d’affitto, essere maltrattati sul lavoro. Sono cose che, ora che le nostre famiglie sono soggetti di diritto, non sopportiamo più.