Diversity Hotel. Racconto a più voci di una “diversa normalità”
Dialogo di Katya Parente con Luca Zanforlin
Gli amanti del talent show “Amici” sicuramente conosceranno il nostro ospite di oggi. Si tratta di Luca Zanforlin, che oggi è qui con noi in veste di autore. È infatti di qualche mese fa l’uscita di Diversity Hotel, pubblicato da Arnoldo Mondadori Editore.
Un variegatissimo microcosmo. Come l’hai costruito?
Non credo di averlo costruito; ho semplicemente deciso di dare voce a chi ha necessità (non per proprio volere) di urlare la propria soggettività, e non per “scandalizzare” o “sorprendere”, ma per raccontare la loro “diversa normalità”.
La periferia, e non solo quella geografica, è una dei protagonisti del libro. È un romanzo corale?
Sì, lo è… è un romanzo che, con leggerezza, racconta il senso di comunità e di democrazia, che si esprimono attraverso il confronto.
Accogliere ci aiuta a conoscere più noi stessi, chi siamo e cosa vogliamo essere. Confrontarsi con le diversità (e non parlo solo di colore politico, orientamento religioso sessuale e/o altro) ci mette in contatto con la nostra coscienza, la nostra verità. L’esperienza dell’inclusione rafforza la nostra libertà. Quindi è anche un romanzo che racconta l’individuo e la sua voglia di poter interagire con le differenze altrui.
“Diversity”: gli inquilini dell’hotel incarnano il significato più pieno di “queerness”…
Dipende che cosa intendi per stranezza. Io so solo che a cinquantasei anni posso dirti che mi hanno sempre più interessato le persone diverse piuttosto che quelle simili a me.
Chi è “strano” ha sicuramente una soggettività differente dalla massa, ed è assolutamente affascinante capirne il perché. Poi magari scopriamo che non ci interessa, che quella soggettività non fa per noi, ma nel frattempo abbiamo arricchito e ampliato, attraverso la conoscenza diretta (e non per sentito dire!), la nostra visione delle cose.
Sei dichiaratamente gay. In che modo il tuo orientamento sessuale influisce sul tuo modo di scrivere, e più in generale sul tuo approccio al mondo?
Credo che inevitabilmente la mia “soggettività” contempli il fatto che io sia gay, ma non credo in maniera cosi preponderante.
Siamo la somma di molte cose, non solo quale sesso scegliamo di amare. Io sono gay, non sono cacciatore, sono ipocondriaco, preferisco il mare alla montagna, non mangio pesce, lo sport mi fa fatica, e potrei andare avanti all’infinito con questa lista. Credo di essere e riflettere la somma di tutte queste cose.
Autore televisivo, scrittore e presentatore. Che progetti hai per il futuro?
Tra pandemie e situazioni belliche in corso, il mio progetto è quello di non rimanere impermeabile a quello che mi circonda, ma sperare che presto la parola comunità torni ad avere un senso reale, concreto. Mi auguro una realtà migliore per tutti, lo dobbiamo soprattutto alle nuove generazioni.
Buona lettura, allora, sotto la bandiera rainbow della diversità, sperando che l’arcobaleno, da sempre simbolo di pace, splenda sempre, anche nell’est Europa.