Curare i gay? Quelle folli terapie per gli amori diversi
Articolo di Luciana Sica tratto da La Repubblica, 8 febbraio 2012, pag.56
Un saggio denuncia gli psico-integralisti che pretendono di curare i gay, “Usano metodi anti-scientifici che si sono rivelati del tutto inefficaci se non dannosi”. “Analizzando le teorie riparative, il nostro libro (Curare i gay? Oltre l’ideologia riparativa, a cura di Paolo Rigliano, Jimmy Ciliberto, Federico Ferrari, Editore Cortina Raffaello; 2012) denuncia il tentativo di trasformare la psicoterapia in una teopsicologia… Tutte le strategie che presumono di poter cambiare l´orientamento omosessuale in eterosessuale sono un elemento cruciale dei movimenti fondamentalisti religiosi: per quel loro viscerale rifiuto delle forme plurali che declinano il desiderio in modi infiniti di essere e di amare”.
Dice così Paolo Rigliano, psichiatra poco più che cinquantenne, autore di Amori senza scandalo, uscito tempo fa da Feltrinelli, poi tra i curatori di vari saggi pubblicati da Cortina. Per questo stesso editore ha scritto un libro con due psicoterapeuti – Jimmy Ciliberto e Federico Ferrari, si chiamano – che propone una nuova visione dell´affettività omosessuale ed esce oggi con un punto interrogativo nel titolo, Curare i gay? (pagg. 266). L´idea che indistintamente gli omosessuali hanno bisogno di “cure” contiene senz´altro anche una buona dose di humour, seppure involontario. Ma non sarà una risata a seppellire i fondamentalisti.
Chi sono i fautori delle terapie riparative?
«Ci sono due gruppi. Il primo è un fenomeno nuovo di matrice religiosa ed è composto non da semplici conservatori né da credenti genericamente di destra, ma da accesi sostenitori di un Ordine naturale sacro, fissato per l´eternità da Dio, che impone un´unica forma assoluta di Identità maschile e femminile. Nemici di ogni cambiamento come di ogni verifica scientifica, negano il messaggio evangelico dell´accoglienza e della valorizzazione dei diversi e non a caso avversano le teorie evoluzioniste e la stessa emancipazione femminile.
L´altro gruppo, “laico”, fa riferimento a vecchie teorie psicoanalitiche omofobiche, con un approccio determinista, rigido e normativo dello sviluppo umano. Teorie che si sono dimostrate del tutto infondate e ormai rigettate dalla stragrande maggioranza dei professionisti, ma puntualmente riprese anche dai terapeuti riparativi di matrice religiosa».
Almeno in Occidente, non sembrerebbe che gli omosessuali – uomini e donne – vivano così male la loro condizione… Chi sono quelli che si accaniscono in improbabili terapie per scimmiottare l´altro sesso, per diventare “diversi” da sé?
«Sono più di quanto s´immagini, per il sentimento profondo di autoinvalidazione che si radica nei gay e nelle lesbiche. Sono credenti che hanno interiorizzato come un dato naturale e giusto il disprezzo dell´omosessualità, senza criticarne i pregiudizi. Sono persone isolate, confuse e terrorizzate dalle reazioni degli altri. Sono adolescenti, spinti con sottile violenza dalla famiglia o da confessori, che hanno magari subito il rifiuto dei coetanei, se non proprio attacchi di bullismo.
E anche gente sposata, che ha cercato di reprimere la propria interiorità autentica finché questo non è stato più possibile, e insegue l´illusione di ritornare all´ordine eterosessuale con cui è stata sempre costretta a identificarsi».
Nel vostro libro si legge dei “trattamenti” della Narth, la National Association for Research and Therapy of Homosexuality, fondata negli Stati Uniti ormai vent´anni fa… Ma in che consistono?
«In una miscela varia e indefinita di ammonimenti ed evitamenti, pressioni e controlli ambientali, automortificazioni e preghiere, persuasioni e autoinganni, simulazioni della “vera virilità” e autodenigrazioni colpevolizzanti per ogni sentimento omosessuale. Un vero e proprio lavaggio del cervello, che deve portare il soggetto a mistificare ciò che sente, chiamandolo con un altro nome. Per esempio, l´attrazione affettiva ed erotica omosessuale diventa “ammirazione e rispecchiamento nei veri maschi come me”».
E con quali risultati?
«L´efficacia non è mai stata dimostrata, le ricerche più serie indicano invece che non si verifica nessun cambiamento, se non sul piano dei caratteri puramente esteriori. E anche leader di primissimo piano del movimento riparativo, come l´americano John Smid, hanno ammesso che nessuno dei pazienti che si dichiarava “guarito” è mai realmente diventato un eterosessuale».
Qual è oggi la posizione delle istituzioni (psicologiche, psichiatriche, psicoanalitiche) sulle terapie riparative?
«Tutte le istituzioni hanno redatto, dopo analisi di straordinario rigore scientifico, delle chiare dichiarazioni di condanna delle pratiche riparative perché non hanno mai dimostrato alcuna efficacia, a fronte di danni assai probabili».
L´aspetto più antiscientifico non è quello di ostinarsi a declinare l´omosessualità al singolare? Com´è pensabile che i diversi siano tra loro tutti uguali e quindi possa esserci una ricetta valida per tutti? L´ideologia riparativa, voi l´avete presa molto sul serio… Riderci sopra sarà politicamente scorretto?
«Il tentativo di rendere i diversi tutti mostruosamente uguali mira ad abolire la complessità e le differenziazioni spesso insondabili della vita, soprattutto di quella erotica. Quanto a noi, ci siamo ben guardati dal cedere alla tentazione assai facile di trattarla come materia da burla. Abbiamo scelto la strada di un´analisi scientifica, culturale ed etica. Non è solo in gioco il dolore e il diritto all´umanità piena delle persone omosessuali, perché la democrazia degli affetti riguarda tutti».
Curare i gay? Oltre l’ideologia riparativa dell’omosessualità, a cura di Paolo Rigliano, Ciliberto Jimmy, Federico Ferrari, editrice Cortina Raffaello, 2012, pagine 255
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