“Devo accogliere mio figlio che è gay?”. Lettera di una madre a Famiglia Cristiana
Risposta di Mariateresa Zattoni e Gilberto Gillini a una lettera di una madre con un figlio gay, pubblicata sul sito del settimananle cattolico Famiglia Cristiana il 16 novembre 2016
La lettera dura di una lettrice: «Nostro figlio vuol venire a cena a Natale con il compagno, con cui convive da tre anni. Per me è come rinnovare un dolore che mi ha portato via la metà degli anni. Mio marito vorrebbe cedere, ma io no, non me la sento. Mio marito vorrebbe cedere, ma io no, non me la sento, proprio non me la sento. Nostro figlio, l’unico figlio, vuol venire a cena (si è prenotato adesso per Natale!) con il compagno, con cui convive da tre anni. Per me questo è rinnovare un dolore che mi ha portato via la metà dei miei anni. Ma perché vuol venire a rovinarmi il Natale? E perché suo padre, proprio quest’ anno, vorrebbe “cedere”?» Giorgia
Cara Giorgia, nella tua dolorosa lettera, ci dici che questo figlio è serio, lavora, non vi chiede nulla dal punto di vista economico e che voi, già ormai da dieci anni, gli avete “predicato” (parola tua) in tutti i modi che voi non condividete la sua scelta omosessuale. Da una sola lettera non possiamo certo intuire se voi avete fatto errori educativi, se il vostro rifiuto della sua scelta è diventato un rifiuto di lui… Ci racconti che dopo il suo outing (lui era già fuori casa) voi non avete nemmeno risposto al telefono per un anno. Ci pare di capire che vostro figlio (a proposito, come si chiama?) voglia essere accettato, forse non vi sta chiedendo di condividere la sua scelta, vi sta chiedendo di rimanere vostro figlio.
Forse sente il tuo dolore, cara Giorgia, e vorrebbe in qualche modo riparare: portarvi sé stesso, un briciolo di consolazione, dirvi: «Sono vostro figlio». Anzi, tanto quanto lui manca a voi, anche voi (ci par di capire) mancate a lui! Lui non si è trincerato nel «se mi rifiutate, io vi rifiuto, non vi riconosco più come genitori!». Non ha cercato di “convertirvi”, dagliene atto.
Lui ha bisogno di sentire che rimane vostro figlio, anche se non approvate il suo modo di vivere… Sai, ci sembra che tu stia cadendo in un equivoco: che accettarlo in casa vostra sia un validare le sue scelte. Ci viene in mente santa Teresa di Calcutta, la santa che ci è stata donata di recente: nella sua larghezza di cuore, lei ci ha insegnato che accogliere non è validare. Quando raccoglieva dal marciapiede un moribondo indù, voleva forse dire che stava rinunciando alla sua religione e voleva diventare induista? No, voleva dire che in quell’indù c’era un figlio di Dio, da accogliere e amare così come è! Vuoi chiedere aiuto a santa Teresa? E magari scoprire che, in questo caso, tuo marito è un passo più avanti di te. Forse la “prenotazione natalizia” è troppo: e perché allora non inviti tu a cena, presto, il tuo/vostro figlio?
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