L’immaginario sessuale proibito. I disegni gay del pittore Duncan Grant
Articolo pubblicato sul blog TopSpot247 (Stati Uniti) il 9 ottobre 2020, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Di tanto in tanto, la scoperta di un tesoro nascosto produce sussulti di ammirazione e stupore nel mondo dell’arte, ma questa settimana la scoperta di una collezione di lavori del defunto Duncan Grant, il prolifico artista favorito della Regina Madre, ha provocato più sussulti del solito, in parte perché c’erano 422 schizzi del valore di almeno 2 milioni di sterline in un nascondiglio segreto, che si credevano distrutti più di mezzo secolo fa, ma forse, ancora di più, perché mostrano atleti sensuali in scene assolutamente esplicite.
“Una rivelazione! Un kamasutra dell’immaginario sessuale!”: ecco come uno degli esperti, il dottor Darren Clark, ha descritto la grande varietà di glutei tonici e muscoli in tensione. Nella serie TV della BBC2 “A Life In Squares” Grant è stato interpretato da James Norton. Lui e la sua combriccola hanno vissuto vite audaci e “sperimentali”, saltando dentro al letto di chiunque gradissero.
Detto questo, in una prospettiva artistica, i disegni sono di grande importanza, dal momento che Grant è stato uno dei pittori più importanti della prima metà del XX secolo, un nome noto tra le due guerre, famoso per i suoi ritratti (anche se non di questo tipo), per i suoi paesaggi post-impressionisti, i tessuti e le ceramiche.
È stato anche un membro chiave del gruppo di Bloomsbury, un collettivo di artisti d’avanguardia, scrittori ed intellettuali bohémien con base a Londra. I membri del gruppo includevano Virginia e Leonard Woolf, l’economista John Maynard Keynes e il romanziere E.M. Forster.
La scrittrice e critica americana Dorothy Parker una volta li ha descritti così: “Vivevano nelle squares [in inglese “piazze”, ma anche “quadrati”], dipingevano a tutto tondo e amavano in triangoli”. Il carissimo Inzuppatore (come lo chiamava sua madre) era il collante sessuale che li teneva insieme, “l’infinitamente affascinante” comune denominatore nei loro infiniti triangoli amorosi, che coinvolgevano uomini e donne.
Cresciuto in India e allievo della Westminster School of Art, de La Palette a Parigi e della londinese Slade School of Art, prima di incontrare Henri Matisse nel 1909 e allestire il proprio studio in Fitzroy Square, Grant, con il suo naso a patata affascinò, placò, intrattenne e illuminò le vite di quelli che gli stavano intorno.
Tutti lo amavano, e anche Picasso (che incontrò da giovane a Parigi) dichiarò maliziosamente che Grant gli piaceva talmente che pensò di chiedergli di diventare sua “moglie”.
E praticamente tutti dormirono con lui. La prima conquista importante, a vent’anni, fu suo cugino Lytton Strachey. La successiva fu il fratello più giovane di Strachey, James, e la terza l’ex amante di Lytton, John Maynard Keynes. A quanto pare, quando lo scoprì, Lytton “gridò dal dolore come una iena”.
Ci furono poi storie con il futuro politico Arthur Hobhouse, Adrian Stephen e Vanessa Bell, la sorella già sposata di quest’ultimo, da cui Duncan ebbe una figlia illegittima, Angelica, che a ventuno anni sposò il quarantasettenne David “Bunny” Garnett, non sapendo che era stato uno degli amanti del padre.
Nessuno stupore che questi schizzi riscoperti siano cosi notevoli: Grant aveva grande esperienza quando li dipinse. A ben guardare, i suoi modelli sembrano avere un vantaggio sugli amanti di Bloomsbury, nessuno dei quali potrebbe davvero essere descritto come “uno schianto” in senso tradizionale.
Infatti, secondo Virginia Woolf, Lytton era “alto, sgraziato, con un ciuffo di barba rossa, occhiali e una voce stridula”. Keynes, invece, era “una foca rimpinzata, aveva il doppio mento, bocca sporgente, occhi piccoli”, che teneva il conto, come fosse il punteggio del cricket, delle sue infinite avventure erotiche, in media sessanta all’anno, che includevano stallieri, religiosi, duchi e soldati.
“Il gruppo”, comunque, si divertiva e si assicurava che gli altri lo sapessero, parlando costantemente, in pubblico e ad alta voce, di “copulazione”, creando nel frattempo costantemente, cambiando l’arte, la letteratura e la politica.
Le illustrazioni di Grant saranno donate a Charleston, la precedente casa dell’artista a Lewes, nell’East Sussex. Grant mostrò un talento precoce e straordinario. Ma, sebbene negli anni ’20 fosse molto ammirato a Londra e Parigi, durante la mezza età perse il suo estro e si ritirò a Charleston, la casa di campagna di Vanessa nei pressi di Lewes, nell’East Sussex, dove visse uno strano ménage-a-trois con suo marito Clive dipingendo sui muri, i pavimenti e i soffitti.
Era ancora innamorata di lui dopo l’unico rapporto sessuale del 1918 dal quale nacque la loro figlia, mentre lui coglieva ogni possibilità di relazione gay che gli si presentava. Comunque, per quanti amanti lui avesse, Vanessa era la sua roccia. Per più di quarant’anni soddisfece ogni suo bisogno, intrattenne i suoi amanti, dipingendo con lui di giorno e lasciandogli spazio la notte. Dopo la morte della donna nel 1961, la vita di Grant venne alla luce.
Grant rimase a Charleston per diciassette anni, ebbe una serie di mediocri amichetti che vendettero i suoi quadri, vissero a sue spese e coltivarono cannabis in giardino. Teneva su i pantaloni con una vecchia cravatta. Quando viaggiava, portava del brandy in in una fiaschetta ricavata da una bottiglia di Dettol.
Ma era uno spirito libero a cui non importava dei soldi, del successo o delle apparenze, solo dell’arte. Lavorava, dipingeva ogni giorno finché durava la luce. Fece la sua ultima mostra nel 1975, a novant’anni. Non a tutti piaceva il suo lavoro. Recentemente, un critico non proprio benevolo ha descritto lo stile di Duncan come un “un debole post-impressionismo con pietre al posto delle dita”.
Per essere onesti, non aveva nemmeno visto questa nuova collezione, che pulsa di vita e, secondo Clarke, curatore delle collezioni di Charleston, significativa perché “esprime la fascinazione che Grant provò tutta la vita per la gioia e la bellezza dei propri rapporti sessuali queer”.
Per quanto fossero celebrativi, erano estremamente espliciti e dipinti negli anni ’40 e ’50, quando l’omosessualità era ancora un crimine. Non si potevano condividere. Non avrebbero nemmeno dovuto esistere. Così, nel 1959, Grant li diede al suo amico, anche lui artista, Edward Le Bas, in una cartellina sulla quale aveva scritto: “Questi schizzi sono assolutamente privati”. Dopo la morte di Le Bas nel 1966, si credette che sua sorella li avesse bruciati.
“Tutti pensavano che dovessero essere distrutti” dice il dottor Clarke. Ma, negli anni, passarono segretamente da amante ad amante e da amico ad amico. Le Bas li diede a Eardley Knollys, che li lasciò a Mattei Radev, un pilastro di Bloomsbury che da giovane ebbe una storia segreta con Forster.
Nel 2009, quando Radev morì, li lasciò al suo compagno, Norman Coates, uno scenografo, che li tenne in una serie di cartellette di plastica nascoste sotto il letto. Norman ha commentato in una intervista alla BBC: “È appropriato, no?”. Occasionalmente li tirava fuori per mostrarli ad amici speciali: “Tutti ne rimanevano sorpresi, dal momento che erano molto espliciti. In alcune di quelle posizioni non si può nemmeno fare sesso, siamo tutti d’accordo, anche se penso che, una volta a casa, alcuni ci abbiano provato”.
Coates afferma anche che, ad un esame più accurato, l’elemento sessuale sfuma, e lo stile e la maestria sono tali che non si vede altro che bellezza. E questo è il motivo per cui, invece di vendere i disegni, intascare una fortuna e lasciarli sparire ancora, Coates ha intenzione di donarli a Charleston per assicurarsi che tutti li possano vedere: “Penso sia arrivato il momento. Il mondo è cambiato”.
Il Charleston Trust, costretto a chiudere durante la pandemia, lancerà una raccolta fondi il 16 ottobre per riaprire e mostrare gli schizzi al pubblico.
Testo originale: The eye-poppingly promiscuous antics of the artist Duncan Grant