Essere una donna credente e scoprirsi bisessuale. Il mio faticoso cammino
Testimonianza di Joyce Beach pubblicata sul sito Gay Mormon Stories (Stati Uniti) nell’aprile 2003, liberamente tradotta da Giacomo Tessaro
Sono nata in un’antica famiglia mormone: appartengo alla sesta generazione di mormoni nel mio ramo della famiglia. Ora sono un’ex mormone, perché gli insegnamenti di questa fede non vanno d’accordo con ciò in cui credo e non aiutano a rapportarsi con se stessi in modo sano. Ero molto piccola e mi ricordo che pensavo che sposare una donna sarebbe stato più bello che sposare un ragazzo, perché i ragazzi erano “schifosi”.
Feci l’errore di dirlo a mia madre, una fervente mormone. Eravamo in macchina, stavamo facendo delle commissioni, quando dissi questa cosa. Mia madre mi disse: “Bada che nessuno ti dica mai che una ragazza può sposare un’altra ragazza, o un ragazzo può sposare un altro ragazzo, perché non è così. Capito?”. Ma nessuno me l’aveva mai detto. Con la saggezza di una bambina, avevo capito che non tutte le coppie dovevano essere formate da un maschio e una femmina.
Fin da quando ho memoria sono stata attratta dalle ragazze e, dal punto di vista sessuale, ho notato prima loro dei ragazzi. Le prime eccitazioni, le prime manifestazioni del desiderio sessuale le ho vissute nella mia fragile preadolescenza. Durante la mia infanzia ho avuto una serie di migliori amiche. Per me si trattava di più che fare tutto assieme. Non avrei mai voluto prendere congedo da loro e tornare a casa, volevo stare ancora qualche minutino etc. Non c’era niente di evidente nel mio rapporto con loro, ma lo stretto legame e l’amore che ho provato per quelle amichette sono emozioni che avrei ritrovato con mio marito.
In quinta elementare (credo) abbracciai e baciai la mia migliore amica Wendy. Eravamo nella sua stanza. Ci eravamo già scambiate bigliettini a scuola, nei quali esprimevamo il nostro amore reciproco, e avevamo scritto i nostri nomi all’interno di un cuore sulle copertine dei nostri quaderni. Non sapevamo di preciso cosa volesse dire “lesbica” e per me fu un enigma la reazione dei nostri compagni… perché ci prendevano in giro? Cosa c’era di male nell’amarsi? Non ci siamo mai pentite di quel bacio, che rafforzò la nostra amicizia.
La prima forte reazione sessuale di fronte a una ragazza la sentii a 13 anni circa. Ero da mia sorella in Kansas e lei mi presentò alle ragazze che frequentavano il suo ramo [ovvero la parrocchia mormone, n.d.t.] a Dodge City. Divenni molto amica di una ragazza di nome Susie: il suo compleanno cadeva d’estate e in quell’occasione dormii a casa sua dopo la festa in piscina. I suoi genitori avevano un camper e ci misero a dormire lì. Alcune delle invitate erano “gentili” [non mormoni, n.d.t.] e parlavano di cose di sesso, di toccarsi etc.
Qualcuna di noi ebbe l’idea di fare una scenetta in cui un ragazzino va dai suoi genitori per farsi spiegare cos’è il sesso. Tutte ridevamo e facevamo battute. Io e Susie fummo scelte per fare i “genitori”: io ero il papà e lei era la mamma. Dovevamo spogliarci dalla cintola in su, stare nel letto assieme e fare finta di fare l’amore. Facemmo tutto in maniera molto realistica e poi interpretammo i genitori coscienziosi che spiegano il sesso a un ragazzino. Poi ci mettemmo a fare qualcos’altro, non ricordo cosa.
Poi ricordo che, dopo che le luci furono spente e tutte stavano dormendo… ero lì in uno dei letti con Susie, tutt’e due senza maglietta. Era una calda notte d’estate e non avevamo ancora il seno, quindi cosa c’era di male? Mi ricordo benissimo quanto fossi eccitata e quanto l’amavo. Dormiva e, quando non ce la feci più, la svegliai. Le chiesi se potevamo ancora recitare quella parte e disse di sì. Io e mia “moglie” ci baciammo e ci strusciammo. Non sapevamo fare altro, ma quella notte ebbi il mio primo orgasmo. Allora non sapevo cosa fosse un orgasmo, ma ora riconosco cosa mi era successo. Forse avevamo fatto troppo rumore, perché la mattina dopo le altre ragazze ci presero in giro. Per tutto il successivo anno scolastico, Susie fu tormentata da pettegolezzi sul suo conto.
Quando tornai a Portland, nell’Oregon, e ricominciai la scuola, fui anch’io vittima di molte cose dette alle mie spalle. Lì nessuno sapeva cosa fosse accaduto in Kansas, ma credo che in qualche modo lasciai trapelare qualcosa. Forse i pettegolezzi nacquero da qualcuno che ricordava le mie pubbliche dichiarazioni d’amore per Wendy. Credo che non lo saprò mai, e del resto non mi interessa più.
Ma quando scoprii le voci che circolavano su di me, ne uscii devastata. Cominciai a chiedermi in maniera ossessiva se mi stessi mostrando troppo affettuosa con le donne. Per quasi tre anni, non potei più baciare mia madre; nello stesso periodo, cominciai a mostrarmi sempre più ossessionata dai ragazzi. Correvo sempre dietro ai ragazzi e le mie fantasie tornavano in continuazione sul desiderio di sposarmi e avere dei figli. Mi sono spesso detta che la mia tendenza a scegliere uomini irraggiungibili cominciò allora, perché i ragazzi a cui andavo dietro quasi mai mi ricambiavano.
Dopo aver passato quasi tutto quell’anno scolastico a farmi dare della lesbicaccia, a pranzare da sola, a subire bullismo negli spogliatoi, a vedere le ragazze che si affrettavano a vestirsi, a farmi ridere dietro dagli altri adolescenti mormoni etc. non riuscii più a sopportare la tensione. Una notte andai dove mia madre teneva le medicine; non buttava mia via niente e quindi c’erano sempre in giro dei flaconi e non faceva caso se qualcuno mancava.
Presi una grossa dose di farmaci: non mi importava di finire nell’Oscurità Esterna a causa del mio suicidio. La mattina dopo mi svegliai intontita: mia mamma mi chiamava per andare alle prove del coro. Non le dissi nulla, mi alzai e andai. Il fatto che ero sopravvissuta lo presi come un segno da parte del Padre Celeste, che mi voleva viva. Mi sentivo colpevole del peccato di avere attentato alla mia vita e decisi di impegnarmi al massimo per compiacere il mio Padre nell’alto dei Cieli, in modo che si portasse via il mio dolore.
Divenni ancora più religiosa di prima, in maniera insopportabile. Divenni molto omofoba, anzi odiavo attivamente le persone omosessuali. Non volevo che qualcuno pensasse che ero una di QUELLE, così mi trovavo spesso ad accusare e deridere altri: stornavo l’attenzione da me e la attiravo su altre persone. Non ho idea di quante persone possa aver danneggiato agendo così. Quando compii 18 anni entrai nel gruppo dei Giovani Adulti e finalmente cominciai a uscire con i ragazzi. Uno di costoro mise bruscamente fine alla nostra relazione: più tardi mi disse che era gay. Sapevo che non era un pervertito, né una cattiva persona, bensì la medesima persona meravigliosa che già conoscevo. Cominciai a dubitare del fatto che la Chiesa possedesse tutte le risposte. Conoscevo il mio amico meglio di quanto lo conoscesse la Chiesa.
A 19 anni, dopo essere stata scartata dal mormone che avrei dovuto assolutamente sposare, me ne andai di casa. Non mi impegnai più nella Chiesa, in quanto cominciavo a capire che il mondo non è una realtà divisa nettamente tra bianco e nero, tra giusto e sbagliato. Cominciai a bere e a drogarmi, rimbalzai dal mio mormone a un uomo non religioso. Con lui persi la verginità e a 20 anni lo sposai. Mio marito aveva uno zio gay, Curt. Era un tipo molto simpatico e fui lieta di conoscerlo.
Cominciai a capire quanto fossero stati sbagliati i miei atteggiamenti nei confronti delle persone omosessuali e al tempo stesso cominciai a vedere quelle caratteristiche in me stessa. Alla fine fui in grado di guardarmi alle spalle e ricordare la mia esperienza lesbica di quando ero ragazzina: allora seppi di essere bisessuale, e che l’avevo sempre saputo, ma fino ad allora non sapevo di preciso cosa significasse. Ora ho 35 anni e da nove anni e mezzo sono sposata con il mio secondo marito. Solamente negli ultimi due mesi ho cominciato a esplorare la mia sessualità… perché mi sono sentita finalmente pronta. Non è accaduto nulla di ciò che mi aspettavo.
Quando, lo scorso febbraio, mi sono finalmente aperta alla scoperta, ho capito che la mia attrazione verso gli uomini è più forte di quella verso le donne. Pensavo che avrei imparato ad accettare le mie tendenze lesbiche, ma ho anche dovuto accettare la mia identità etero.
Prima di ogni altra cosa, sto imparando che sono una donna dalle forti pulsioni sessuali; la mia fame di affetto e di intimità è molto più grande di quella di mio marito. In questo momento c’è un po’ di tensione nel nostro matrimonio perché ho esplicitato la mia necessità di avere una relazione più aperta. L’impegno che ho preso verso mio marito non lo rinnego… solo che voglio conoscere meglio me stessa.
Ho imparato una cosa importante: la bisessualità non è la combinazione di due orientamenti separati ma uguali. La mia attrazione per i maschi è inseparabile dalla mia attrazione per le femmine. Non sono compartimenti stagni: non posso sopprimere l’una senza sopprimere anche l’altra; non posso esprimere l’una senza esprimere anche l’altra. Ho appena iniziato un viaggio incredibile e interpreto questo periodo della mia vita come un incredibile punto di svolta.
Testo originale: Loving Both Men & Women