Difendere i gay in Russia: una battaglia perduta?
Articolo di Anton Krajovskij tratto dal sito del Courrier de Russie (Russia), del 17 maggio 2013, liberamente tradotto da Marco Galvagno
Qualche giorno fa a Volgograd, nella città dove 70 anni prima la seconda guerra mondiale ha avuto una svolta, Vlad Tornovoi 22 anni è stato assassinato. Gli assassini arrestati molto rapidamente si sono rivelati essere dei ragazzi del suo condominio.
In un interrogatorio i sospettati hanno dichiarato d’avere punito il ragazzo, perché era gay e che la presenza di gay a Volgograd era per loro un insulto ai sentimenti patriottici. Studio da un’oretta la pagina del ragazzo assassinato in rete.
Cappuccio abbassato con nonchalance, viso serio, mani che si muovono con gesti da rapper. Foto con amici e ragazze, maglietta della sua squadra di calcio preferita. Assomiglia a qualunque ragazzo della sua età di una qualsiasi cittadina inglese, ma la sorte lo ha fatto nascere e morire in una sperduta cittadina russa.
Gli inquirenti hanno dichiarato che prima di ucciderlo i suoi amici lo hanno spogliato e gli hanno infilato bottiglie di birra nell’ano. Due bottiglie sono entrate interamente, la terza solo a metà. In quel momento la vittima aveva già perso conoscenza, i suoi carnefici hanno messo dei cartoni sotto al corpo e gli han appiccato fuoco, poi sono tornati tranquillamente a casa.
Sulla strada del ritorno si sono resi conti che se il loro amico avesse ripreso conoscenza sarebbe andato alla polizia. Sono tornati indietro, uno dei ragazzi ha preso una pietra di 20 kg e ha colpito otto volte la vittima. Questa notizia è stata data da vari giornali, in ognuna delle pubblicazioni vi erano commenti allucinanti del tipo:
” Putin aveva avvisato che se i froci alzano la testa, il popolo russo prenderà le armi. Ed eccone uno che si è fatto tirare il collo. Bravi ragazzi siete dei veri eroi. Avete compiuto un’impresa , perché questi froci erano a loro agio e non avevano vergogna, né coscienza. ” Sotto questi commenti , un sacco di I like e messaggi di sostegno.
Come siamo giunti a questa situazione che oggi nella mia Russia un bravo gay è un gay morto? Com’è che la Duma si appresta ad adottare una legge contro l’apologia dell’omosessualità? Fino ad oggi nel mio paese si vietava solo l’apologia del terrorismo. Ed ecco, guardate, si vede che nella coscienza dei deputati, non sono un uomo come loro, ma un rifiuto come il terrorista Tsoernoev.
E ancora Tsoernoev è diventato un rifiuto, ma io sono nato così. Sono nella coscienza di questi deputati un rifiuto per il solo fatto di essere nato, è una negligenza criminale che non l’abbiano scritto nel mio atto di nascita.
Quello che ancora due anni fa sembrava un incubo è diventato realtà. E c’è da avere paura ad immaginare quello che può succedere domani. Si può avere paura, ma non si deve.
Ho paura e sono triste, ma non ho più vergogna, uno dei miei vecchi amici, ovviamente gay non dichiarato, mi ha chiesto: “Ma chi te l’ha fatto fare di fare questo stupido coming out?” (Anton Kroskaij, ex redattore della tv Kontr, ha fatto coming out il 25 gennaio 2013 ed è stato licenziato il giorno dopo n.d.r.)
Nessuno stava per pubblicare niente su di te, i giornali del mattino non annunciavano nessuna inchiesta. Per molto tempo non ho saputo spiegare a me stesso ciò che mi avesse spinto a dichiarare pubblicamente che ero gay in un paese in cui i gay vengono assassinati per il loro orientamento sessuale. Pensate che io non avessi paura o che non sia stato triste per la mia carriera distrutta.
Ho avuto paura fino ad adesso. Paura ad uscire nella hall vuota, paura di camminare per le stradine di notte. Ho paura e sono triste perché non mi lasceranno mai più fare ciò che so fare, non mi lasceranno mai più tornare in tv. Ho paura e sono dispiaciuto, ma non mi vergogno più di nulla.
Prima avevo vergogna . Ho animato il mio ultimo talk show ed era su questa legge che vietava l’apologia dell’omosessualità, una legge che in un paese europeo contemporaneo divide la gente in tanti tipi e categorie e che definisce crimini i fondamenti della dichiarazione dei diritti dell’uomo.
Da un lato su una panchina erano seduti i partigiani della legge, dall’altro i gay e le lesbiche. I sostenitori della legge erano gente come me curati, ben pasciuti, disinvolti e arroganti. I gay, non so perché, avevano l’aria di uccellini appollaiati su un filo dell’alta tensione congelato in Siberia.
C’era tra di loro un ragazzo che assomigliava a quello che han assassinato. Era praticamente solo e aveva sfilato con la bandiera arcobaleno, quando un gruppo di bulli omofobi gli aveva spaccato la faccia, anche nel mio show era stato aggredito verbalmente, da uno scrittore, un vampiro imbronciato. Sono stato tormentato vari giorni da incubi, vedevo quel tipo in sogno, mi appariva al tavolino vicino d’un bar, poi mi sembrava che tutto un autobus fermo in un ingorgo del traffico fosse pieno di ragazzi gay.
Ho finito per capire che non voglio più avere paura, non voglio avere paura, non avrò paura. Ho preso coscienza del fatto che dovevo schierarmi con quel ragazzo se non contro tutti, almeno contro quella panchina di feccia dall’aria sazia.
Insieme non avremo paura . Settanta anni fa nella città in cui Vlad è stato assassinato, è avvenuta la battaglia di Stalingrado. La battaglia che ha deciso la fine della guerra, una via d’uscita alla quale nessuno credeva. I fascisti erano più forti, avevano dietro di se tutta la potenza militare europea. Ma il popolo russo, non Stalin, non i marescialli, non i generali, ma il popolo russo intero ha capito che era venuto il momento del coraggio, d’uscire dalle tenebre.
Ormai è giunto per me il momento d’aver coraggio, per noi.
Testo originale: Homosexualité en Russie: le moment d’être brave