“Degni di fedeltà”. Il ritiro della Diocesi di Torino per coppie gay e i loro familiari
Articolo di Emmanuela Banfo pubblicato sul sito del Corriere della sera – cronaca di Torino il 3 febbraio 2018
Care coppie gay, uscite dalla clandestinità, siate fedeli l’uno all’altro e amatevi. Può essere riassunto in questi termini il senso del lavoro che don Gianluca Carrega sta portando avanti da cinque anni a Torino. È l’unico in Italia incaricato dalla Diocesi a seguire le persone omosessuali e lesbiche che, dopo l’ entrata in vigore della legge Cirinnà, hanno diritto a unirsi civilmente. Per loro la Chiesa cattolica non riserva corsi di preparazione al matrimonio, come invece prevedono altre Chiese in ambito cristiano, in quanto non riconoscono alle unioni la medesima sacralità.
Tuttavia «a noi interessa – spiega don Carrega – che proseguano il loro cammino di fede e che si domandino che cosa vuol dire condividere la propria esistenza alla luce del Vangelo». I principi che stanno alla base di una vita a due sono uguali a quelli delle coppie eterosessuali, a partire dalla fedeltà, come patto di reciproco rispetto. Nessuna colpevolizzazione, anzi «è importante che abbiano consapevolezza e il coraggio di esplicitarla, a partire dagli stessi famigliari».
I genitori
Punto dolens, infatti, sono spesso i genitori. «Non è sufficiente – rileva il sacerdote – essere credenti per capire e accogliere figli gay. Anche loro hanno bisogno di essere accompagnati in un percorso che faccia loro capire di non essere di fronte a una tragedia. Durante i nostri incontri alcuni accettano di portare la loro testimonianza ad altri genitori che si trovano in una situazione analoga e che hanno difficoltà ad accettarla».
Nessuna colpevolizzazione, quindi, e nessuna teoria dell’omosessualità o del lesbismo come malattia. Non sono – ci tiene a precisare don Carrega – corsi per redimere, per recuperare a una presunta sana normalità chi invece se ne sarebbe allontanato. D’altra parte su questo fronte la Chiesa cattolica, che pur non riconosce le unioni civili come vero e proprio matrimonio, non è all’anno zero.
«Dal 2005 – spiega don Caregga – all’interno della Pastorale per la famiglia, di cui era responsabile don Valter Danna, c’era un’attenzione verso le persone omosessuali. L’unica novità è che da cinque anni si è creata una Pastorale ad hoc. Quello della fedeltà non è l’unico aspetto che affrontiamo. Gli altri riguardano le relazioni con gli altri, all’interno della famiglia e nella società. A noi interessa che ciascuno abbia coscienza di quello che è e che non smarrisca la fede».
Due ritiri spirituali all’anno aiutano in questo senso, come quello in programma il 24 e 25 febbraio (2018) in un istituto di suore. Un percorso, quello di fede, che ha bisogno di essere continuamente alimentato ed è per questo che «la chiesa deve accogliere, mettersi in ascolto, accompagnare». Dopo i corsi queste coppie restano nella chiesa, continuano a frequentarne le attività? «Esattamente come tutte le altre coppie eterosessuale. In proporzione la percentuale è uguale».