La doppia pena dei richiedenti asilo LGBT
Articolo pubblicato su COURRIER de l’ACAT. Magazine cristiano sui diritti dell’uomo (Francia), Marzo/aprile 2017, n°343, pp.42-43, libera traduzione di Marco Galvagno
In Francia i richiedenti asilo possono ottenere protezione umanitaria, se nei loro paesi di origine rischiano persecuzioni dovute al loro orientamento sessuale. Ma più spesso i percorsi per afferrare quel granello di sesamo indispensabile alla loro sopravvivenza è lungo e tortuoso. Andiamo un giovedì sera , il giorno d’accoglienza, all’associazione per il riconoscimento dei diritti delle persone omo e trans all’immigrazione che li aiuta nell’ottenimento del permesso di soggiorno. Diverse volte alla settimana il municipio del decimo Arrondissement di Parigi accoglie questa associazione che accompagna i richiedenti asilo GLBT.
Cinque uomini sono in attesa. Vengono dall’Asia, dall’Africa o da altri posti, ma hanno tutti qualcosa in comune: sono minacciati di persecuzioni, dato che l’orientamento sessuale o l’identità di genere sono penalizzate nei loro paesi d’origine. L’ambiente è calmo, quasi sereno. Si odono conversazioni a voce bassa, lì dove regna il silenzio. In fondo al corridoio ci sono due uffici uno di fronte all’altro. Le porte rimangono chiuse per preservare l’intimità delle discussioni tra i richiedenti asilo e i volontari, ma anche per premettere loro di narrare le loro storie piene di insidie.
“La richiesta d’asilo di una persona GLBT è particolare e difficile da esprimere” spiega Fréderic Chaumont, il presidente d’Ardhis. “Riguarda un’intimità che la persona ha sempre dissimulato con cura”. Mentre una decina di paesi applicano anche la pena di morte alle persone omosessuali, si capisce alla svelta perché nascondere il proprio orientamento sessuale può essere una questione di vita o di morte. Nel mondo tre milioni di persone sono minacciate da violenze omofobe.
Percorso intellettuale
Nel 2016 Ardhis ha accolto 440 richiedenti asilo contro i trecento dei precedenti anni. “Nonostante queste richieste di asilo siano una minoranza sul totale, hanno acquisito una maggiore visibilità”, precisa Fréderick Chaumont. Su un totale di 85 mila richieste registrate all’ufficio dell’OFPRA (organizzazione per i rifugiati politici e gli apatridi) quelle delle persone GLBT rappresentano il 5 o il 6%. Nei corridoi dell’ufficio un uomo vestito con pantaloni arancioni e una felpa gialla e grigia sfoggia un gran sorriso, tuttavia non la smette di torcersi le mani e di agitarsi. Segni che non mentono e che lasciano trapelare una certa angoscia.
Forse è la prima volta che racconta la sua storia dal momento in cui è giunto in Francia. Mettere nero su bianco ciò che si è vissuto in una lingua che non è la propria a volte, può sembrare un ostacolo insormontabile. La concessione dello status di rifugiato avviene in base alla credibilità dei richiedenti: “Si valutano queste due cose: il loro orientamento sessuale e la possibilità di una persecuzione reale in base all’orientamento sessuale, nel caso la persona tornasse nel proprio paese”, specifica Nicolas Braun, coordinatore dell’accompagnamento e dell’asilo. Ma convincere l’OFPRA e la corte nazionale del diritto d’asilo dei rischi intercorsi dalle persone in base all’orientamento sessuale è un altro paio di maniche.
“Innanzitutto la legge quadro sui richiedenti asilo vieta di fare domande troppo intrusive sui comportamenti intimi delle persone, pratiche sessuali, incluse” aggiunge Frederick Chaumont. Si chiede dunque alle persone quale sia il percorso intellettuale o cognitivo che li ha portati ad avere una piena consapevolezza della propria omosessualità, come se tutte le persone avessero una tale capacità d’astrazione e d’introspezione.
In Camerun nessun problema
I richiedenti asilo devono inoltre affrontare domande da parte di funzionari e magistrati che non hanno avuto un’adeguata formazione in materia di diritti GLBT e spesso non sono esenti da pregiudizi. Fanno certamente il possibile per evitare di lasciarsi condizionare, ma non sempre sono realmente connessi con le situazioni dei paesi dei rifugiati.
Nicolas Braun, dal canto suo ricorda d’aver sentito dire da un agente dell’OFPRA a un ragazzo camerunese che “In Camerun i gay non hanno problemi”. Va inoltre aggiunta l’incresciosa tendenza di alcuni di voler leggere la realtà dei gay di paesi lontano attraverso i comportamenti e i clichés dei gay francesi. Immaginano cose sugli omosessuali e sui loro comportamenti, ad esempio alcuni agenti hanno un ‘immagine dei gay ipersessualizzata e quando un richiedente asilo afferma d aver amato un solo uomo in tutta la sua vita tendono a non credergli o a pensare che non sia gay.
Pena doppia
Di fronte a tutte queste insidie, l’accompagnamento dei richiedenti asilo effettuato da Ardhis non si limita alla sfera giuridica, prima di tutto è umano, sociale, psicologico. L’Ardhis li aiuta quando hanno problemi di alloggio o di protezione sociale. L’associazione cerca di creare legami tra le persone, di farle uscire dall’isolamento che incontrano una volta giunti in Francia.
“Ritrovano l’omofobia dalla quale sono scappati, sia in seno alle proprie comunità d’origine che nella società europea”, specifica Nicolas Braun. Fanno fatica ad aprirsi agli altri. Credere che basti lasciare il proprio paese per lasciarsi alle spalle l’omofobia è un’utopia. In Francia la maggior parte di loro è costretta a vivere ai margini delle proprie comunità o se invece vogliono integrarvisi devono nascondere il proprio orientamento sessuale. Inoltre in una società francese in cui l’omofobia è sempre più attuale e inquadrat,a troppo spesso i richiedenti asilo non trovano il rispetto e la tolleranza che sono venuti a cercare. Nel momento in cui le società sono in crisi, manifestano un desiderio di rinchiudersi su se stesse e hanno bisogno di facili capri espiatori, i richiedenti asilo Glbt sono perciò minacciati da una duplice esclusione.
Testo originale: Demandeurs d’asile LGBT: la double peine