Dal Buio alla Luce. Giovani LGBT, battezzati e profeti
Meditazione tenuta da don Fausto durante la prima giornata del percorso “Dal Buio alla Luce” il 26 Settembre 2020
BATTEZZATI … L’acqua è simbolo universale, che oltrepassa culture e religioni. Esprime vita, perché l’acqua fa spuntare germogli perfino nel deserto; perché disseta, quando hai la gola, e anche il cuore, riarsi; perché ridona splendore, lavando via ogni impurità con la sua trasparenza. Ma l’acqua possiede una grande potenza e può mettere in pericolo.
Il Battesimo è un gesto antico. Bagnarsi, lavarsi, immergersi appartiene a molte tradizioni ed esperienze religiose. Nella esperienza cristiana esprime il morire per rinascere, meglio ancora dice con i gesti e le parole, ciò che è comunicato come dono gratuito (la “grazia”) a chi accoglie la fede, la abbraccia e permette a Dio di unire la propria vita a quella di Cristo che muore e risorge. Il Battesimo è il morire dell’”uomo vecchio” e il risorgere dell’”uomo nuovo” in Cristo, l’uomo non impeccabile, ma non più prigioniero del peccato, non più intrappolato dentro una gabbia di malvagità senza speranza, ma libero di ricominciare sempre ad amare nello Spirito di Dio (cf. Rom 6,1-11).
Il Battesimo suggella un patto: dice che Dio ti ha parlato, ti ha donato la fede in quella parola che hai ricevuto e che, risorto in Cristo, tu sarai “figlia”, “figlio” per l’eternità (cf. Rom 8,15-17). Il battesimo ci comunica questo dono spirituale con un gesto nel quale lo Spirito di Dio agisce una volta e continua inesauribilmente e misteriosamente ad agire tutta la vita.
Partecipare nel Battesimo della risurrezione di Gesù è un dono irreversibile dell’amore di Dio; il Padre ci guarda come figlie e figli, con lo stesso eterno sguardo che ha per il Figlio nell’amore dello Spirito. Così siamo guardate e guardati; così il Padre ci contempla … ci rimira, si compiace (cf Mt 3,17).
Il battesimo è un gesto profondamente esistenziale, perché raccoglie tutto della nostra umanità, lo immerge nelle profondità dell’amore di Dio, che come acqua in una spugna riempie tutto di sé, porta l’amore di Dio fin nelle nostre profondità, anche quelle che non conosciamo. E proprio là dove potevamo temere di spingerci, ci scopriamo già irreversibilmente amati, desiderati, chiamati, invitati a condividere una via di vita, la gioia dell’amore, la bellezza di donarci nel servire e nel camminare insieme con Dio e con quanti incontriamo.
Con la croce Gesù dice l’amore di Dio per ogni parte di noi, soprattutto per le nostre fragilità. Proprio lì il Signore vede la nostra personale possibilità di risorgere con lui, trasformando un male in bene, il rischio di smarrimento e morte in vita e occasione di amare!
Il primo gesto, che abbiamo ricevuto nel battesimo, è stato un segno di croce sulla fronte. Iniziando questa meditazione ognuno può ripetere su di sé questo segno. Battezzati nella morte e risurrezione di Gesù, noi viviamo della sua vita in noi. Paolo dice: “sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).
Lo Spirito di Dio che vive ed agisce in Gesù, viene ad abitare in noi e ci trasforma in “tempio dello Spirito” (1Cor 3,16). Questa realtà invisibile è espressa con l’olio profumato del crisma spalmato sulla fronte accompagnato da queste parole: “Dio onnipotente, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, ti ha liberato dal peccato ti ha fatto rinascere dall’acqua e dallo Spirito Santo, unendoti al suo popolo; egli stesso ti consacra con il crisma della salvezza, perché inserito in Cristo, sacerdote re e profeta, tu sia sempre membro del suo corpo per la vita eterna.”
Ci è fatto un dono invisibile, perché diventi visibile la presenza dello Spirito in noi attraverso la vita quotidiana.
Siamo rinati sacerdoti re e profeti. Questo dono è “confermato” con il medesimo segno nella Cresima, il sacramento della pienezza del dono dello Spirito per la missione di cristiane e cristiani nel mondo, mandati a spargere il “profumo di Cristo”.
…E PROFETI con Gesù e come Gesù
Il profeta non è colui che predice il futuro, perché chi si riconosce figlio o figlia di Dio sa che non sarà dimenticato e non ha bisogno di previsioni da oroscopo. Il profeta è piuttosto colui che parla a nome di Dio di fronte al popolo.
Ci “immergiamo” nell’ascolto del testo della vocazione di Isaia (6,1-9a)
Nell’anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali: con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. Proclamavano l’uno all’altro, dicendo:
“Santo, santo, santo il Signore degli eserciti!
Tutta la terra è piena della sua gloria”.
Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo.
E dissi:
“Ohimè! Io sono perduto,
perché un uomo dalle labbra impure io sono
e in mezzo a un popolo
dalle labbra impure io abito;
eppure i miei occhi hanno visto
il re, il Signore degli eserciti”.
Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e disse:
“Ecco, questo ha toccato le tue labbra,
perciò è scomparsa la tua colpa
e il tuo peccato è espiato”.
Poi io udii la voce del Signore che diceva: “Chi manderò e chi andrà per noi?”. E io risposi: “Eccomi, manda me!”.
Egli disse: “Va’ e riferisci a questo popolo…
Davanti ad Isaia appare una visione ed egli percepisce una Presenza e Isaia ne è affascinato. Qualcuno gli si mostra e “confida” la sua visione del mondo. Non ci è detto niente di più preciso qui, perché ciò che conta è l’incontro con Colui che si rivela, ma dalle parole dei capitoli precedenti possiamo intuire una visione di giustizia ed equità, di pace e fraternità globali, di rigenerazione dei cuori e di scelta di vie di bene e di vita per tutti i popoli (cf. Is 2,1-5).
Questa visione porta le impronte del “Dio degli eserciti”, il “Santo, Santo, Santo”, Colui che realizza con amore i suoi progetti di salvezza. Isaia vede, ascolta, accoglie e desidera immergere la propria vita in questa visione che diventa proposta amorevole e degna di fiducia; egli si sbilancia per aderire con tutto se stesso.
Ma Isaia riconosce di essere “un uomo dalle labbra impure” come tutto il suo popolo, perché “ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo”: furti, adulteri, avidità, impurità, furti, omicidi, … (cf Mc 7,20-23), allora uno degli angeli gli purifica le labbra con un carbone ardente, che brucia ogni impurità e dalle sue labbra purificate esce una parola “pura” che è la risposta della fede: “Eccomi”. La stessa parola che ha dato forma, sostanza e orizzonte alla vita di Maria, che accoglie Colui che è la Parola, l’Intenzione, la Rivelazione, il Gesto di Dio per la vita degli uomini.
Il primo passo è chiedersi quale parola risuona a me dall’eternità. Sant’Agostino in un dialogo profondo con Dio ricorda così la sua esperienza: “Stimolato a rientrare in me stesso, sotto la tua guida, entrai nell’intimità del mio cuore, e lo potei fare perché tu ti sei fatto mio aiuto. Entrai e vidi con l’occhio dell’anima mia, qualunque esso potesse essere, una luce inalterabile sopra il mio stesso sguardo interiore e sopra la mia intelligenza. Era un’altra luce, assai diversa da tutte le luci del mondo creato.
Appena ti conobbi mi hai sollevato in alto perché vedessi quanto era da vedere e ciò che da solo non sarei mai stato in grado di vedere. Hai abbagliato la debolezza della mia vista, splendendo potentemente dentro di me.
Mi hai chiamato, hai gridato, hai infranto la mia sordità. Mi hai abbagliato, mi hai folgorato, e hai finalmente guarito la mia cecità. Hai alitato su di me il tuo profumo ed io l’ho respirato, e ora anelo a te. Ti ho gustato e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato e ora ardo dal desiderio di conseguire la tua pace. (Dalle «Confessioni» di sant’Agostino)
Dio dall’eternità pronuncia una parola per me: è il mio nome, risuonato nel cuore dei miei genitori e tra le mura della chiesa dove il giorno del battesimo sono stato accolto nella comunità. Quella parola mi mostra l’amore di Colui che mi ha creato e che mi conosce; quella parola dice quello che sono: doti, capacità, limiti, difetti, slanci, stanchezze, entusiasmi e infedeltà. Questa parola continuamente risuona in me e dice che Dio ama tutto di me, lo guarda, lo contempla …
Se dunque Dio mi conosce nell’intimo e mi ama, posso lasciarmi vincere da questo amore eterno per me, così come sono pensato, creato e posto nel mondo. Posso finalmente amarmi anch’io! Questa parola, il mio “nome”, che racchiude simbolicamente tutto di me è innanzitutto una profezia per me: devo ascoltare questa parola, farla risuonare dentro il mio cuore, nelle mie scelte, nelle mie relazioni.
Essere profeta mi fa dire “Eccomi” al progetto di mondo nel quale Dio mi ha posto a farla risuonare: io sono una parola che Dio pronuncia come profezia per il mondo nel quale mi ha posto con l’amore che dono e ricevo; perché questo preciso mondo sia più buono, più somigliante al sogno di Dio, alla visione che mi è stata mostrata.
Talvolta posso sentire il bisogno di conferme dagli altri, dai risultati, dai complimenti altrui. Posso fare a meno di svendermi per questo; posso invece tornare ad ascoltare profondamente la Parola, che mi crea e rigenera continuamente, per superare la tentazione di adottare strategie di compiacimento.
Con serenità mi chiedo quanto il bisogno di conferme condiziona la mia vita quotidiana? Quanto incrocia le incertezze o le insicurezze con cui faccio i conti e che coinvolgono il mio orientamento sessuale o la mia identità di genere? Quante ripetizioni di strategie di vita inconcludenti posso pian piano superare costruendo la mia vita sulla roccia solida di questa Parola (cf. Mt 7,24-25) che Dio ha pronunciato col mio “nome”?
La Parola di Dio è Cristo che viene ad abitare in me e ogni volta che con tutto il cuore mi affido a questa Parola essa realizza ancora la mia trasformazione in figlia o figlio di Dio, la mia somiglianza a Cristo, “suo fratello, sorella e madre” (cf Mt 12,50).
Ma ho bisogno anch’io di lasciarmi “purificare le labbra”, di “purificare” ciò che esce da me, la mia presenza nel mondo. E allora scopro che la Parola prende corpo in me e che il mio corpo coi suoi gesti diventa tutto profetico, tutto comunicativo di Dio, vero simbolo della sua Presenza oggi per tanti. Ogni volta che vivo la Parola le sto dando corpo, le dono la possibilità di risuonare forte nel mio ambiente, tra i familiari, gli amici, i colleghi. Sì, perché il battesimo non è un fatto privato ed intimo, ma è adesione alla bellezza di una visione di vita e sbilanciamento per una missione, come hanno fatto quanti sono stati per me profeti dell’amore di Dio e mi hanno aiutato a riconoscere ascoltare la sua Parola per me.
La Parola mi rende un “solo corpo” in Cristo: la Chiesa. Anche la chiesa ha bisogno di essere “purificata” e di ascoltare la Parola che la abita. Dio parla alla sua chiesa attraverso ciascuna e ciascuno dei suoi figli; siamo tutti profezia per la chiesa; ciascuno fa risuonare la parola di Dio per la vita della comunità quando si riesce ad essere sinfonia, quando le parole uniscono e non contrappongono. Come cristiani LGBT nella chiesa siamo chiamati ad essere profezia, a far risuonare l’amore che Dio ci comunica, la sua chiamata alla fede e alla carità. E i primi a cui donare questa testimonianza sono proprio i fratelli e le sorelle nella fede.
Questa Parola è luce per me; è “lampada per i miei passi e luce sul mio cammino” (Sal 119,105), ma questa luce mi è affidata anche per gli altri, per gli amici e le amiche con i quali condivido l’essere omosessuale. Anche lì la mia vita diventa profezia con le parole, i gesti e i racconti, con la “compassione” nei momenti duri.
Come dice il rito nel gesto della consegna della candela accesa al cero pasquale: questa luce è “segno pasquale, fiamma che sempre dovete alimentare” per “andare incontro al Signore che viene”.
Così ci accendiamo alla fiamma viva dello Spirito di Gesù che muore per amore e risorge; Egli fa risorgere le nostre vite e rigenera il luogo dove c’è posti a vivere e risuonare. Il suo Spirito accende una luce ed innesca in noi una “reazione a catena della carità”, amore disinteressato, profezia autentica.
Una Parola controcorrente: la grande Parola di Dio sul mondo è Gesù stesso nel suo corpo crocifisso, lo stesso corpo che ha lavato i piedi, ha abbracciato, sostenuto, accolto, risollevato altri. La profezia porta dentro di sé un aspetto di contraddizione (Lc 2,34) rispetto alla “mentalità del mondo”. Se non fosse così non sarebbe una Parola di vita, giustizia, amore e fraternità.
Ma il vero profeta non racconta una parola che gli è estranea, piuttosto la incarna e così racconta di sé al punto che Parola e vita sono inestricabilmente unite e coinvolte. Il discepolo e profeta non potrà quindi sottrarsi dall’essere egli stesso talvolta “segno di contraddizione”.
In conclusione essere profeti è mettersi in ascolto e farsi eco con la propria di vita della Parola di Dio che ci ha creati. Questa Parola siamo di giorno in giorno chiamati a diventare. Ed è una parola di:
• Consapevolezza: perché mi svela l’amore di Dio per me e mi permette di conoscermi fino in fondo senza timori;
• Liberazione: perché mi apre una via nella quale posso scegliere ogni volta di uscire da me ed andare incontro all’altro, al mondo… all’amore;
• Comunione: perché è una parola che ci convoca e ci raduna, crea legami, ci permette di regalare qualcosa di noi all’altro, di condividere un impegno di testimonianza;
• Servizio: fare dono della Parola che siamo, che ascoltiamo è il servizio più prezioso che possiamo vivere con le parole, la testimonianza, i gesti, la vita quotidiana;
• Speranza: perché riaccende sempre la passione per gli altri, la passione stessa che Dio vive per ogni persona, la passione che ha spinto Gesù a dare la vita perché si realizzi la visione di un mondo buono.
Ascolta, accogli, ama, canta la parola che sei!
«Lodate il Signore con la cetra, con l’arpa a dieci corde a lui cantate. Cantate al Signore un canto nuovo!» (Sal 32, 2. 3). Elevi però un canto nuovo non con la lingua, ma con la vita. Canta nel giubilo. Allora il cuore si aprirà alla gioia, senza servirsi di parole, e la grandezza straordinaria della gioia non conoscerà i limiti delle sillabe. (S. Agostino, Commento sui salmi) Cantiamo pure ora, non tanto per goderci il riposo, quanto per sollevarci dalla fatica. Cantiamo da viandanti. Canta e cammina. Che significa camminare? Andare avanti nel bene. Se progredisci è segno che cammini, ma devi camminare nel bene, devi avanzare nella retta fede, devi progredire nella santità. Canta e cammina. (S. Agostino, Discorsi)
Preghiera
Signore, noi non sappiamo parlare di te e le nostre parole sono sempre deboli, imprecise, approssimative.
Tu solo sei la Parola, e ti chiediamo di essere Parola per ciascuno di noi.
O Gesù, manifestati a noi come Parola di vita, affinché noi riconosciamo che tu sei il senso,
il significato dell’esistenza, che tu ci doni la vocazione decisiva per il nostro cammino.
Tu, che sei trasparenza del Padre, splendore e riverbero del Padre,
fa’ che contemplando il tuo volto di Crocifisso risorto possiamo vedere il Padre;
fa’ che ascoltando te possiamo ascoltare il Padre, perché tu sei la Parola ultima, definitiva,
nella quale c’è tutto ciò che l’uomo può desiderare.
Manifestati a noi, Gesù, nella tua umanità e nella tua divinità.
Concedici di cogliere in te l’Assoluto, il Perfetto, l’Eterno, l’Immenso, la Verità, l’Amore, la Giustizia,
la somma di tutti i beni desiderabili, Colui a cui tendono le nostre speranze e da cui dipende tutta la nostra vita,
ogni molecola del nostro corpo, ogni nostro pensiero, gesto, azione.
Fa’, Signore Gesù, Verbo di Dio fatto uomo, amico e fratello nostro, che in te ci si riveli il Dio Trinità,
Colui che è tutto e che ha in mano la vita e la morte, il tempo e l’eternità, la gioia e il dolore, la notte e il giorno.
Tu, Signore, sei lo scopo definitivo della nostra esistenza perché tu sei l’amore. (C.M. Martini)
PER RIFLETTERE E CONFRONTARSI
Al tempo stesso mi chiedo: cosa sono chiamato a fare, quale direzione di vita scegliere per dare compimento alla Parola che sento in me? Quale novità questa Parola mi propone oggi perché possa prendere corpo nella mia vita, perché diventi vera profezia?
Le “parole” e le “visioni” di futuro che ho ricevuto nella preghiera, nella testimonianza di altri, nelle occasioni della mia vita; quelle che sono nello zaino che porto come me dove sono e nelle situazioni che vivo. Quali sono e come sono per me “parole-guida”, “parole-luce” delle quali mi faccio cassa di risonanza?
Profeti con la vita! Non raccontiamo per sentito dire o cose imparate, idee, opinioni, giudizi personali. Il profeta racconta con la sua vita, come l’incontro vissuto con Cristo abbia portato luce e liberazione nella propria vita. Come la mia vita diventa trasparente della presenza dello Spirito in me?
Profeti nonostante i propri peccati? Il Battesimo non ci rende impeccabili, ma ci libera, donandoci la libertà dello Spirito. Il peccato non è più l’ultima parola sulla nostra esistenza. Possiamo essere profeti anche attraverso i nostri peccati, perché l’amore fedele di Dio è più forte e così la nostra fiducia non si esaurisce.
Come vivo personalmente la misericordia e il perdono di Dio? Come sono profeta di perdono e misericordia in un mondo di giudizio, disprezzo, intolleranza, scarto che conosciamo bene?