Da AGAPE ad oggi. Quale sfida attende i genitori e le persone LGBT+ nelle nostre Chiese
Intervento tenuto da Dea Santonico, volontaria nella comunità cristiana di base, al webinar “UNITI VERSO IL CAMBIAMENTO 2” (UTC 2 United towards the change 2) su “Un cambiamento possibile” del 9 dicembre 2021
Voglio iniziare il mio intervento ringraziando Agedo per questa iniziativa. Non è un ringraziamento formale. Mi sembra una tappa importante nel cammino di Agedo aver dato spazio, e uno spazio significativo, al tema religioni e mondo LGBT+, per almeno due motivi.
Innanzi tutto perché l’esperienza di fede, per chi la vive, va a toccare le sfere più profonde dell’essere. Un’associazione, come Agedo, che mette al centro l’accoglienza di genitori in momenti difficili della loro vita, non può rischiare di sottovalutare questo aspetto così centrale nella vita delle persone che accoglie.
Il secondo motivo è più politico. Chi pensa che non lo riguardi ciò che dicono il papa e i vescovi, in quanto non credente, non sa dove vive: soprattutto in Italia è enorme il perso politico della gerarchia cattolica, davanti alla quale c’è chi per calcoli di convenienza politica è sempre pronto a genuflettersi. Quante volte nelle nostre battaglie, come comunità cristiane di base, siamo stati lasciati soli anche dai partiti di sinistra!
Dunque tutto ciò che ruota intorno alla sfera religiosa ci riguarda e capirlo ci aiuta a costruire insieme una società davvero laica. Perché uno spazio laico non è un luogo dove per entrarci ci si deve “neutralizzare”, spogliandosi di qualcosa. Al contrario, è un luogo dove tutt*, credenti e non credenti, possono sentirsi a casa, accolti e valorizzati in tutto ciò che sono.
Un grazie pieno, dunque!
Entrando nel tema che mi è stato assegnato: Quale sfida attende i genitori e le persone LGBT+ nelle nostre Chiese (al plurale), dico subito che nel mio intervento mi limiterò a parlare della Chiesa cattolica, che è quella di cui faccio parte e che meglio conosco.
Prima di parlare del cammino che ci attende e della cura da adottare, vorrei partire dalla diagnosi del male: Perché tante difficoltà, se non rifiuti, da parte della Chiesa cattolica nei confronti delle persone LGBT? Rispondere a questa domanda ci aiuta ad andare al nodo del problema.
La questione sessualità in generale – non solo l’omosessualità – è centrale per la Chiesa cattolica: c’è una casistica dettagliata, quanto fantasiosa di peccati legati al sesso, che non trova riscontri nei Vangeli. Proviamo a chiederci perché.
La sessualità è uno strumento incredibilmente efficace per esercitare il controllo sulle coscienze: permette di arrivare a tutte le persone, in tutte le fasce di età. E il controllo sulle coscienze è il vero grande potere della Chiesa cattolica, quello per cui i poteri politici la temono e ne cercano l’appoggio.
Nel mio cammino con genitori di figl* LGBT+, iniziato quasi cinque anni fa, dopo il coming out di mio figlio, ho potuto conoscere tante persone, con percorsi di fede diversi, anche molto diversi tra di loro. Ma su una cosa sono tutt* d’accordo: nessuno si può arrogare il diritto di proibire ai loro figl* di vivere la propria sessualità ed esprimere, attraverso quella, l’amore per un’altra persona. Accoglienza nella Chiesa sì, purché non richieda alle persone LGBT+ di mutilarsi della propria sessualità. Non so quanti di quei genitori siano pienamente consapevoli che andare a toccare questo aspetto significhi togliere una delle pietre-fondamento, forse la più importante, su cui si regge la Chiesa-potere.
Un potere che si basa sulla paura. E pensare che Gesù aveva chiesto ai suoi discepoli e alle sue discepole di portare la sua Buona Novella, un messaggio di gioia e di liberazione a tutte e tutti i calpestati. È stato invece portato, come un macigno, un messaggio che ha generato dolore, sensi di colpa, paura, sudditanza, e senza neanche assumersene la responsabilità: è nel nome di Dio che tutto ciò è stato fatto.
Le bestemmie più brutte non sono quelle in cui si parla male di Dio, sono quelle in cui se ne parla bene.
“Dio lo vuole” era il grido di battaglia per arruolare i crociati, ai quali veniva promessa l’indulgenza plenaria, come premio per uccidere i fratelli musulmani.
Le SS, mentre sterminavano nei campi di concentramento ebrei, omosessuali, rom, sinti, detenuti politici, disabili, malati mentali, bambini e bambine, portavano scritto sulla cintura che indossavano: “Gott mit uns”, Dio è con noi.
Pronunciare il nome di Dio e servirsene per opprimere e creare sofferenza è una bestemmia più grande di qualsiasi altra.
Il problema che abbiamo davanti dunque non è da poco: è un problema di potere. Cosa fare?
Inizio col dire ciò che ho già visto realizzato attraverso il cammino nella Chiesa delle persone LGBT+ e dei loro genitori, ciò di cui sono testimone. Un cammino, fatto dalla base, dal margine, che è di per sé rigenerante e motivo di crescita, a prescindere dalla risposta che avrà o non avrà da parte della gerarchia. Alla sequela di quel Gesù di Nazareth, che non ha diviso il mondo tra buoni e cattivi, i primi da mandare in paradiso, i secondi all’inferno. La parola “buono” non compare neanche nel testo della parabola nota a tutt* come Parabola del buon samaritano, c’è nel titolo che è stato aggiunto, ed è fuorviante per capire il messaggio di Gesù.
Le categorie buono / cattivo non aiutano ad entrare nella logica del messaggio evangelico. Era un’altra la divisione che Gesù vedeva nel suo popolo, quella tra chi escludeva e chi era escluso: i poveri, le donne, e tra loro le prostitute, i peccatori, i malati, i samaritani, reietti tra i reietti. E ha raccontato di un Dio schierato dalla loro parte, che spinge gli schiavi a rompere le loro catene, che si fa complice dei piccoli – e ciò che è più scandaloso – a prescindere dai loro meriti morali, che ripone in loro la speranza perché un mondo senza più muri possa essere costruito.
Gesù lo chiamava regno di Dio, un regno da costruire qui ed ora: “Il regno di Dio è già in mezzo a voi” – diceva Gesù, e, rivolto ai farisei: “I pubblicani e le prostitute vi precederanno nel regno dei cieli”. Saranno dunque loro, gli scartati, a precederci e ad indicare la strada per costruire un’umanità nuova, finalmente libera da tutte le barriere e liberante per gli oppressi ed anche per gli oppressori. Tra coloro che ci faranno strada verso quella meta le persone LGBT+.
Nessuna gerarchia è in grado di interrompere il loro cammino. Solo le persone LGBT+ possono farlo, se si metteranno in una posizione di sudditanza, se non crescerà in loro la piena consapevolezza del ruolo profetico che hanno, se non troveranno il coraggio di uscire allo scoperto e di contagiare altr* con le loro testimonianze di vita.
Se cammineranno a testa alta nessun potere potrà resistergli. Perché c’è una forza più grande di qualsiasi altra, indomabile da qualunque potere. Non è quella degli eroi. È la forza di chi ha imparato a camminare insieme, tenendosi per mano, per sorreggersi a vicenda, per rialzare chi cade. Capita a chi è credente di sentire dentro di sé quella forza venire dallo Spirito, da quel vento che – come dice il Vangelo di Giovanni – “soffia dove vuole, non sai da dove viene né dove va”, quel vento libero e capace di liberare, che nessun palazzo del potere, nessuna chiesa, né moschea, né sinagoga potranno mai intrappolare.
Il cammino è già tracciato, lo stiamo già percorrendo insieme, persone LGBT+ e loro genitori, dobbiamo solo crederci e andare avanti con coraggio. Sta dunque a noi!