Dove è andato il nostro desiderio di Dio?
Riflessioni di Massimo de Il ramo del Mandorlo, gruppo di cristiani LGBT+ di Roma
O uomo che attendi, dove è finito il tuo desiderio? (Matteo 24:37-44)
Il tempo di Avvento, che si apre davanti a noi per le prossime quattro settimane, ha lo scopo di risvegliare in noi le ragioni per cui crediamo e gli aneliti e i desideri più profondi che ci abitano, a cui spesso, nella fretta della quotidianità, non prestiamo attenzione.
Per noi credenti, questa tensione e questa attesa sono perenni, durano tutto l’anno, ma l’Avvento si incarica di risvegliarle in noi perché la qualità della vita e delle nostre scelte dipendono da ciò che attendiamo .
Ora, nei cristiani questa attesa ha già un volto: è l’attesa dell’incarnazione, di un uomo in carne e ossa che ha saputo toccare il corpo, il cuore e la mente di coloro che ha incontrato, restituendo loro la capacità di desiderare.
“Venga il tuo regno”, “verrà a giudicare i vivi e i morti”, recitiamo nel Credo. Tanto è strutturante la certezza della Sua venuta al punto di fare dell’Avvento un’estensione dell’energia della risurrezione, che arriva fino a noi.
Le letture della liturgia esplorano l’attitudine DI CHI ANTICIPA, vale a dire di colui che vive quest’attesa in maniera attiva, gravida, operativa, sapendo uscire dall’atteggiamento piccolo-borghese del “E non si accorsero di nulla”, condizione di chi vive una vita intontita dalla ritualità, del prendevano moglie e marito, in una costante terapia di contenimento del proprio sentire (il 55% degli italiani assume psicofarmaci), e in un perenne zona di comfort, a volte anche del religioso.
Eppure il nostro corpo attende, il nostro cuore veglia per sua natura, la nostra mente è una costante produttrice di desideri. Attendiamo di essere toccati in quelle corde che ancora nessuno ha suonato.
Dove è andato a finire il nostro desiderio?
Il discorso apocalittico riportato nei Vangeli, prima della passione di Cristo, nel Vangelo di Matteo, rivolto ai credenti che ruotano e frequentano la sinagoga, è una bomba dialettica che vuole detonare le certezze di chi pensa di poter vivere senza attendere.
Due uomini, due donne, l’una verrà presa e l’altra lasciata. Non si sa a chi delle due vada bene, se a quella che resta o a quella che viene presa. Ma il movimento della scena parla. Chi è mosso dal proprio desiderio (da non confondere con il bisogno) è attirato, come dice san Tommaso, chi si accontenta della ritualità resta ad arare, resta al telaio.
L’Avvento allora è scelta, scelta di vivere, di assecondare quello slancio vitale che va stanato e a cui va dato spazio perché germogli, e questo ognuno di noi lo sa.
Che questo tempo sacro, diverso, separato, porti a riappropriarci del nostro desiderio, che ha preso il volto di un bambino in una mangiatoia, proprio per non fare paura a nessuno.
Buon inizio dell’Avvento