Dio ti ama, si fida di te e non ammette obiezioni (neppure sul tuo orientamento sessuale)
Riflessioni di Giuseppe M. del Progetto Giovani Cristiani LGBT
La Fede non è credere semplicemente che Dio esiste. La Fede è credere che Lui ci ama. Sapere che ci ama, non sapere che esiste ci cambia la vita. Noi abbiamo bisogno di sentire di avere un Padre che ci ama, non ci basta sapere che abbiamo un Padre.
Al Battesimo di Gesù, si ode la voce di Dio: “Questo è il figlio mio l’amato, in cui ho posto tutta la mia fiducia” (Mc 1, 7-11). Sono parole che Dio Padre rivolge in continuazione a tutti i suoi figli e anche a noi: ci dice che ci ama e che si fida di noi. Sentirci amati e con la fiducia di Dio addosso ci fa vivere e vivere bene.
Al contrario ci ammaliamo quando non ci sentiamo amati e quando nessuno si fida di noi. Tanti problemi umani derivano da una radice di amore non corrisposto o non dato. La stragrande maggioranza dei peccati, li facciamo nel tentativo di saperci amati, di cercare di essere felici.
Perché nessuno può darsi l’amore da solo. Dio tira fuori il meglio di noi… semplicemente amandoci e fidandosi di noi.
“Io ti amo e mi fido di te” è ciò che ripete. E ce lo ripete anche quando Gli ricordiamo i nostri limiti e le nostre imperfezioni.
“Io ti amo e mi fido di te”. Ci ama contro tutto e contro tutti. La fede è credere in questo amore anche quando quello che accade attorno a noi ci sta dicendo il contrario.
Finché permettiamo ai nostri genitori, fratelli, insegnanti, amici e innamorati di decidere se siamo scelti o no, ci troviamo irretiti nelle maglie di un mondo soffocante, che ci accetta o ci rifiuta secondo i suoi calcoli di utilità e di controllo.
Prima ancora che qualcuno ci sentisse piangere o ridere, siamo stati ascoltati dal nostro Dio che è tutto orecchie per noi. Prima ancora che qualcuno in questo mondo ci parlasse, la voce dell’amore eterno già ci parlava. La nostra preziosità, unicità e individualità non ci sono state date da coloro che incontriamo nell’arco del tempo — della nostra breve esistenza cronologica — ma da Colui che ci ha scelto con infinito amore, un amore che esiste da tutta l’eternità e che durerà per tutta l’eternità. (H. Nouwen “Sentirsi amati”)
Tenuti al sicuro nell’infinito abbraccio di Dio, dobbiamo resistere alle bugie che il mondo dice su ciò che siamo. Siamo sempre e comunque i figli scelti da Dio, preziosi ai suoi occhi, chiamati “amati” da sempre e per sempre. Figli di un Padre che ci ripete in continuazione “Io ti amo e mi fido di te” e che non ammette obiezioni né speculazioni sul tema. Nessuno di noi è sbagliato, per un motivo molto semplice: Dio non si sbaglia, ed è Lui che ci ha fatti.
La nostra felicità è nell’esperienza di sentirci amati da Dio, sia quando il mondo gira per il verso giusto, sia quando non gira per il verso giusto. Alla base della nostra gioia, non c’è il “va tutto bene, ho tutto sotto controllo, riesco a fare tutto, ho capito tutto” ma il sentirci amati.
Cosa cambia nella nostra vita quando iniziamo a sentire la fiducia di Dio su di noi? Per comprenderlo, forse dovremmo osservare il comportamento dei bambini in spiaggia.
Spesso quelli che sulla sabbia sembrano più vivaci e spericolati, lo sono perché si sentono sicuri della presenza del padre e della madre. Confidano nel loro sguardo, nella loro presenza invisibile ma certa e questo a volte li porta a trasgredire i limiti dentro cui devono muoversi. Vanno nell’acqua alta perché sanno che c’è qualcuno che vigila, che è pronto ad intervenire.
Al contrario i bambini eccessivamente misurati, silenziosi, calmi, che magari non si allontanano mai dalla riva, e giocano sempre nello stesso metro quadro di sabbia, sembra quasi che manifestino in quella calma apparente una forma di insicurezza. Non si sentono al sicuro e per questo rimangono piantati lì, su quello spazio delimitato. La prova del fatto che un bambino si senta o meno amato, a volte sta nella misura in cui è o non è spericolato. È il fatto che si sente sicuro che lo spinge ad andare oltre un limite.
Nell’acqua alta ci possiamo andare solo e soltanto se sappiamo che sulla spiaggia, c’è qualcuno che ci guarda; solo se avvertiamo nella nostra vita un’appartenenza che ci autorizza interiormente ad osare, ad andare oltre.
Allora, certi dell’amore di un Padre che ci ripete in continuazione “Io ti amo e mi fido di te”, potremmo pregare così: “Signore, cosa vuoi radicalmente da me, giovane omosessuale? Qual è la mia acqua alta, qual è il confine che devo superare? A quali scelte definitive, a quali cose grande da osare, mi stai chiamando?”.
Nei nostri momenti di sconforto vorremmo che Dio entrasse nella nostra vita per cambiarcela… ma Dio non ci cambia la vita: si fida più di noi che della nostra vita cambiata.
“Io ti amo e mi fido di te”, “Tu sei capace di trovare una soluzione”. Ciascuno di noi è in grado, anche in maniera creativa, di far fronte alla difficoltà che vive, se si sente addosso la fiducia di Dio Padre.
Quando abbiamo l’impressione che Dio non intervenga nella nostra vita, forse si stratta di una professione di fiducia di Lui nei nostri confronti. Dio sa che noi possiamo inventarci una soluzione a quello che stiamo vivendo.
Che cosa ne vogliamo fare di quello che non abbiamo scelto ma che è stato? Come possiamo comportarci davanti a qualcosa che non possiamo cambiare?
Chi incontra autenticamente l’amore del Padre, smette di dare la colpa a se stesso, agli altri, a un evento della propria storia e prende decisioni.
La decisione che noi omosessuali cristiani possiamo e vogliamo prendere è quella di assumerci le nostre responsabilità.
Siamo chiamati ad essere noi stessi fino in fondo. Senza emulazioni né finzioni.
A prendere sul serio la nostra singolarità.
A chiederci quale è il contributo originale che siamo esortati a dare, qual è la novità che Dio ha affidato a ciascuno di noi.
E se alla fine l’immagine con cui il Rev. J. Cannon conclude il suo libro “Bibbia, Cristianesimo e Omosessualità”, non fosse poi così lontana dalla realtà?
C’era una volta un uomo anziano che doveva portare l’acqua dal fiume alla sua casa in cima ad una collina ogni giorno. Una delle sue taniche, però, aveva una crepa, sicché quando arrivava in cima gran parte dell’acqua era uscita. I suoi vicini lo deridevano: “Perché non compri una tanica nuova?”; anche sua moglie lo criticava: “Perché non compri una tanica nuova?”, ma l’uomo non diceva niente.
Un giorno disse loro: “Venite con me” e li guidò, scettici ma curiosi, lungo il percorso che univa il retro della sua casa al fiume.
“Quasi ogni giorno”, disse l’uomo, “andando al fiume spargo dei semi. Tornando, l’acqua fuoriesce dalla mia preziosa tanica e li nutre”. Per loro stupore, il lato sinistro del sentiero era tutto in fiore. Una moltitudine di colori, fiori di ogni sfumatura e tonalità, rendevano il sentiero un paradiso.
È possibile che l’omosessualità sia come quella tanica? Potrebbe sembrare rotta da un punto di vista ottuso e limitato, ma in realtà ciò che appare essere rotto è invece una virtù nascosta. Non si potrebbe pensare addirittura che la tanica non sia rotta, ma piuttosto che Dio abbia creato nella sua creatività più di un tipo di tanica per più di uno scopo?!