Riconciliarsi! La sfida dei cristiani LGBT del David et Jonathan
Articolo* di Jacques C. pubblicato sul sito dell’associazione di credenti omosessuali francesi David et Jonathan il 20 maggio 2007, liberamente tradotto da Marco Galvagno
Riconciliazione: tutto un programma! Quando (in Francia), una sera di gennaio del 1972, dei cristiani omosessuali ebbero l’audacia di recitare insieme il Padre Nostro, era anche questa la loro ambizione: riconciliare se stessi e quelli che si sarebbero uniti a loro, l’omosessualità e la fede cristiana.
Questa sfida l’associazione (ndr di credentio omosessuali) David e Jonathan la declina, fin da allora, sotto molte forme: la presenza accanto alle persone, per regalare un luogo in cui respirare tranquillamente, un luogo d’accoglienza, ascolto e convivialità; presenza nelle istituzioni, sia civili che religiose, per renderle attente e aperte a questa differenza, presenza accanto alle comunità, sia dei credenti che degli omosessuali, per farvi parte a pieno titolo e tessere con loro i fili di un vero dialogo; presenza militante, insieme ad altre associazioni, nella lotta contro l’AIDS e per il riconoscimento dei diritti delle persone omosessuali.
I terreni d’applicazione sono diversi, una stessa utopia ci unisce ed ha il sapore del Vangelo.
Certi non credono a una riconciliazione possibile tra fede e omosessualità, perché non hanno mai trovato in passato comunità accoglienti e fraterne. Restano confinati nel silenzio della loro diversità o sono percepiti come pervertiti pericolosi, o hanno preferito voltar pagina.
Altri hanno purtroppo compiuto scelte ancor più radicali, privati del diritto a vivere alla luce del sole o divorati dall’odio di sé, schiacciati da insostenibili sensi di colpa o dal disprezzo e dalle ingiurie, hanno abbandonato la vita.
L’omofobia, dato che bisogna ben chiamarla con il suo nome, è multiforme. La parola non soddisfa i puristi del linguaggio. In effetti, la sua etimologia vera vorrebbe dire “odio dell’uguale”, quindi di se stessi, ma ormai significa per tutti avversione verso gli omosessuali. Comunque sia, la realtà ferisce nell’intimo gli uomini e le donne che la subiscono, vive negli sguardi e si insinua anche nelle finte parole di compassione.
Talvolta trincia giudizi travestiti di morale o igiene sociale, altre volte riveste i panni dell’esegesi biblica o del buon senso anatomico. Altrove, ancora, religione e psicanalisi vanno a braccetto e si pavoneggiano dandosi delle arie.
Il 10 marzo 1971, sulle onde di RTL, Ménie Grégoire organizzò un dibattito sul tema “L’omosessualità, questo doloroso problema”; venne interrotta al grido di “Non è vero, noi non soffriamo!”. Molti ancora oggi si chinano su quei “poveri malati” che immaginano solamente come persone tristi. Bisogna dunque soffrire per avere diritto di esistere?
Succede ancora oggi di sentire uno psicologo o un cardinale fare discorsi di questo tipo. Per fortuna la loro audience, tra i loro colleghi, sta calando. Il cristiano il cui orientamento affettivo e sessuale attiene all’omosessualità deve affrontare una corsa ad ostacoli.
La nostra scommessa è che superarli è possibile. Ancor di più, noi pensiamo che l’esperienza cristiana offra i mezzi di una pacificazione interiore, di una riconciliazione con se stesso, con gli altri e con Dio. Le testimonianze di persone che hanno trovato nella vita di coppia omosessuale un autentico percorso di costruzione di sé, dell’altro e della società abbondano.
Se dobbiamo elencare gli ostacoli da superare, diciamo che di solito ci emarginano a causa dei pregiudizi comuni. L’immaginario, la curiosità, e a volte anche l’invidia, fanno la loro parte. Cosa fanno queste persone nella loro vita intima? I loro gesti d’amore non sono contro natura? La repulsione ispirata dalla sodomia, ritenuta una cosa sporca, l’uso “sviato” degli organi genitali scioccano i sostenitori della sessualità convenzionale. Per quanto naturale appaia la sessualità eterosessuale, essa rimane pur sempre costruita, né il sesso anale è appannaggio esclusivo degli omosessuali.
A questo va aggiunto la facile equiparazione che troppo spesso si fa tra omosessualità e pedofilia. Il non rispettare le norme sociali che reggono le relazioni tra i due sessi e tra le generazioni contraddice inoltre le cosiddette leggi naturali, rappresentative, per il credente, dell’ordine voluto da Dio. La condanna viene dunque raddoppiata e sacralizzata. La trasgressione diventa peccato. Che dire delle minacce che l’omosessualità costituirebbe per la famiglia e la sua organizzazione borghese? Sono paure e visioni che non sono condivise da tutte le culture, né da tutte le epoche.
Bisognerebbe dunque concludere che l’eterosessualità, difesa così aspramente, sia dunque così fragile che solo una norma sociale totalitaria possa assicurarne la sopravvivenza? Come mai, nonostante le professioni di fede egualitarie, il ruolo della donna nella Chiesa Cattolica resta subordinato? Le imprese e le società civili che mostrano le stesse cose non si imbarazzano poi a fare discorsi tranquillizzanti.
Le donne lo sanno. Alcune muoiono. Il maschilismo regna, altri preferiscono parlare di eterosessismo, ma in realtà le cose non cambiano molto: senza che sia necessariamente effeminato, si presume che il gay faccia la donna, quindi eredita uno status di essere inferiore.
Per la fallocrazia diffusa, l’omosessualità può solo essere sovversiva. Certi eterosessuali omofobi brandiscono il rischio del contagio che i gay eserciterebbero sugli altri e arrivano a giustificare una sorta di violenza preventiva.
Il credente che apre la Bibbia ed è legato a un’interpretazione letterale dei testi non può mancare di trovarvi le giustificazioni al suo rifiuto dell’omosessualità . Ma non dovremmo forse interrogarci su queste interpretazioni? La Bibbia parla di omosessualità nel senso di una relazione tra due persone?
Lo scarto storico e culturale rende pertinente la domanda. Chi oserebbe oggi osservare tutte le prescrizioni del Levitico, con il rischio di contraddire valori essenziali del cristianesimo? Con una punta d’ironia, che non guasta, un messaggio proveniente dagli Stati Uniti circolava recentemente su Internet e chiedeva: “Il Levitico afferma che posso possedere schiavi maschi e femmine a condizione che non vengano comprati negli stati vicini. Un mio amico afferma che vada applicato ai Messicani, ma non ai Canadesi. Potete chiarirmi questo punto: posso possedere schiavi Canadesi?”
Lo stupro dei vinti fa parte delle pratiche barbare di guerra, è presente nella Bibbia ma imperversa ancora nei conflitti odierni. E che dire delle prigioni dove il potere dei boss si manifesta ancora stuprando i più deboli?
Questo attacco alla dignità umana e la riprovazione che suscita dà dell’omosessualità un’immagine distorta, ridotta allo sfruttamento del debole da parte del forte. Inoltre, persino alcuni mistici si sono persi, volendo scindere l’amore spirituale da quello carnale: “Chi vuole fare l’angelo finisce per fare la parte dello stupido”. Si tratta di esseri umani, non di angeli, e quindi anche una lunga vita lascia il nostro cammino incompiuto.
Dobbiamo stupirci, dopo tutto questo, di vedere le manifestazioni di un’omofobia interiorizzata? Sotto una valanga di riprovazioni e giudizi negativi, ci vogliono spalle forti per non odiare se stessi. L’alterità brandita come slogan si ridurrebbe dunque alla sola differenza anatomica tra i due sessi.
L’omosessuale è a questo punto chiuso al mistero di ciò che gli sta di fronte, dunque è a fortiori escluso dalla conoscenza dell’Altro, che la Chiesa definisce “una capacità universale”. Quando parla dell’uomo, la morale cristiana lo fa ancora in termini troppo metafisici.
Si muove nel cielo astratto delle idee quando l’uomo concreto si dibatte nella Storia. Considerando solo l’uomo ideale, non quello incrociato nella metro, all’università, in chiesa, scoraggia con i suoi discorsi coloro la cui quotidianità è segnata dagli alti e bassi della vita, più che dagli splendori della Verità. Così facendo, aggiunge all’omofobia già socialmente pesante il sigillo della sua ontologia sovrana.
Erede filosofico dello stoicismo, il cristianesimo ha sempre diffidato del piacere, porta aperta all’irrazionale e al peccato, persino all’interno del matrimonio eterosessuale. Questa diffidenza diventa condanna quando si tratta degli omosessuali, visti come persone alla ricerca di un piacere perverso. Con il pretesto che la sessualità mette in opera energie difficilmente controllabili, bisogna vietare o sospettare del piacere in sé in nome di un principio di precauzione altrettanto insostenibile?
Nessuno pensa di negare che, in materia di sessualità, esista una tensione, aggravata forse, nel caso dell’omosessualità, dal modo in cui la si considera. Umanizzare la propria sessualità è un compito di vasta portata. Prendere atto dello scarto tra l’ideale sperato e la sua realizzazione può diventare molto presto scoraggiante, per poco che questo ideale venga associato all’espressione della volontà divina.
Uno scoraggiamento che diventa portatore di morte. Uscire da queste dinamiche è una urgenza vitale. Pensiamo che il cristianesimo, nonostante gli eccessi di cui abbiamo parlato, che lo sfigurano, porti in sé l’antidoto o il vaccino contro queste derive. La fede cristiana non può limitarsi alla sola relazione individuale con Dio. Nell’uomo la sessualità si inscrive nell’intimo, ma anche nella sfera sociale e politica.
Pretendere di risolvere le tensioni affettive e sessuali con i soli mezzi della spiritualità vuol dire onorare la nostra umanità incarnata e sociale? Parlare delle persone omosessuali come altri parlano delle persone divorziate, rifiutando di ridurre la persona nella sua globalità a un solo aggettivo che ne dà una connotazione negativa e che si vuole attenuare, testimonia spesso la buona volontà di chi parla. Ma basta questo perché siano assicurati il rispetto e l’accoglienza delle persone nella loro globalità? Le testimonianze di fecondità di una vita omosessuale non mancano.
Quante creazioni artistiche e culturali, quante realizzazioni sociali e politiche, quanti traguardi spirituali o religiosi sono il frutto di questa tensione accettata e a volte trascendentale, nonostante questo possa sembrare paradossale agli occhi di qualcuno, cioè che una tale fecondità possa conciliarsi con una pratica omosessuale effettiva? Nella loro vita di coppia e grazie alla vita di coppia molte persone crescono e fanno crescere l’altro.
L’umiltà serena del compromesso accettato, che non significa affatto compromettersi, rimette la persona umana nella sua verità profonda davanti a Dio. Essere omosessuale o eterosessuale, del resto, non dipende da una scelta chiara e consapevole rintracciabile nel tempo; è una realtà che si impone e che conviene accettare nella maniera più umana possibile, rinunciando a dettare a nostro Signore ciò che dovrebbe fare. Un tale atteggiamento non esclude una certa fierezza, restituisce al Dio di Gesù Cristo un’immagine più rispettosa del suo mistero perché meno macchiata di antropomorfismo e meno idolatrica, senza cessare di essere un enigma per gli uomini e le donne che ne sono toccati.
L’omosessualità trova posto nel progetto creatore di Dio. La vita delle persone interessate acquisisce un senso e una fecondità che non sono affatto biologiche, e ancor più si attesta nella storia. Restano da inventare le maniere collettive, la politica vi si adopera per costruire una nuova vita insieme e le Chiese, invece di frenare le persone gay e rinunciare alle esigenze del Vangelo, dovrebbero praticare il rispetto che si limitano a predicare.
Sull’unica strada che gli si impone, il cristiano omosessuale ha il diritto di trovare delle proposte sul senso della vita che rendano onore alla sua umanità, servano la sua fede e l’aiutino a crescere.
L’associazione David e Jonathan, radicata sul campo e aperta all’umanesimo cristiano, vuole essere al servizio delle donne e degli uomini d’oggi; con molte altre persone, non tutte credenti né tutte omosessuali, lotta contro l’omofobia, cosciente delle responsabilità particolari che le competono, come il prendere posizione su argomenti delicati, con il rischio di essere emarginata. Vuole essere partecipe e solidale verso le comunità della Chiesa, verso il mondo omosessuale e la società in generale. Meglio ancora, fedele all’audace scommessa dei suoi fondatori, testimonia attraverso l’esperienza che è possibile essere cristiani, cittadini e omosessuali ed essere felici.
* L’associazione David et Jonathan partecipa da trent’anni ai dibattiti su omosessualità e cristianesimo in Francia; qui ci presenta la sua lettura lo stato attuale di questi dibattiti nelle diverse Chiese cristiane.
Testo originale: Homosexuel, chrétien, citoyen…Il n’y a pas de contradiction!