Davanti ai “dubia” della nostra chiesa noi cristiani LGBT chiediamo veri percorsi di dialogo e accoglienza
Lettera aperta del gruppo Il pozzo di Sicar, Cristiani LGBTQ+ “di Torino, del 21 marzo 2021
Nei giorni successivi al 15 marzo 2021, giorno in cui la Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato il Responsum ad un Dubium circa la benedizione delle unioni di persone dello stesso sesso, c’è stato un confronto sull’argomento nel nostro gruppo di Cristiani LGBTQ+ che ha prodotto questa nostra lettera aperta.
Il nostro augurio è che ognuno possa trovare, secondo il proprio essere e nei doni che lo Spirito ha offerto a ciascuno, l’unione con Dio. Speriamo anche di vedere la Chiesa in cui ci siamo formati, come credenti e come persone, essere capace di amare e accogliere pienamente tutte le persone, anche quelle LGBTQ+.
Questo desiderio non nasce dall’esigenza della ricerca di un’approvazione formale rivolta a noi stessi, bensì dalla duplice motivazione di fare conoscere a tutti la Chiesa accogliente e amorevole, incontrata attraverso gli operatori pastorali (sacerdoti, religiosi/e, diaconi) che ci hanno accompagnato, e di evitare ad altre persone LGBTQ+ le sofferenze che alcuni di noi hanno vissuto e che hanno portato altri amici ad abbandonare la ricerca di Dio nella Chiesa.
Purtroppo, il volto che la Congregazione per la Dottrina della Fede mostra della Chiesa Cattolica attraverso un documento come la risposta al Dubium di lunedì scorso non appare amorevole: somiglia piuttosto allo sguardo insofferente che accompagna una moneta offerta in fretta, senza guardare la persona e senza fermarsi a parlare per capire di cosa abbia veramente bisogno.
È grande la nostra delusione per le scarse argomentazioni teologiche, per il linguaggio che lascia intendere un approccio superficiale o deliberatamente ignaro delle evoluzioni scientifiche, antropologiche e sociali degli ultimi decenni.
Delusione per le contraddizioni fra gli apparenti messaggi di apertura e accoglienza e la mortificazione del progetto di vita della persona, il quale crediamo fortemente rientri nei disegni di Dio. Delusione per i pesanti fardelli che vengono imposti sulle spalle delle persone LGBTQ+ e delle loro famiglie, soprattutto di quelle che, per percorso precoce o preparazione insufficiente, non hanno gli strumenti teologici, morali e psicologici per affrontare con serenità una sana discussione.
E ancora delusione per la scarsa considerazione delle esperienze pastorali e degli approfondimenti teologici di chi in questi anni sta affrontando e approfondendo questi temi con attenzione e sensibilità; delusione per gli effetti centrifughi su tanti fratelli e sorelle che riconoscono nella Chiesa ormai solo l’istituzione e non riescono più a trovarvi l’Amore di Dio, che si manifesta attraverso la fede e che può, e deve, essere un’esperienza concreta d’incontro e relazione, e non una teorica dissertazione basata su stereotipi e obsolete norme dottrinali.
Paradossalmente questo documento, oltre a tante delusioni già manifestate, ha rinnovato in noi credenti LGBTQ+ il desiderio di farci testimoni del valore di essere cristiani omosessuali all’interno della Chiesa; inoltre è diventato anche occasione di approfondimento per il senso reale e attuale dei Sacramenti e dei Sacramentali, oltre che della loro origine storica.
Ripercorrendo poi la storia della Congregazione per la Dottrina della Fede, che ha sostituito la precedente denominazione di Sant’Uffizio, abbiamo ricordato la nota condanna a Galileo Galilei che sosteneva la teoria eliocentrica (a giudizio dei suoi accusatori in contraddizione con le Sacre Scritture) e ci siamo posti una domanda: quando la nostra Chiesa abbandonerà la visione sesso-centrica della relazione di coppia e ne accoglierà la più importante dimensione amore-centrica?
Perché nella coppia omosessuale affettivamente risolta e viva c’è molto più del mero atto sessuale: c’è quell’amore divino, gratuito, libero, che lascia spazio e non imprigiona. Infatti, è nelle relazioni di coppia, anche omosessuali, che si crea quella dimensione divina dell’amore in cui si ama veramente, in cui l’amore non è possesso, soddisfacimento di un bisogno sessuale o riempimento di un vuoto interiore, ma è coronamento dell’unione con l’altro, col diverso da sé, che fa scoprire la libertà di amare e di essere amati.
Sicuri di essere amati da Dio, sperando di continuare a camminare insieme ed essere totalmente amati dalla Chiesa anche nella nostra vita affettiva, desideriamo scrivere ai nostri vescovi perché come pastori sentano anche il lamento di questa parte del gregge che il Signore ha voluto loro affidare.
Siamo fiduciosi che i vescovi possano ulteriormente promuovere percorsi di vero dialogo e accoglienza pastorale della comunità LGBTQ+ in seno alle proprie rispettive diocesi perché “dov’è carità e amore lì c’è Dio”.
Torino, 21 Marzo 2021
Il Pozzo di Sicar