Da Oscar Wilde a Giovanni Testori. Il Natale nella letteratura e nella poesia LGBT
Riflessioni di Massimo Battaglio
Natale è la festa universale per eccellenza. Anche grandi poeti lgbt lo hanno cantato, criticato, contemplato. Ne proponiamo alcuni versi, scritti, frasi celebri.
Oscar Wilde (Dublino, 16 ottobre 1854 – Parigi, 30 novembre 1900),
“Lo spreco della vita si trova nell’amore che non si è saputo dare… Nell’egoistica prudenza che ci ha impedito di rischiare e che, evitandoci un dispiacere, ci ha fatto mancare la felicità.”
Pier Paolo Pasolini (Bologna, 5 marzo 1922 – Roma, 2 novembre 1975)
Sono gli ultimi giorni dell’anno. Il benessere
accende, verso sera, in tutti gli uomini
una specie di follia: la smania inespressa
di essere più felici di quanto siano …
E’ sempre una speranza che dà pietà: anche
il piccolo borghese più cieco ha ragione
di averla, di tremarne: c’è un istante
in cui anch’egli infine vive di passione.
E tutta la capitale di questo povero paese
è un solo ansito di macchine, una corsa
angosciata verso le antiche spese
di Natale, come a una necessità risorta.
Potente luce di Luglio, ritorna, oscura
questo debole crepuscolo di pace,
che non è pace, questo conforto ch’è paura:
ridà parole al dolore che tace.
Manda i cadaveri ancora insanguinati
dei ragazzi che hai illuminato potente:
che vengano qui, tra questi riconsolati
benpensanti, tra questa dimentica gente.
Vengano, con dietro il tuo chiarore di piazze
fatte campi di battaglia o cimiteri,
tra queste ciniche chiese dove la razza
dei servi torna alla sua viltà di ieri.
Vengano tra noi, a cui non è rimasta
che la speranza di una lotta che dispera:
non c’è più luce di Natale, o di Pasqua.
Tu, sei la luce, ormai, dell’Italia vera.
Marguerite Youcenar (Bruxelles, 8 giugno 1903 – Mount Desert, 17 dicembre 1987)
E’ la festa dei poveri: un’antica ballata francese presenta Maria e Giuseppe a Betlemme mentre vanno alla ricerca di una locanda alla portata dei loro mezzi, respinti dappertutto per far posto a clienti piú illustri e ricchi, e alla fine insultati da un oste che odia la povera gente .
E’ la festa degli uomini di buona volontà, come si affermava con stupenda espressione che in genere non si ritrova piú, purtroppo, nelle versioni moderne dei Vangeli? della serva sordomuta dei racconti del Medioevo che assisté Maria nelle doglie, di Giuseppe che scalda davanti a un misero fuoco i panni del neonato, e dei pastori impregnati del grasso della lana greggia e giudicati degni della visita degli angeli.
E’ la festa di una razza troppo spesso disprezzata e perseguitata, dal momento che come bambino ebreo il Neonato del grande mito cristiano appare sulla terra
Paul Verlaine (Metz, 30 marzo 1844 – Parigi, 8 gennaio 1896)
Voce di Gabriele / presso l’umile Maria,
campane di Natale / nella notte fiorita,
secoli, celebrate / i miei sensi liberati.
Martiri, bianco gregge, / e i confessori,
frutti d’oro del ramo, / voi, fratelli e sorelle,
vergini nella gloria, / cantate la mia vittoria.
I Santi ignorati, / virtù disprezzate,
che ci salverete / per vostra intercessione,
pregate, che la fede / dimori umile in me.
Peccatori, per il mondo, / che vi pentite
nel profondo ardore / del riscatto,
ora io vi contemplo, / datemi l’esempio.
Natura, animali, / acque, piante e pietre,
i vostri semplici lavori / sono umili preghiere.
Voi obbedite: / a Dio basta.
Arthr Rimbaud (Charleville, 20 ottobre 1854 – Marsiglia, 10 novembre 1891)
“Quando andremo oltre le spiagge estese e i monti, a salutare la nascita del nuovo lavoro, la saggezza novella, la fuga dei tiranni e dei demoni, la fine della superstizione, ad adorare — per primi! — Natale sulla terra!”
Giovanni Testori (Novate Milanese, 12 maggio 1923 – Milano, 16 marzo 1993)
È la nascita assoluta che riflette e assume, illumina e redime, benedice e consacra tutte le nascite di prima e tutte le nascite di poi. Ogni uomo che venga alla luce ripete il miracolo del Natale di Cristo; perché è Dio che decide quella nascita; è Lui che vuole quella vita. È proprio ciascuna di quelle nascite, ciascuna di quelle vite, nessuna esclusa, che l’ha spinto da sempre a incarnarsi
Federico Garcia Lorca (Fuente Vaqueros, 5 giugno1898 – Víznar, 19 agosto 1936)
E così, Dio scomparso, che voglio averti.
Piccolo cembalo di farina per il neonato.
Brezza e materia unite nell’espressione esatta
per amor della carne che non sa il tuo nome.
E così, forma breve d’inafferrabile rumore,
Dio in fasce, Cristo minuscolo ed eterno,
mille volte ripetuto, morto, crocifisso,
dall’impura parola dell’uomo che suda.
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Dal Vangelo secondo Luca
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2, 13-14).