Dall’Ucraina in guerra all’Ungheria. La discriminazione, una costante, per le persone LGBT
Articolo pubblicato sulla newsletter di AGEDO, Associazione Genitori di persone Omosessuali, maggio 2022
La terribile guerra in Ucraina con i suoi bombardamenti, distruzioni e perdite di vite umane, anche di civili è davanti gli occhi di tutti. Sono catastrofiche anche le conseguenze sul piano economico e su quello umanitario. Secondo una nota di Amnesty International, un’escalation del conflitto armato in Ucraina avrebbe conseguenze devastanti per i diritti umani nella regione.
La piattaforma QUiD riporta su Instagram che le autorità russe avrebbero già pronti dei programmi di intimidazione e repressione degli oppositori nei territori occupati: ci sarebbero tra i bersagli sensibili di questa operazione anche i gruppi Lgbt+ ucraini. Del resto il patriarca Kirill, molto vicino a Putin, per giustificare la guerra all’Ucraina ha usato l’argomento della crociata contro l’Occidente e la comunità Lgbt +.
La storica attivista per i diritti LGBT Olga Shevchenko, a capo dell’organizzazione ‘Insight’ ricorda che “Per motivi di sicurezza molte persone Lgbtqi+ sono già partite alla volta di altri Paesi.Molte altre invece hanno fatto il servizio militare: erano in guerra nel 2014 nell’Ucraina orientale e ora sono veterani e sono andati a proteggere di nuovo il nostro Paese”.
Un’analisi del Fatto quotidiano ricorda come i diritti Lgbt siano negati nella zona dell’ex Urss fuori dall’Unione Europea. In Russia è vietato fare “propaganda omosessuale” con una legge ad hoc, e nella stessa Ucraina la situazione non è molto migliore (nonostante le affermazioni del Patriarca Kirill). Le speranze iniziali di miglioramento con la salita al potere di Zelenski sono state deluse, come riferisce Il grande colibrì.
Abbiamo visto come sia difficile varcare la frontiera per le donne transgender ucraine, a causa del sesso indicato sui documenti. In Polonia e Ungheria, dove Orbán ha riconfermato il suo potere, sono presenti leggi palesemente discriminatorie.
Allargandosi il conflitto, si teme che lo spazio democratico per le comunità LGBT potrebbe venire ancora più limitato.
Fortunatamente, in Ungheria nessuno dei 4 referendum anti LGBT+, proposti da Orbán con lo slogan “Proteggiamo i nostri bambini”, ha raggiunto il quorum.