Da uomo a donna. Un amore al di la del genere
Articolo di Gaia Giorgetti tratto dal settimanale TuStyle, 30 agosto 2001, pp.63-64
E’ vero, sono sposata con una donna. Ma quando l’ho portata all’altare ero un uomo. E oggi una sentenza vuole sciogliere il nostro matrimonio. Io e lei siamo state e restiamo una famiglia, fin da quando io mi chiamavo Alessandro e lei Alessandra*, che ironia della sorte — è diventato anche il mio nuovo nome. Ho cambiato sesso cinque anni fa ed ero già suo marito. Ale e io ci siamo conosciuti 11 anni fa e ci siamo sposati nel municipio del paesino dove sono nata, in provincia di Modena.
Ora il tribunale ha annullato il nostro vincolo matrimoniale, ma noi siamo decise a combattere insieme, con tutta la forza del nostro legame, contro questo “divorzio di Stato”.
Ho vissuto due vite, ho avuto due identità, ma la compagna della mia vita è e sarà sempre lei, Alessandra. Nei miei primi 20 anni sono stato un uomo. In tutto e per tutto aderivo al modello maschile e alle aspettative dei miei, una famiglia cattolica e tradizionale. Da piccolo ero un bravo bambino. Timido, riservato, diligente e ubbidiente. C’era qualcosa che mi tormentava, nel profondo, ma non avevo facoltà né gli strumenti per capire cosa fosse.
Per esempio, mi incantavo a guardare la nonna che faceva la sfoglia a mano: non so cosa avrei dato per imparare come mia cugina; ma erano hvori “da donna”.
A volte mi ritrovavo a sognare e immaginavo da grande nei panni di un’affascinante ragazza. Alle fantasticherie dei bambini nessuno dà retta e non ci badavo troppo neanche io. Poi sono andato alle medie e al liceo scientifico e sono cresciuto come un bravo ragazzo. Almeno, a tutti apparivo così. Io mi sentivo sempre più a disagio con quel corpo che stava crescendo in modo diverso da come mi sentivo dentro. Ma soffocavo i miei primi dubbi, le mie prime domande: “Queste stranezze, Alessandro” mi ripetevo “non vanno bene. Riga dritto”.
Così mi sono messo d’impegno per essere ancora più maschio: palestra, sport, amicizie, fidanzate. A 18 anni ero un leader: a scuola prendevo buoni voti, ero rappresentante di classe, avevo molti amici. Poi mi sono iscritto all’università: economia e commercio a Modena. In quel periodo, una sera, in discoteca a Bologna, conobbi Alessandra, una ragazza bionda con i capelli lunghi. Mi piacque subito.
Ci scambiammo i numeri di telefono e non ci separammo più. Mentre il mio rapporto con Alessandra si rafforzava, dentro di me lentamente si andava diradando quella nebbia che mi avvolgeva. Sempre più spesso mi ripetevo che sbagliavo io a sentirmi diverso dall’uomo che gli altri conoscevano e apprezzavano.
Il mio problema non era quello di mortificare il desiderio di vestirmi da donna: il mio tormento era dentro di me, nel mio cervello: io pensavo da donna, ma avevo un corpo da uomo. Amavo Alessandra e, sessualmente, non avevo né ho mai avuto, alcuna attrazione per gli uomini. Dopo la laurea sono partito per il servizio militare.
Questo passo ha rappresentato la svolta. Allontanarmi da casa, dalla mia famiglia così protettiva e tradizionalista, ha fatto sì che mi trovassi per la prima volta solo con me stesso. Stavo cominciando a capire chi fossi veramente, quando il servizio militare è terminato. Sono tornato a casa, ho trovato lavoro in banca e così ho fatto la cosa più naturale del mondo: ho sposato Alessandra, che amavo tantissimo.
Era il 2005. Essere marito e moglie ci ha consentito un’intimità che prima non avevamo. E in quella dimensione io conquistavo giorno per giorno la consapevolezza di ciò che ero. Ho cominciato a parlare della mia transessualità, perché avevo accanto una compagna che mi capiva. Questo travaglio però è sfociato nel bivio ben noto a chiunque viva una condizione come la mia: dovevo continuare a negare me stesso o cominciare a vivere secondo la mia vera natura?
Ero pronta a lasciarla per la sua felicità
Ho scelto di diventare Alessandra. Mi sentivo abbastanza forte: lavoravo, avevo un ruolo nel sindacato, mi sentivo amato e compreso, disponevo degli strumenti culturali per affrontare gli interventi necessari e le conseguenze che essi comportavano. Con Alessandra non è stato facile: mi rendevo conto dell’assurdità della situazione ed ero pronta a lasciarla andare per la sua felicità. Ma lei è sempre stata al mio fianco.
Mi ha seguito nel corso dei cinque interventi chirurgici cui mi sono sottoposto in giro per il mondo: Usa, Thailandia, Spagna. Dalla prima operazione alle corde vocali fino all’ultima, con il cambio di sesso vero e proprio. Così, nel 2009, sono diventata Alessandra anche per l’anagrafe. E ho richiesto la mia nuova carta di identità.
Ma in Comune, a Bologna, mi hanno risposto: «Senza divorzio, niente documento». Mi sono ribellata subito, avviando una causa legale, ma nel febbraio del 2010 il Comune di Bologna ha ottenuto lo scioglimento del mio matrimonio.
Ho fatto ricorso, i giudici mi hanno dato ragione, sostenendo che non si possono separare due coniugi se nessuno dei due lo chiede. Il mese successivo, però, il Comune ha presentato ricorso in appello e ha ottenuto l’annullamento, in quanto nel nostro Paese non è ammesso il matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Alessandra e io non ci arrendiamo: abbiamo fatto ricorso in Cassazione e lotteremo per difendere i diritti che lei e io abbiamo acquisito con un matrimonio sancito dalla legge. E dal nostro amore.
Amarsi al di là dell’appartenenza sessuale e’ possibile di Francesca Gianquinto
Un uomo che diventa donna, cambiando gli organi genitali e la carta di identità, dopo la trasformazione, a livello sessuale dovrebbe essere attratto da un uomo. Alessandra, invece, pur essendo transessuale, continua ad amare sua moglie come prima, al punto da rivendicare anche sul piano strettamente burocratico la validità del loro matrimonio. Come si spiega?
«E raro, ma possibile» afferma Marco Rossi, sessuologo e psichiatra «In questo caso, evidentemente, prevale la centralità della relazione esiste un rapporto d’amore a tutto tondo, basato su pilastri come affinità, complicità, comprensione reciproca. Si tratta di un rapporto così solido che può sostenere e affrontare anche un cambiamento radicale, senza restarne distrutto.
Infatti, l’appartenenza sessuale nella storia diventa secondaria Per quanto riguarda l’aspetto sessuale bisogna precisare che esistono trans che preferiscono un partner uomo e trans che preferiscono un partner donna, in quanto son lesbiche. Quindi, poi, bisogna vedere se la compagna accetta, come succede ad Alessanc la nuova situazione».
* Alessandra Bemaroli, 40 anni. Nel 2005 era un uomo e ha sposato Alessandra. Nel 2009 è diventata donna e una sentenza ha dichiarato nullo il matrimonio. Oggi è in attesa del giudizio definitivo della Cassazione.