Dalle Frontiere. Schiena dritta, occhi al cielo e sorriso in volto
Testimonianza di Tiziano Fani Braga, Coordinatore di Mosako – Cristiani LGBT+ Roma e Piccolo Fratello dell’Accoglienza, sugli Esercizi Spirituali “Dalle Frontiere” per cristiani LGBT+, i loro familiari e gli operatori pastorali (Bologna, 30 Ottobre- 3 Novembre 2024)
In questi giorni, abbiamo avuto la fortuna di ritagliarci un vero e proprio angolo di paradiso in terra, grazie a un evento che ha saputo amalgamare testimonianze, laboratori e incontri significativi.
Sotto l’ombra protettiva del Santuario Madonna di San Luca e tra le mura accoglienti della casa gesuita di San Giuseppe, si è svolto un appuntamento immancabile nel nostro percorso pastorale: gli Esercizi dalle Frontiere, dedicati al tema “Dignità e responsabilità”.
Questi giorni sono stati un’ode alla bellezza dello stare insieme, un’esperienza che ha dimostrato quanto possa essere potente e trasformativa la connessione umana. Abbiamo condiviso storie, riflessioni e momenti di intensa preghiera, affrontando tematiche cruciali come la dignità e la responsabilità che abbiamo nei confronti di noi stessi e della Chiesa.
In un contesto dove la distanza sembra prevalere e si tende a rimanere invisibili, abbiamo trovato un ambiente ricco di empatia e solidarietà.
La nostra esperienza è stata colorata dalle risate e dall’amicizia, un ritrovo di anime vibranti che hanno scelto di non lasciarsi sfuggire nemmeno un attimo di questa opportunità.
Abbiamo fatto le ore piccole, talvolta immersi in conversazioni profonde e altre volte sorpresi da momenti di spensieratezza. Questi legami, creati in un clima di condivisione, ci ispirano a fare la differenza, a rimanere coesi pur preservando la nostra individualità e il nostro autentico rapporto con il Signore.
Un ringraziamento speciale va a tutti coloro che hanno reso questo evento memorabile: da La Tenda di Gionata, a Padre Pino, ai genitori che ci hanno supportato.
Ma soprattutto, un grazie di cuore ai ragazzi LGBT+, numerosi e luminosi, che hanno portato con sé una vitalità contagiosa. Il confronto con i ragazzi, quasi miei coetanei, mi ha fatto capire veramente dove bisogna tornare: tornare ad una fede autentica e destrutturata, a misura d’uomo.
Essere “curati” da ciò che veramente è ferita, non dalle nostre identità o dalle nostre realtà, ma dall’esclusione dalle comunità, dal giudizio degli altri e dal voler confinare l’esperienza personale sotto delle sovrastrutture teologiche/morali che non rispondono veramente al nostro rapporto col Signore, ma a ciò che ci è stato imposto nel tempo.
Ora, mentre torniamo alle nostre quotidianità, portiamo con noi questa luce, questa acqua viva che abbiamo trovato in questi giorni.
Portiamo noi stessi, figli di Dio resi perfetti dal Suo amore, e diventiamo portatori di una dignità infinita che ha il potere di cambiare non solo le nostre vite, i nostri gruppi e realtà parrocchiali e anche dell’intera Chiesa.
In un’epoca in cui è facile sentirsi soli, questa esperienza ci ha ricordato l’importanza di costruire comunità forti e accoglienti, dove l’ascolto e il rispetto reciproco possono davvero alimentare il cambiamento.
Continuando a coltivare questi legami, ci impegniamo a vivere nella dignità e nella responsabilità, diventando protagonisti di una nuova storia.
Uniti nella fede, sarà nostra cura portare avanti il messaggio di amore e solidarietà che abbiamo vissuto insieme, essere ognuno cura del prossimo, affinché ogni spazio che tocchiamo possa riflettere un po’ di quel paradiso che abbiamo vissuto.