Dio è padre, non è un padrone o un padrino
Articolo di Iacopo Scaramuzzi pubblicati su “La Stampa Vatican Insider” il 9 gennaio 2019.
Quando preghiamo il Padre Nostro ci si può su concentrare su «quella parola solo: “padre”, e sentire che abbiamo un padre, non un padrone né un padrino, ma un padre»: all’udienza generale papa Francesco prosegue un ciclo di catechesi dedicato alla preghiera insegnata da Gesù, e sottolinea che Dio «non dimentica i suoi figli che soffrono» e che quando «tante nostre preghiere sembra che non ottengano alcun risultato» bisogna insistere nel pregare con perseveranza e fiducia, perché la preghiera «trasforma sempre la realtà, sempre: se non cambiano le cose attorno a noi, almeno cambiamo noi, cambia il nostro cuore».
Gesù, ha detto Jorge Mario Bergoglio citando in particolare il Vangelo di Luca, «è soprattutto un orante: prega»: prega per noi («Possiamo dire: “Gesù tu stai pregando per me? Continua a farlo che ne ho bisogno”, così, coraggiosi»); la sua preghiera «pare attutire le emozioni più violente, i desideri di vendetta e di rivalsa, riconcilia l’uomo con la sua nemica più acerrima: la morte»; e, infine, come facevano i discepoli con Lui, anche noi «possiamo dire al Signore: insegnami a pregare perché anche io possa pregare.
Da questa richiesta – ha proseguito il Papa – nasce un insegnamento abbastanza esteso, attraverso il quale Gesù spiega ai suoi con quali parole e con quali sentimenti si devono rivolgere a Dio. La prima parte di questo insegnamento è proprio il padre nostro: Padre che sei nei cieli, padre, è una parola tanto bella da dire: possiamo stare il tempo di preghiera con quella parola solo, “padre”, e sentire che abbiamo un padre, non un padrone né un padrino, ma un padre. Il cristiano si rivolge a Dio chiamandolo anzitutto “padre”».
Francesco ha proseguito approfondendo l’insegnamento di Gesù sulla preghiera: «C’è la parabola dell’amico importuno, che va a disturbare un’intera famiglia che dorme perché all’improvviso è arrivata una persona da un viaggio e non ha pani da offrirgli», con la quale «vuole insegnarci a pregare, a insistere nella preghiera. E subito dopo fa l’esempio di un padre che ha un figlio affamato: “Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce?”.
Tutti voi padri e nonni che siete qui quando il figlio o il nipotino chiede qualcosa, ha fame, e chiede e chiede, e piange e grida, ha fame – ha detto il Papa rivolto agli uomini presenti in aula «Paolo VI» – gli date da mangiare quello che chiede per il suo bene. Con queste parole Gesù fa capire che Dio risponde sempre, che nessuna preghiera resterà inascoltata, perché lui è padre, e non dimentica i suoi figli che soffrono».
Eppure, ha detto ancora il Papa, «tante nostre preghiere sembra che non ottengano alcun risultato. Quante volte abbiamo chiesto e non ottenuto, ne abbiamo l’esperienza tutti, quante volte abbiamo bussato e trovato una porta chiusa? Gesù ci raccomanda, in quei momenti, di insistere e di non darci per vinti. La preghiera trasforma sempre la realtà, sempre: se non cambiano le cose attorno a noi, almeno cambiamo noi, cambia il nostro cuore.
Gesù ha promesso il dono dello Spirito Santo ad ogni uomo e a ogni donna che prega. Possiamo essere certi che Dio risponderà. L’unica incertezza è dovuta ai tempi, ma non dubitiamo che lui risponderà. Magari ci toccherà insistere per tutta la vita, ma lui risponderà. Ce lo ha promesso: lui non è come un padre che dà una serpe al posto di un pesce. Non c’è nulla di più certo: il desiderio di felicità che tutti portiamo nel cuore un giorno si compirà». Pregare è dunque «fin da ora la vittoria sulla solitudine e sulla disperazione.
La preghiera cambia la realtà, o cambia le cose o cambia il nostro cuore, ma sempre cambia. È come vedere ogni frammento del creato che brulica nel torpore di una storia di cui a volte non afferriamo il perché. Ma è in movimento, in cammino, e alla fine di ogni strada cosa c’è? Alla fine della preghiera, alla fine di un tempo che stiamo pregando, alla fine della nostra vita? C’è un padre che aspetta tutto e tutti con le braccia spalancate».
Domenica prossima, ha detto il Papa a conclusione della catechesi, «celebreremo la Festa del
Battesimo del Signore. Questa celebrazione, che chiude il tempo liturgico del Natale, ci invita a riscoprire la grazia del Sacramento del nostro battesimo. Esso ci ha resi cristiani, incorporandoci a Cristo e alla sua Chiesa. Tutti noi sappiamo la data della nostra nascita, ma non tutti sanno la data del battesimo, che è la nascita alla vita della Chiesa, quando lo Spirito Santo viene al cuore. Per questo io per prepararsi vi chiedo; quelli che lo sanno di ricordarlo, quelli che non sanno di chiedere ai genitori, ai nonni, ai padrini, quando sono battezzato e fissare sempre nel cuore la data del battesimo. È molto importante festeggiare la data del battesimo».