“Dignitas Infinita”: gender, trans e “utero in affitto”. Nient’altro?
Riflessioni di Massimo Battaglio
E’ uscita ieri la dichiarazione dell’ex Sant’Uffizio “Dignitas Infinita”, un documento complesso, che parla di molti problemi sociali urgenti che minano la dignità umana. Richiamando la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, il documento ricorda quanto affermato da Giovanni Paolo II in materia, appunto, di dignità della persona:
“La dignità umana rappresenta un valore evangelico, che non può essere disprezzato senza grave offesa del Creatore. Questa dignità viene conculcata, a livello individuale, quando non sono tenuti nel dovuto conto valori come la libertà, il diritto di professare la religione, l’integrità fisica e psichica, il diritto ai beni essenziali, alla vita. È calpestata, a livello sociale e politico, quando l’uomo non può esercitare il suo diritto di partecipazione, o viene sottoposta ad ingiuste e illegittime coercizioni […]
Se la Chiesa si rende presente nella difesa o nella promozione della dignità dell’uomo, lo fa in conformità con la sua missione […]. Missione che, pur essendo di carattere religioso e non sociale o politico, non può fare a meno di considerare l’uomo nel suo essere integrale”.
Si parla dunque di economia, di sfruttamento dei lavoratori, di accoglienza e di necessità di dialogo, di “dignità sociale”. Si denuncia il problema della “povertà estrema” come offesa alla dignità:
Nella povertà estrema […], quando non si danno le condizioni minime perché una persona possa vivere secondo la sua dignità ontologica, si dice che la vita di quella persona così povera è una vita “indegna”. Quest’espressione non indica in alcun modo un giudizio verso la persona, piuttosto vuole evidenziare il fatto che la sua dignità inalienabile viene contradetta dalla situazione nella quale è costretta a vivere.
Più avanti, menziona
Ogni specie di omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario. Attenta altresì alla nostra dignità tutto ciò che viola l’integrità della persona umana, come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, le costrizioni psicologiche.
e ancora:
Le condizioni di vita subumana, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni di lavoro, con le quali i lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e responsabili.
Robe di sinistra? No: un semplice ripasso della dottrina sociale della Chiesa. La quale, già ai tempi di Leone XIII, parlò dello sfruttamento dei lavoratori come di “peccato che grida vendetta al cospetto di Dio“. Il nuovo – che c’è – comincia più avanti, per esempio attraverso un tagliente giudizio sulla pena di morte (che fino a ieri, veniva in qualche modo giustificata anche nel Catechismo):
Quest’ultima, infatti, viola la dignità inalienabile di ogni persona umana al di là di ogni circostanza. Si deve, al contrario, riconoscere che il fermo rifiuto della pena di morte mostra fino a che punto è possibile riconoscere l’inalienabile dignità di ogni essere umano. Significa ammettere che ciascuno abbia un suo posto in questo mondo. Poiché, se non lo nego al peggiore dei criminali, non lo negherò a nessuno. Darò a tutti la possibilità di condividere con me questo pianeta malgrado ciò che possa separarci.
Ancora più “nuovi” sono i paragrafi intitolati “il travaglio dei migranti” e “la tratta delle persone”. Dirompenti quelli sugli “abusi sessuali” e sulla “violenza contro le donne”.
Poi però, come per dare un contentino anche alle destre, si torna alla solita solfa: aborto, maternità surrogata, eutanasia e suicidio assistito. Seguono, naturalmente, la “teoria del gender” (poteva mancare?) e il “cambio di sesso”, capitoli sui quali il Dicastero dà sfoggio della propria incorreggibile ignoranza. Ancora una volta si parla di fantasmi (inventati peraltro da monsignori di provata immoralità) dando per scontato che esistano. Ancora una volta si dipingono le persone trans come capricciose, che rifiutano il proprio corpo quasi per moda. Sulla maternità surrogata, è già tanto che non compaia per l’ennesima volta il termine orribile di “utero in affitto”.
Bene. Indoviniamo un po’ di cosa parlano tutti i media e i social di questa mattina. Di sfruttamento delle classi subalterne? Di rinascita del pensiero egualitario? Ma va’! Di utero in affitto e di gender. Stupendi argomenti sui quali tutti gli idioti (come Umberto Eco definiva i “maitres à penser” dei social) pensano di aver qualcosa da dire.
Praticamente, i soliti inconsistenti argomenti morali stanno diventando dei pupazzi comodi per nascondere questioni ben più gravi. Mi sembra di ricordare Marco Tarquinio, grande giornalista e direttore de L’Avvenire, quando, ai tempi del ddl Zan, interpellato in materia, rispondeva immancabilmente: “sì ma l’utero in affitto?”. Caro Tarquinio: l’utero non c’entra niente, né in affitto né gratis, e lo sai. Perché cambi argomento?
Oppure ricordo un bravo teologi, Paolo Mirabella, quando fu invitato a esprimersi sulla questione omosessuale. Cominciò con: “se il movimento LGBT+ disapprovasse chiaramente l’ideologia del gender, io non avrei nulla in contrario”. Gli chiesi quali erano le fonti primarie che aveva consultato a proposito di questa ideologia; tacque.
Non si può andare avanti così, a forza di fallacie! E i grandi pensatori vaticani dovrebbero smetterla di preparare apposta le fallacie dietro cui nascondersi per non affrontare i problemi seri che essi stessi hanno altrove individuato.
Personalmente, quando si parla di “utero in affitto”, ho tre risposte semplici e non mi muovo da lì. Può darsi che un giorno mi farò un’idea più precisa ma, per ora, arrivo solo fino a quel punto. Ecco:
1) La maternità surrogata è un fenomeno che, per il 95%, riguarda coppie eterosessuali, per la maggioranza sposate in chiesa. Perché dovrei farmene carico io insieme ai miei amici gay?
2) Proibire una cosa è un modo per eliminarla? O piuttosto, è la tecnica migliore per consegnarla al mercato nero? Vietando la pratica legale e controllata della gestazione per altri, non si farà altro che incoraggiare quella illegale, che vede tante povere donne dei Paesi terzi che si prestano a gestare un feto altrui a pagamento in mancanza di altre risorse economiche. Vogliamo accanirci contro di loro?
3) Sono un maschio; non possiedo uteri. Per farmi un’opinione sensata, devo prima sentire cosa ne pensano le mie amiche femmine, non i preti (maschi come me).