Difendere le vittime di omofobia! Come?
Riflessioni di Massimo Battaglio
Il video completo dura 46 secondi. Il che significa che i fatti sono durati molto di più perché, tra realizzare cosa sta succedendo, tirare fuori il cellulare, cercare un punto di ripresa dove non correre rischi… ci va del tempo. Si vedono tre tipi più una tipa vestita in modo non certo adatto a far la morale agli altri, che corcano due ragazzi. Ragazzi che, anche se non si vede dal video, agli occhi fieri dei nostri quattro eroi, avevano commesso il peccato di camminare mano nella mano.
Giustizia è fatta? Forse, secondo i canoni dei quattro, sì. Ed è la cosa che più preoccupa: che certa “giustizia” venga consegnata a tre energumeni, evidentemente pieni di ogni schifezza chimica, accompagnati da una femmina altrettanto bombata che gli fa da trofeo (cerchiamo di essere gentili nei termini), che si sentono chiamati a difendere il decoro pubblico a colpi di mazzate contro due ragazzi che si vogliono bene.
Cari bempensanti, cari bigotti difensori della “famiglia tradizionale eccetera eccetera”, cari biblisti della domenica che infestate i post sul fidanzamento di Schumacher a colpi di citazioni del levitico: queste sono le vostre armate, il vostro esercito, la fanteria che voi allevate grazie alla vostra “libertà di espressione”. E il loro armamentario, completo di chiappe al vento che neanche al pride, stivali sadomaso e cinghie usate come armi improprie, è la vostra artiglieria.
Ma calma, che ce n’è per tutti, pure per il popolo degli indignati. I commenti contro questo video si sprecano infatti da ambo le parti. Ci sono i coatti che riescono pure a fare i complimenti, ci sono quelli che prendono distanze (e perché sentono il bisogno di prenderle?), e c’è chi si domanda perché il cineamatore non sia intervenuto in difesa dei due anziché atteggiarsi a gran condottiero del web.
Secondo me, la risposta all’ultima domanda è elementare: perché due vittime sono meglio di tre. E lo stesso ragionamento vale per chi, sapendo che la “location” della scena era l’uscita da una “serata” lgbt+, accusa tutti gli altri eventuali partecipanti all’evento, nonché la comunità lgbt+ tutta, di non sapersi difendere.
Cosa vuol dire “sapersi difendere”? Vuol dire ammettere supinamente che la violenza esista e imparare a usarla a nostra volta? Difendersi vuol dire fare a botte? O forse, a volte, ci si difende anche scappando? Quando abbiamo la percezione nettissima che potremmo diventare la terza, la quarta o l’ennesima vittima, fuggire è codardia o semplice istinto di autoconservazione? Confesso: anch’io avrei scelto la fuga e, immediatamente dopo, avrei chiamato la polizia. Poi, magari, anzi, sicuramente, sarei tornato per soccorrere le vittime. Ma non mi sarei buttato nella mischia.
A me, che sono un cattolico codardo, hanno insegnato il valore della difesa nonviolenta. A me, che sono una zecca rossa, hanno trasmesso l’idea che solo la forza pubblica può usare la violenza; che la violenza è e deve essere monopolio di Stato. Lascio ad altri cattolici l’onere di dimostrare che l’uso privato della forza possa avere qualche aura di santità. E lascio alle zecche nere quello di dimostrarmi che serve a qualcosa.
Ai monsignori politically correct però, che hanno espunto per l’ennesima volta ogni cenno all’omosessualità dall’Instrumentum Laboris per la sessione finale del Sinodo, lascerei un compito in più. Direi loro: questi sono i frutti concreti delle vostre farneticazioni contro la “ideologia del gender”. Vorreste garbatamente prenderne atto?
Intanto, le vittime di omofobia censite da gennaio a oggi sono già 70. Sono meno dell’anno scorso alla stessa data (erano 85) ma, qualitativamente, il fenomeno è più grave: più della metà (47 per la precisione) hanno subito aggressioni fisiche (18 in forma isolata e 29 in gruppo); 2 sono state indotte al suicidio. Sarà “l’ideologia del gender“, vero monsignori?