DDL Zan: “l’opinione porta in prigione”? Ma quando mai!
Riflessioni di Massimo Battaglio
Sabato, a Padova, è comparso uno striscione a cura di un’organizzazione di estrema destra che non dico. Tanto si sa. Diceva: “DDL Zan, quando l’opinione porta in prigione”.
Nella stessa giornata, a Milano, un ragazzo gay di ventotto anni era finito in ospedale dopo essere stato preso letteralmente a mazzate fino a stramazzare per terra, da due individui (marito e moglie uniti in matrimonio come da santa tradizione) di opinione diversa.
Il giorno prima avevamo appreso una notizia proveniente dalla cintura torinese. Era la conferma precisa di quanto avessero ragione i poetici autori dello striscione padovano. Tuttavia, al contrario.
I fatti riguardavano un distinto signore il quale aveva capito che il figlio è omosessuale. Siccome la sua opinione sugli omosessuali era un po’ problematica, aveva pensato di esprimerla ingaggiando una specie di sicario perché lo punisse. E, visto che il figlio in questione fa il chirurgo, aveva raccomandato che gli fossero spezzate le mani. Il sicario, un po’ meno buzzurro del distinto, aveva un’opinione leggermente diversa o forse non ne aveva alcuna, sicché aveva escogitato un piano ancora più bizzarro. Aveva detto tutto alla vittima e gli aveva fatto una proposta: “io non ti spezzo un bel niente ma facciamo un video falso. Lo mandiamo a tuo padre; lui mi paga e tu lo denunci”. Ed era andata così.
Ora il padre (padre?) ha patteggiato due anni. Col DDL Zan, recentemente approvato alla Camera ma non ancora al Senato, avrebbe dovuto patteggiarne tre e avrebbe potuto giovare di un percorso rieducativo. Necessario, direi.
Patteggiare significa praticamente ammettere la propria colpevolezza ma il signore è talmente distinto che ora, evidentemente vergognandosi – e cioè facendo l’unica cosa giusta che potesse fare – nega tutto. Cosa che ha dato occasione a un grande fondatore di un piccolissimo partito, di sbraitare che si tratta di un complotto della potentissima lobby gay intergalattica. Riporto senza citare la fonte. Tanto si è capito:
“Barbara D’Urso racconta una storia di “omofobia” accusando un padre di aver assoldato un sicario per spezzare le mani a un figlio gay. Tutto campato per aria, col sicario d’accordo colla vittima, a volto coperto, con il padre che smentisce tutto“.
Un’inversione della realtà formidabile. Un atto di disinformazione da far accaponare la pelle. Se il grande fondatore, invece di cinguettare stupidaggini su twitter, avesse scritto la stessa cosa sul proprio famoso giornale dal titolo cristiano che più cristiano non si può, sarebbe roba da radiazione dall’albo dei giornalisti. Anche senza ricorrere al DDL Zan.
Fa lo stesso. Chi si crede troppo furbo, di solito, si inganna da sé (e i risultati elettorali parlano). Gli chiederei però di cambiare almeno testata. In base a quali norme? Per esempio: “Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo” (Es 20,15 cfr Dt 5,20). Oppure: “bandita la menzogna, ognuno dica la verità al suo prossimo perché siamo membra gli uni degli altri” (Ef 4,25). O ancora: “Chi agisce con inganno non abiterà nella mia casa; chi dice menzogne non potrà restare davanti ai miei occhi.” (Sal 101,7). Potrei andare avanti per un bel po’. Nella Bibbia, il termine “menzogna” compare 102 volte. Il termine “omosessuale”, nessuna.
Per approfondire: omofobia.org