“The Happy Prince” di Rupert Everett (2018)
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Scheda di Luciano Ragusa proposta al cineforum de Il Guado di Milano il 4 Novembre 2018
Il fenomeno delle “Molly houses” inglesi. Letteralmente, molly houses, significa “case frequentate da omosessuali effeminati” e la loro presenza nella capitale inglese viene segnalata nei registri di polizia a partire dal 1685.
Sostanzialmente erano delle taverne, delle locande o delle case private, dove gruppi di persone gay, in numero che secondo gli atti dei processi poteva arrivare anche a 40/50, potevano incontrarsi, conoscersi, corteggiarsi e fare sesso.
Non sono da confondere, perlomeno fino all’inizio dell’ottocento, con i luoghi deputati alla prostituzione maschile (fenomeno peraltro conosciuto dalle forze dell’ordine britanniche), si tratttava infatti di ambienti che potevano assumere carattere elitario, all’interno dei quali si sviluppavano metalinguaggi e sottoculture da società segrete, dove il travestitismo poteva assumere una valenza socio-politica intesa come rifiuto dei ruoli che la società prevedeva per i maschi adulti.
Forse non è distorto pensare a delle forme embrionali di “appartenenza identitaria”, sebbene in un periodo storico alquanto distante dalla definizione teorica di questo concetto, avvenuta solo in epoca recente. Quali sono le cause che favorirono il proliferare, in particolare a Londra, delle molly houses?
Gli storici ne hanno individuati quattro.
La peste. Il 1665 è l’anno della grande epidemia di peste che devastò l’intera Inghilterra, in particolar modo Londra. Nel 1666 si contano in città 2000 morti, segno, che il focolaio dell’epidemia, era ancora piuttosto vivo.
Nello stesso anno, però, Londra fu devastata da un incendio che durò tredici giorni, che ridusse la capitale inglese a poco più di una cittadella (100mila persone su 400mila trovarono la morte nell’incendio). Questa catastrofe bloccò quasi definitivamente la trasmissione della peste, in quanto, distruggendo stracci, le catapecchie e, soprattutto, i topi, il fuoco aveva distrutto la possibilità del contagio.
Demografia e agricoltura. Lo sviluppo demografico del Settecento fu accompagnato da una crescita delle disponibilità alimentari, le cui cause, sono rintracciabili nell’aumento della superficie coltivabile, e alla diffusione di colture ad alto rendimento come il mais e la patata.
In Inghilterra, più che in altri luoghi d’Europa, il capitalismo agrario assunse proporzioni tali da scomodare locuzioni come “rivoluzione agricola”: agricoltura e agronomia diventano scienze il cui progresso favorisce l’aumento di cibo e di lavoro salariato.
Alta alfabetizzazione e stampa periodica. Dai registri parrocchiali, resi obbligatori dal Concilio di Trento nel 1563, si riesce ad evincere il livello di alfabetizzazione di un determinato luogo.
Vista l’efficienza burocratica dei registri, in cui non solo confluivano atti di battesimo, matrimonio, sepoltura, ma anche testimonianze di fronte ai tribunali, deposizioni firmate ecc., i territori protestanti ne estesero la diffusione.
In Gran Bretagna si evince, grazie alla solerzia dei ministri di culto, che intorno al 1770/1780, le persone in grado di leggere e scrivere ammontavano al 50%. Un numero impressionante se consideriamo che in Italia, nel 1861, solo il 22% degli dei nostri connazionali era alfabetizzato.
Inoltre, dal 1695, anno in cui fu abolita la censura preventiva sui testi a stampa in Inghilterra, si scatenò un proliferare di riviste, periodici e volantini, compresi quelli delle molly houses, che invitavano giovani e ragazzi a partecipare alle riunioni collettive.
Difesa dell’omosessualità. Durante il secolo dei lumi, si diffusero in tutta Europa dei pamphlet il cui intento era difendere le persone gay, giungendo ad avanzare l’ipotesi di parità di diritti. Il più famoso di questi fu scritto da Jeremy Bentham e si intitolava: Difesa dell’omosessualità (1785).
Filosofo e giurista inglese, considerato uno dei fondatori dell’utilitarismo, Si batté in favore della libertà personale ed economica, ed elaborò un piano per la riforma del regime carcerario. Fu tra i primi difensori dei diritti degli animali.
Naturalmente, come abbiamo già avuto modo di vedere (cfr. le schede dedicate a Victim e a Gli studenti di Storia) tutto questo avveniva in presenza di una legge, la Buggery Act, che prevedeva la pena di morte per coloro che venivano sorpresi a compiere atti di sodomia.
Le molly houses, divennero un bersaglio privilegiato delle autorità preposte all’ordine pubblico: come risulta dai verbali di polizia, per reprimere la sodomia, venne fatto ampio uso di esche e di infiltrati, inviati nelle case per allestire vere e proprie liste di persone da spedire di fronte ai giudici.
Tra l’altro, la consensualità dell’atto omosessuale non valeva come prova a favore della propria innocenza perché era inconcepibile la possibilità che due uomini potessero scegliersi per amarsi. Anche l’età non era considerata un’attenuante: sono infatti facilmente reperibili atti di processi a carico di ragazzini di sedici anni, condannati a morte o al carcere duro come qualsiasi adulto.
Possiamo concludere sottolineando come, alcune condizioni di sviluppo e aggregazione nelle grandi città, abbiano favorito non poco l’incontro e la consociazione tra persone che condividevano lo stesso gusto omoerotico, fino a sviluppare una sottocultura, le cui tracce, sono rimaste indelebili negli archivi della Old Bailey (così viene indicato il vecchio tribunale penale londinese).
Edward Carpenter
Cosa unisce scrittori e poeti del calibro di E. Morgan Forster, D. H. Lawrence, W. Whitman, ed il mistico indiano Sri Aurobindo?
A fare da collante ai personaggi appena elencati è Edward Carpenter, scrittore, poeta, militante socialista cofondatore della Fabian Society, attivista del movimento di liberazione omosessuale.
Nato a Brighton nel 1844 da una famiglia agiata, conclude il suo ciclo di studi all’università di Cambridge, dentro la quale, ebbe la possibilità di lavorare con il padre della scrittrice Virginia Woolf.
Nel 1866 fu ordinato sacerdote nella chiesa anglicana, adottando la vita clericale più per convenzione che per fede, sebbene abbia sempre svolto le sue funzioni di curato con coscienza ed abnegazione.
Nel 1868 riceve in regalo una copia della raccolta di poesie Foglie d’erba, composte da W. Whitman, che conobbe personalmente nel suo viaggio, durato due anni, negli Stati Uniti d’America.
Il carisma del poeta americano fu fondamentale nella formazione culturale di Carpenter, che, nel frattempo, si convinse della correttezza dell’abbandono della comunione clericale a Cambridge. Intraprese un percorso che lo avvicinò al socialismo e, da un punto di vista umano, si convinse della bontà del proprio orientamento sessuale, fino a diventare, nei decenni successivi, il più importante militante gay d’Inghilterra.
Tra 1881 e il 1882 morirono entrambi i genitori di Carpenter, il quale, entrò in possesso di una considerevole eredità che gli permise di acquistare una fattoria di sette acri a Millthorpe, nelle campagne vicine a Sheffield, e quivi costruire una specie di comune socialista. Il ritiro di campagna divenne la sua casa permanente, dove riceveva amici, amanti, pellegrini che volevano verificare coi propri occhi l’esperienza della comune.
Ad uno di questi pellegrinaggi non si sottrasse E. M. Forster, il cui famoso libro Maurice, pubblicato cinquanta anni dopo la sua morte, è figlio degli incontri avuti con Carpenter, che aiutò lo scrittore a superare l’imbarazzo della propria omosessualità.
Anche il romanzo L’amante di Lady Chatterley di Lawrence è debitore della comune di Millthorpe, infatti, uno dei pochi a leggere il manoscritto di Maurice, fu Lawrence che ne prese spunto per raccontare la storia d’amore tra uno stalliere e la ricca Lady Chatterley.
Visto il poco spazio a disposizione e la complessità del pensiero di Carpenter, al quale non sfugge neanche la mistica indiana, rimando l’approfondimento ai siti e ai libri consigliati in fondo a questa scheda.
Ricordo però che che il libro The Intermediate Sex (1908), fu il primo libro in lingua inglese che raffigurava l’omosessualità in una luce positiva, piuttosto che come problema medico o morale.
La continua ristampa del testo ha fornito a molte persone gay la consapevolezza della liceità dei propri amori, anche quando negli anni ’30, dopo la sua morte, l’appartenenza laburista e l’omosessualità dichiarata, vennero da più parti contestate e solo con l’emergere delle istanze legate alla liberazione sessuale degli anni ’60, la figura di Edward Carpenter torna ad assumere un ruolo primario, sia tra i movimenti femministi, sia nei collettivi LGBT.
La sua influenza sul movimento di liberazione omosessuale è infatti fondamentale, anche se non sempre sottolineata a dovere: lo stesso Harry Hay, fondatore di Mattachine Society, tra i primi gruppi omofili americani, sostiene di aver trovato conforto e coraggio dopo la lettura di The Intermediate Sex.
Verso la metà degli anni ’80, un gruppo di gay laburisti, formarono la Comunità di Edward Carpenter, una rete gay nazionale ispirata alle sue idee che è arrivata a contare più di ottocento membri.
The Happy Prince
Rupert Everett non ha mai nascosto il proprio amore intellettuale nei confronti di Oscar Wilde, per cui, trovati i fondi per girare un film sugli ultimi anni della sua vita, si è lanciato anima e corpo in un progetto che lo vede impegnato come sceneggiatore, regista, attore principale. Le riprese di The Happy Prince sono state effettuate in Germania, Italia, Belgio, Francia, e vede il nostro paese, con i cugini d’oltralpe, tra coloro che hanno prodotto il film (insieme a Stati Uniti e Regno Unito).
Ad affiancare Everett tre attori straordinari, che meriterebbero ciascuno una trattazione a parte: Colin Firth, britannico, vincitore della Coppa Volpi a Venezia, e del BAFTA in Gran Bretagna, per la migliore interpretazione maschile per A Single Man (Tom Ford, 2009). Premio Oscar, oltre al Golden Globe, al miglior attore maschile nel 2011 per Il discorso del re (Tom Hooper), e tantissimi altri successi al botteghino; Emily Watson, pluricandidata al premio Oscar, ha ricevuto il 31 dicembre 2014 l’onorificenza di “Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico” per i servizi all’arte drammatica.
Due film su tutti: Le onde del destino di Lars von Trier (1997), ed Hilary e Jackie, diretto da Anand Tucker (1998); infine Tom Wilkinson, attore britannico anch’esso pluricandidato agli Oscar che, in un’altra occasione, Wilde (Brian Gilbert, 1997), si è fatto interprete del marchese di Queensbery, padre di lord Alfred Douglas, prima amante e poi accusatore di Wilde durante il processo che porto alla sua condanna per sodomia.
Il Principe Felice è uscito nelle sale italiane il 12 aprile 2018, distribuito dalla Vision Distribution, senza riscuotere il giusto successo da parte del pubblico. Certamente la pellicola è un monumento funebre animato, dove si descrive il decadimento estetico e culturale di uomo che ha fatto del “dandismo” il suo stile di vita.
Ma il lungometraggio è ben girato, con una fotografia che restituisce, con puntuale realismo, le diverse fasi della vita di Wilde senza indulgenza, ovvero, scavalcando il rischio di compromettere la verità del personaggio per via dello sconfinato amore che Everett, ma anche tutti noi, proviamo per l’inventore di Dorian Gray.
Per questo, Il Principe Felice, merita una proiezione al nostro cineforum!
Trama
È il 1897 quando Oscar Wilde esce dal carcere di Reading, dove ha scontato due anni ai lavori forzati a causa della propria omosessualità. Minato nella salute, sia fisica che morale, lo scrittore cerca di ricostruirsi una credibilità letteraria, oltre che umana, senza però trovare gli auspicati riscontri, più immaginati che reali.
Allontanato dalla moglie Costance e dai figli, Wilde ritrova Reggie Turner e Robbie Ross, gli amici di sempre; ma anche “Bosie”, il ragazzo di cui è sempre stato innamorato e la cui denuncia del padre aveva causato la condanna.
Dopo un breve, ma felice, soggiorno a Posillipo, il drammaturgo si ritrova solo a Parigi, dove, ormai incapace di scrivere, vivrà di espedienti ed elemosina, a seguito dei quali, conoscerà due fratelli con cui condividerà la miseria e Il Principe Felice, favola che Wilde, raccontava sempre ai suoi figli.
Scheda
Regia: Rupert Everett.
Sceneggiatura: Ruprt Everett.
Fotografia: John Conroy.Montaggio: Nicolas
Gaster.
Musiche: Gabriel Yared.
Paese di produzione:
Stati Uniti d’America, Italia, Francia, Regno Unito.
Casa di produzione: Maze
Pictures, Entre Chien et Loup, Palomar.
Produzione: Sébastien
Delloye, Philipp Kreuzer, Jorg Schulze.
Distribuzione Italia: Vision Distribution.
Cast principale: Rupert Everett, nel ruolo di Oscar Wilde; Colin Firth, nel ruolo di Reggie Turner; Colin Morgan, nella parte di Alfred “Bosie” Douglas; Emily Watson, nella parte di Costance Lloyd; Tom Wilkinson, nel ruolo di Fr Dunne; Edwin Thomas, interpreta Robbie Ross.
Costumi: Maurizio Millenotti, Gianni Casalnuovo.
Durata: 105 minunti.
Anno: 2018.
Per chi vuole approfondire
In rete (l’ultimo accesso ai siti consigliati è stata fatto il 28 ottobre 2018)
Maria G. Di Rienzo, Alla corte di “Mamma Clap”. La sottocultura omosessuale nella Londra del Settecento, https://www.culturagay.it/saggio/97
Geoffrey W. Bateman, Molly Houses, in http://www.glbtqarchive.com/ssh/molly_houses_S.pdf
Massimo Consoli, Edward Carpenter, in http://www.culturagay.it/biografia/32
Sui libri
Rictor Norton, Mother Clap’s Molly House: The Gay Subculture in England, 1700-1830, London, Gay Men’s Press, 1992.
Giorgio Cosmacini, Andrea W. D’Agostino, La peste, passato e presente, San Raffaele, Milano, 2008.
Robb Graham, Sconosciuti. L’amore e la cultura omosessuale nell’800, Carocci, Roma, 2005