Donne e cristiani LGBT insieme aiuteranno la chiesa cattolica a cambiare
Articolo di Robert Shine* pubblicato sul sito dell’associazione cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 26 giugno 2018, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Non ci sarà nessuna giustizia nella Chiesa Cattolica se l’uguaglianza delle persone LGBT e l’uguaglianza tra i generi non andranno di pari passo: lo afferma Jamie Manson in un articolo comparso sul National Catholic Reporter, un invito ai riformatori cattolici perché pratichino la solidarietà intersezionale [ovvero la solidarietà tra le varie minoranze, le cui lotte non sono separate ma si sovrappongono, n.d.t.].
Il problema di oggi è “la sensazione costante che il trattamento riservato dalla Chiesa alle donne e quello riservato alle persone LGBTQ siano due questioni separate”. Questo porta a separare due questioni che invece sono connesse: “Negli ambienti progressisti cattolici ho sentito più di una volta i riformatori dire che conviene rimanere in silenzio sulla condizione della donna nella Chiesa, nella speranza che questo silenzio faciliti il dialogo con la Gerarchia sulla condizione delle persone LGBTQ. Dall’altra parte, ho conosciuto delle donne che si battono con passione per il sacerdozio femminile, ma che non hanno mai invitato nessuna lesbica a parlare agli incontri da loro organizzati, per paura che questo avrebbe compromesso le loro chanches di essere ascoltate dalla Gerarchia. Ho conosciuto dei gay pronti ad accontentarsi di una Chiesa che accolga senza remore le persone LGBTQ, ma senza ordinare le donne, e ho conosciuto attiviste che si battono perché le donne siano diacone o preti, ma che pensano che il matrimonio sacramentale per le coppie dello stesso sesso sia chiedere troppo alla Chiesa”.
Manson critica l’atteggiamento di comparare la sofferenza e l’emarginazione dei due gruppi e i calcoli che portano a progredire da un lato a spese dell’altro. Secondo Manson, le lotte delle donne e quelle delle persone LGBTQ riguardano sostanzialmente la medesima cosa, “la cosiddetta teologia della complementarietà”.
In poche parole la teologia della complementarietà, vista con favore dai cattolici conservatori, è una forma di essenzialismo di genere secondo cui le differenze biologiche tra uomo e donna definiscono il concetto di persona umana, da cui discendono vie obbligate per i ruoli di genere, la sessualità e così via: “Questa idea teologica sta alla base della convinzione dei Papi da Giovanni Paolo II a Francesco secondo cui le donne non possono essere ordinate e le coppie omosessuali non possono avere rapporti sessuali e tanto meno sposarsi”.
Manson prosegue elencando gli episodi recenti in cui la complementarietà di genere è stata usata contro le donne e le persone LGBTQ: per esempio, l’affermazione di papa Francesco secondo cui le famiglie LGBT non sono vere famiglie e i gay non dovrebbero essere ammessi al sacerdozio. Manson cita anche il tentativo fatto dall’arcivescovo Luis Ladaria, capo della Congregazione per la Dottrina della Fede, di rendere definitivo il no all’apertura del sacerdozio alle donne. Manson commenta: “Perciò, alle donne e alle persone LGBTQ la nostra Chiesa nega i riti sacramentali perché noi, nella nostra più profonda identità, non facciamo parte del piano di Dio per l’umanità. Agiamo in modi che per Dio sono innaturali perché non viviamo in accordo con la complementarietà […] Questo concetto di complementarietà erige troppe barriere tra Dio e i suoi amati figli e figlie e perpetua il messaggio, profondamente ingiusto, che non siamo tutti e tutte uguali agli occhi di Dio, anzi, alcuni e alcune di noi sono intrinsecamente inferiori, ed è ironico pensare che lo siamo a causa del nostro genere (assegnatoci da Dio) o del nostro orientamento sessuale (sempre assegnatoci da Dio)”.
È proprio perché le oppressioni hanno una fonte comune che bisogna innalzare il vessillo della solidarietà: “Sono una donna queer con la vocazione al sacerdozio e capisco bene quanto siano demoralizzanti questi insegnamenti, ma invece di disperarsi sarebbe bene considerarli un invito rivolto alle donne e alle persone LGBTQ perché approfondiscano la solidarietà reciproca nella comune lotta per la vera uguaglianza nella nostra Chiesa. La complementarietà è il punto in cui insieme possiamo lottare per la giustizia intersezionale. Stiamo combattendo la medesima battaglia contro il medesimo insegnamento. È un errore pensare che le persone LGBTQ cattoliche avranno la meglio prima delle donne, o viceversa, perché per poter davvero ottenere la giustizia nella nostra Chiesa deve essere smantellata questa idea teologica [della complementarietà]. È tempo di abbattere i muri dei compartimenti stagni che ci separano, perché la realtà dottrinale è che noi attiviste donne e attivisti LGBTQ otterremo l’uguaglianza e la giustizia insieme, o non le otterremo mai”.
Nonostante le mie esperienze siano diverse da quelle di Manson e goda di maggiori privilegi, anch’io ho potuto osservare queste dinamiche negli ambienti cattolici. Lavorando con gruppi come New Ways Ministry o Women’s Ordination Conference [gruppo che si batte per l’ordinazione delle donne, n.d.t.], di cui fa parte Jamie Manson, ho potuto essere testimone, anche in queste comunità, della discriminazione e dell’esclusione che rimproveriamo alla Gerarchia, ma quando le subiamo dagli amici e dagli alleati nel movimento di riforma della Chiesa fanno molto più male. Solo molto di recente le voci del mondo queer sono state accolte nella lotta delle donne cattoliche; alcuni gruppi LGBT cattolici sono considerati “troppo radicali” perché ci si possa collaborare; l’ordinazione delle donne è un argomento estremamente sensibile non solo presso la Gerarchia, ma anche ai margini della Chiesa.
Vorrei segnalare anche un altro nodo problematico. Il posto delle persone transgender all’interno non solo della Chiesa, ma anche del movimento di riforma, rimane precario. Alcuni cattolici e cattoliche LGB negano o sminuiscono le identità trans nella speranza di rendere più accettabile l’omosessualità; anche alcune sedicenti femministe cattoliche sono scettiche verso le persone trans, soprattutto verso le donne transgender, quando non le condannano esplicitamente. Evidenziare questi problemi non toglie nulla alle molte attiviste e attivisti cattolici che praticano la solidarietà intersezionale, anche con le comunità trans, ma è importante individuare quei punti deboli che necessitano di miglioramento.
La sfida di Jamie Manson è lanciata una volta di più non solo alla Chiesa istituzionale, che assieme ad altri desidera riformare, ma anche allo stesso movimento di riforma. La sua rubrica sul National Catholic Reporter è un’occasione per ogni attivista riformatore per riflettere sull’intersezionalità, e soprattutto su come possiamo migliorare in quest’ambito. Questa seconda fase è tutt’altro che facile, perché può voler dire confrontarci con i nostri pregiudizi e riconoscere la nostra indifferenza, se non il nostro contributo, all’oppressione di gruppi diversi dal nostro. Quest’analisi è necessaria per le organizzazioni e i gruppi. Per quanto possa essere arduo questo lavoro, se davvero vogliamo costruire una Chiesa giusta e inclusiva l’intersezionalità dev’essere sempre in corso d’opera perché la Chiesa sia una famiglia dove tutte e tutti sono i benvenuti.
* Robert Shine è direttore associato di New Ways Ministry, per cui lavora dal 2012, e del blog Bondings 2.0. È laureato in teologia alla Catholic University of America e alla Boston College School of Theology and Ministry.
Testo originale: Equality in the Church Only Comes When LGBT Communities and Catholic Women Act Together