Dal buio alla luce. Quattro parole per ripartire: Speranza
Riflessioni bibliche tenute da don Fausto a “Dal buio alla luce: percorso online per giovani LGBT e la loro comunità” organizzato dal Progetto Giovani Cristiani LGBT il 1 maggio 2020
La domanda sulla speranza è una domanda che ha bisogno di una risposta; altrimenti sembrerebbe una sorta di bilancio preventivo per azzeccare un investimento. La speranza toglie al tempo quel senso di minaccia e gli restituisce il senso di una possibilità personale; può riservarci sorprese. La speranza supera il tempo, perché sa vedere il futuro impossibile a noi, ma “nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,37)
Iniziamo la riflessione dalla chiamata di Abramo come è raccontata in Gn 12,1-9:
Il Signore disse ad Abram:
“Vattene dalla tua terra,
dalla tua parentela
e dalla casa di tuo padre,
verso la terra che io ti indicherò.
Farò di te una grande nazione e ti benedirò,
renderò grande il tuo nome
e possa tu essere una benedizione.
Benedirò coloro che ti benediranno
e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette
tutte le famiglie della terra”.
Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì Lot. Abram aveva settantacinque anni quando lasciò Carran. Abram prese la moglie Sarài e Lot, figlio di suo fratello, e tutti i beni che avevano acquistati in Carran e tutte le persone che lì si erano procurate e si incamminarono verso la terra di Canaan. Arrivarono nella terra di Canaan e Abram la attraversò fino alla località di Sichem, presso la Quercia di Morè. Nella terra si trovavano allora i Cananei.
Il Signore apparve ad Abram e gli disse: “Alla tua discendenza io darò questa terra”. Allora Abram costruì in quel luogo un altare al Signore che gli era apparso. Di là passò sulle montagne a oriente di Betel e piantò la tenda, avendo Betel ad occidente e Ai ad oriente. Lì costruì un altare al Signore e invocò il nome del Signore. Poi Abram levò la tenda per andare ad accamparsi nel Negheb.
Abramo aveva quantità di greggi, mandrie; girava da un pascolo ad un mercato, da un mercato ad un pascolo senza fine. Quanto assomiglia al nostro girare e rigirare sulle stesse situazioni! Ma lì è al sicuro copre tutto con una fragile tranquillità. Abramo è un uomo che nonostante le ricchezze e l’amore di Sara non ha la “benedizione” più grande, perché non ha figli legittimi e perciò sente di non avere un futuro! Teme di andare perduto nel nulla, “perduto come lacrime nella pioggia”, senza lasciare traccia. Ha davanti il vero ignoto: il tempo!
È probabile che vivesse una inquietudine interiore in quel rigirare sempre sulla sua vita, senza futuro. È probabile che sia accaduto qualcosa di grave che abbia fatto crollare tutto e lui abbia perso ogni sicurezza (come capita a noi e all’umanità in questo tempo) e sia dovuto partire. La Scrittura concentra questo momento in una parola che Dio rivolge ad Abramo, una parola sconcertante: “Vattene dalla tua terra”.
Ma c’è un senso profondo. Finché la domanda sul futuro l’uomo la rivolge a se stesso, è come Abramo che gira e rigira. La sapienza della Scrittura ci racconta il senso nascosto nei fatti e mette questa parola in bocca a Dio, perché soltanto Dio può essere l’interlocutore.
Quella sul futuro è una domanda da Dio! Abramo può andare incontro a qualcosa di bello! E deve lasciare le sue sicurezze; senza questa operazione coraggiosa non ci sarebbe stata partenza. Abramo inizia un percorso serio; parte senza predeterminare i punti di arrivo, (la terra gli sarà mostrata strda facendo), ma accoglie la via che gli si apre davanti e dice il suo “si”, magari tremolante, ma sincero.
A quali false sicurezze mi aggrappo talvolta? Atteggiamenti, situazioni, modelli comportamentali… Riesco a fare distinzione tra sicurezze e bisogni della mia persona con le caratteristiche, le doti e i limiti, senza farne rischiosi alibi
Abramo non è un avventuriero. Il coraggio di partire viene dalle parole della promessa di Dio! Ad Abramo non è dato il privilegio di svelare il futuro ignoto, ma accetta l’inevitabile esercizio della fiducia. Abramo può fidarsi perché si apre a questo nuovo interlocutore, Dio. Qualcuno guarda il futuro insieme con lui! La speranza è dialogica ed è un cantiere sempre inevitabilmente aperto fino all’ultimo istante.
Quale gesto posso fare per vivere la mia fiducia verso Dio e irrobustirla? Lascio che la mia relazione con Dio purifichi il mio sguardo sul futuro sgombrando l’orizzonte da velleità o attese inappropriate per vedere finalmente una strada possibile e bella aperta per me?
Abramo era già anziano, ma la promessa di Dio gli aveva ringiovanito il cuore”! La promessa di Dio assomiglia a ciò che si prova quando innamoramento e amore si saldano!!! C’è una passione , che accende il cuore, che fa da catalizzatore della vita e affascinandola le fa girare lo sguardo. C’è poi lo sbilanciamento che è fiducia e scelta di impegnarsi per qualcuno, con qualcuno.
Dio lo fa per primo con Abramo, giocandosi la faccia con lui! È così che funziona: nessun seme germoglia senza essere gettato: “se il chicco di grano, caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto” (Gv 12, 24). È la dinamica del tempo: opportunità per diventare fecondi.
Quando arrivò poi nella terra che Dio gli aveva promesso, quella che la vita mette davanti talvolta, Abramo “costruì un altare” (v. 7). Lui sa che le difficoltà e lo scorrere del tempo potranno scolorire l’orizzonte della promessa e allora pianta un “memoriale”.
La speranza verso il futuro paradossalmente ha bisogno di memoria! Questa è la dinamica della preghiera ebraico-cristiana e perciò della liturgia, che parte dal memoriale delle gesta di Dio, per ricordare a Dio di continuare ad avere cura del popolo e per confermarsi come il popolo amato da Dio.
Bisogna imparare a piantare le “pietre miliari” del nostro cammino di vita….. si un bravo muratore !!!
Arriverà per Abramo il momento della prova più dura, quando in modo misterioso Isacco (forse per una malattia) sembrerà essere chiesto indietro da Dio (Gn 22). A noi sembra una mostruosità, ma sotto racconta di un passo ulteriore di fiducia e speranza. Abramo fino a quel momento forse aveva dato a Dio le cose, e dal racconto sembra continuare a farlo offrendo Isacco in sacrificio; è invece giunta l’ora di dare confidenza, di dare a Dio tutto lo spazio nel cuore.
Fare spazio a Dio nel cuore e scoprirlo presente là dove sembra esserci “buio”; scoprire che le paure di perdere sicurezze e opportunità svaniscono perché c’è il “bene” più prezioso, su cui si basa la “speranza contro ogni speranza” (Rom 4,18), quella “riversata nei nostri cuori” (Rom 5,5) con lo Spirito di Dio, che è lo Spirito di uomini e donne di coraggio, che fanno passi di speranza nel tempo e lasciano frutti di vita, amore, giustizia, liberazione.
Nella Bibbia Abramo è l’“amico di Dio” (2Cr 20,7; Is 41,8; Dn 3,35; ). La speranza ha bisogno di crescere e consolidarsi; è figlia della tenacia, talvolta della testardaggine non di incastrarsi su una unica cosa; di non tirarsi mai indietro ogniqualvolta è chiesto di donare, amare, servire, sostenere, stare accanto. Dio si è fatto amico di Abramo, lui se ne è accorto e ha ricambiato, consapevole di potere conoscere il futuro un passo alla volta man mano che metteva avanti il piede, anche se c’era buio, anche se non vedeva il terreno dove poggiare la pianta del piede.
Quale primo passo di speranza verso qualcuno, verso un impegno, verso la comunità cristiana, verso me stessa/o?
> Per la Preghiera personale: Salmo 119, 105-112; Dt 32, 7-12
> Le slide bibliche su parole per ripartire: Speranza (file PDF)