Dieci anni di Cronache di Ordinaria Omofobia (2018-2023)
A cura di Massimo Battaglio
Il progetto “Cronache di Ordinaria Omofobia“, che seguiamo da dieci anni e i cui risultati sono riportati e commentati sul nostro sito omofobia.org, nel corso del 2023, ha intercettato 98 episodi di omofobia (di rilevanza penale), che hanno coinvolto 158 vittime, delle quali 106 maschi cisgender e 4 transgender, 36 femmine cisgender e 12 femmine trangender.
La maggior parte delle vittime ha subito atti di violenza fisica, perlopiù di gruppo. Abbiamo registrato 43 aggressioni individuali, 49 vittime di aggressioni a coppie o gruppi e 1 omicidio. Fanno 93 vittime di violenza. Le vittime di atti di discriminazione non fisica sono invece 64. Si è registrato 1 solo suicidio.
I numeri sono ben lontani da quelli degli anni 2018 e 2019, quando, immediatamente dopo la nomina di Salvini a ministro degli interni, si era verificato un picco di violenza e fenomeni di odio a carico di tutte le categorie fragili della popolazione. Erano raddoppiati i casi di razzismo, antisemitismo, xenofobia, misoginia. Parallelamente, avevamo dovuto registrare rispettivamente 215 e 243 vittime. Il 2020 aveva visto una flessione (180 vittime), dovuta sicuramente al minor numero di interazioni sociali dovuto al covid. Il fenomeno era tornato a crescere nel 2021 (fino a 192 vittime) in corrispondenza del dibattito sulla legge Zan. Era poi diminuito con il suo affossamento (153 vittime nel 2022). Ora si torna a crescere.
E’ importante, nell’osservare l’omofobia, esaminare il contesto politico in cui essa si verifica. E’ infatti sempre più chiaro che l’atto omofobo vuol essere esplicitamente una dichiarazione di appartenenza politica. Magari è politica ammantata di religione, ma sempre politica. Sono dichiarazioni “materiali” compiute da chi non è in grado di esprimere le proprie idee in modo diverso e pacifico. Abbiamo assistito a fenomeni di vero e proprio squadrismo, messo in atto quasi sempre da gruppi, più che da persone singole.
Anche il calo degli ultimi due anni va letto in questa luce. Diminuito infatti il dibattito sulle problematiche LGBT+ con l’affossamento del ddl Zan, è diminuita l’espressione di sentimenti di odio. A ciò si aggiunga che il mondo dell’informazione, negli ultimi due anni, è diventato sempre più patrimonio dei partiti di governo, che vi esercitano un controllo capillare. E oggi, al governo, stanno coloro che hanno sempre negato l’esistenza dell’omofobia. Ne discende che le notizie di episodi omofobi giungono sempre più da canali informativi alternativi o informali, e sempre meno dai media generalisti. C’è da immaginare che, alla decrescita dell’omofobia registrata, non corrisponda affatto una diminuzione dell’omofobia reale.
I dati delle nostre cronache sono sempre più noti, soprattutto da quando La Tenda li ha trasmessi a tutti i parlamentari ai tempi del dibattito sul ddl Zan. E’ ormai usuale che, quando un giornalista si interessa di omofobia, attinga a omofobia.org o ci contatti personalmente. Di conseguenza, è definitivamente sepolta la teoria per cui l’omofobia sia un fenomeno residuale. Nemmeno i media più fanatici osano più dire queste stupidaggini.
La discreta notorietà che la nostra ricerca sta avendo, si deve anche all’uso che stiamo facendo dei risultati: interventi all’interno di raccolte di saggi (come “Queerfobia“, curato da Gianluca Polastri e Giorgio Ghibaudo, ampiamente presentato su tutto il territorio nazionale), presentazione durante le manifestazioni legate ai pride, lettura durante le veglie, trasmissioni televisive come “Sulla Propria Pelle” di Enzo Miglino.
Temo che, a seguito della promulgazione di “Fiducia Supplicans”, l’omofobia aumenterà (anche se non avremo notizia di cronache). Probabilmente non sfocerà sempre in atti violenti ma piuttosto in dichiarazioni cialtrone da parte degli esponenti delle frange reazionarie della Chiesa cattolica, le quali già si stanno mobilitando nel tentativo di ribaltare la maggioranza sinodale. Occorre quindi, a mio avviso, pubblicizzare la nostra ricerca e i suoi risultati all’interno della Chiesa stessa, coinvolgere i sacerdoti e i vescovi, spostare il dibattito dal piano dalle dichiarazioni di principio a quello dei numeri e degli esempi. Occorre far capire che l’omofobia non è un’opinione ma un crimine, e non merita giustificazioni teologiche.